Meditazione sulla pace

Questo testo riflette sulla pace partendo da questi temi: Beati gli operatori di pace; Aiutare con il realismo della preghiera; Forgiare la pace nella famiglia.

- Beati gli operatori di pace

- Aiutare con il realismo della preghiera

- Forgiare la pace nella famiglia


«Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: (…) Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5, 1-2.9). Nel vangelo di san Matteo, il Signore, prima di confermare le sue parole con i miracoli, con le beatitudini ci indica il cammino della felicità sulla terra e nel cielo. Per quanto possa sorprenderci, la rotta è data da null’altro che essere poveri di spirito, preoccuparsi del dolore degli altri, cercare la giustizia, aver un cuore limpido, non rendere male per male… E inoltre essere costruttori di pace.

San Paolo VI, alla metà degli anni settanta, diceva che «dobbiamo purtroppo registrare, a mano a mano che la tragica esperienza dell'ultima guerra mondiale tramonta nella sfera dei ricordi, una recrudescenza di spirito contenzioso fra le Nazioni»[1]. San Giovanni Paolo II, nel constatare un ambiente simile, alla fine del 1989 sottolineò che «la vigile memoria del passato dovrebbe rendere i nostri contemporanei attenti agli abusi sempre possibili nell'esercizio della libertà, che la generazione di quest'epoca ha conquistato al prezzo di molti sacrifici. L'equilibrio fragile della pace potrebbe essere compromesso qualora nelle coscienze si risveglino mali come l'odio razziale, il disprezzo per lo straniero, la segregazione del malato o del vecchio, l'emarginazione del povero, il ricorso alla violenza privata e collettiva»[2]. E, proprio nei giorni nostri, papa Francesco, avendo presenti tanto i conflitti in diverse parti del mondo, come la crescente interdipendenza tra i diversi Paesi, ha affermato che si potrebbe parlare di una «guerra mondiale a pezzi»[3]. In tale contesto, come rendere vive quelle parole che Gesù ha rivolto ai suoi discepoli? Come possiamo essere operatori di pace che cercano di guadagnare la felicità?

« Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace » (Is 52, 7), dice il profeta Isaia riferendosi a Cristo e, in lui, a tutti coloro che vogliamo seguirne il cammino. Di fronte all’impotenza e all’incomprensione che può generare la violenza, siamo chiamati ad essere seminatori della speranza. «La realizzazione della pace dipende soprattutto dal riconoscimento di essere, in Dio, un’unica famiglia umana. (…) La pace non è un sogno, non è un’utopia: è possibile»[4], così incoraggiava Benedetto XVI. Nel discorso delle beatitudini, Gesù unisce la pace alla comune filiazione: «O siamo fratelli o crolla tutto»[5].


«Pace, verità, unità, giustizia. Come sembra difficile, a volte, la missione di superare le barriere che impediscono la convivenza umana; - diceva san Josemaría - eppure noi cristiani siamo chiamati a operare il grande miracolo della fraternità»[6]. Dio, sin dal principio, ha voluto rivelarci la tristezza che la violenza porta ai suoi figli. «Dov’è il tuo fratello?» (Gn 4, 9), chiede a Caino nel libro della Genesi; è una domanda che risuona lungo i secoli, ricordandoci il compito di prenderci cura di coloro che ci accompagnano su questa terra. Questo «miracolo della fraternità» attende la nostra collaborazione, il nostro impegno positivo, perché tutti possiamo essere d’aiuto in qualche modo. In primo luogo, Dio conta sulle nostre preghiere; se facciamo attenzione, nella santa Messa preghiamo sempre per la pace. È logico che, sapendoci figli di Dio, siamo interessati alle cose che succedono in ogni parte del pianeta. Vivere la comunione dei santi ci fa sperimentare come nostro il destino di molte altre persone. In un mondo interconnesso e caratterizzato dalla immediatezza, è comprensibile volere conoscere sempre quello che succede, essere attenti ai mezzi di comunicazione che ci “trasportano” in quei luoghi. Tuttavia, a volte accade che «la velocità dell’informazione supera la nostra capacità di riflessione e giudizio (...). L’ambiente comunicativo può aiutarci a crescere o, al contrario, a disorientarci»[7]. In questo contesto, allora, si impone una personale responsabilità di imparare ad informarsi bene e non in modo superficiale, senza fare violenza alla realtà, e può essere doveroso stare attenti anche a un certo possibile disordine nel voler sapere tutto, in tempo reale, o volere conoscere il maggior numero possibile di dettagli. Il prelato dell’Opus Dei, facendo riferimento alla professione dei comunicatori, sottolineava che solo «un comunicatore sereno potrà infondere il senso cristiano nel flusso inevitabilmente veloce dell’opinione pubblica»[8]. Analogamente, soltanto un comunicatore di notizie sereno potrà assimilare l’informazione con senso cristiano.

«La comprensione inizia quando, nel centro di ogni attività di comunicazione, cerchiamo di vedere le persone concrete, e non la “massa”, anche se quelle persone non sono fisicamente presenti. Non le vediamo, però sono lì, con tutta la loro dignità, specialmente quando sono più vulnerabili»[9]. Questo equilibrio, quando ci informarci sui conflitti, possiamo raggiungerlo se sappiamo vivere il realismo che ci viene da una vita di preghiera e di carità verso i più prossimi; un realismo forgiato nel silenzio e nella vita concreta, che fa crescere il nostro desiderio di servire, qui e ora, nella nostra famiglia e nella nostra professione. La vita contemplativa ci spinge a occuparci di ciò che possiamo veramente cambiare: prima, in noi stessi e, poi, nell’ambiente che ci circonda, per renderlo pieno di pace.


«Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti» (Rm 12, 17-18). Il nostro desiderio che la pace giunga in ogni luogo del mondo può costituire un impulso per fare la stessa cosa nel nostro ambiente. Magari anche noi viviamo le nostre piccole lotte domestiche, o inimicizie con persone che vediamo tutti i giorni. La sapienza del popolo ebreo raccoglie una massima che recita: «È una gloria evitare le contese, attaccar briga è proprio degli stolti» (Pro 20,3), e questo succede tanto a livello politico come a livello familiare. San Giovanni Paolo II, che è stato chiamato il Papa della famiglia, vedeva che è proprio in quegli ambienti che si può seminare un futuro di pace per il mondo: «I piccoli imparano ben presto a conoscere la vita. Osservano ed imitano il modo di agire degli adulti. Apprendono rapidamente l'amore e il rispetto per gli altri, ma assimilano pure con prontezza il veleno della violenza e dell'odio. L'esperienza fatta in famiglia influirà fortemente sugli atteggiamenti che assumeranno da adulti. Pertanto, se la famiglia è il primo luogo nel quale si aprono al mondo, la famiglia deve essere per loro la prima scuola di pace»[10].

«Sia la pace, sia la guerra, stanno dentro di noi»[11], ha scritto san Josemaría. «Se l’origine da cui scaturisce la violenza è il cuore degli uomini, allora è fondamentale percorrere il sentiero della nonviolenza in primo luogo all’interno della famiglia.(...) La famiglia è l’indispensabile crogiolo attraverso il quale coniugi, genitori e figli, fratelli e sorelle imparano a comunicare e a prendersi cura gli uni degli altri in modo disinteressato, e dove gli attriti o addirittura i conflitti devono essere superati non con la forza, ma con il dialogo, il rispetto, la ricerca del bene dell’altro, la misericordia e il perdono. Dall’interno della famiglia la gioia dell’amore si propaga nel mondo e si irradia in tutta la società»[12].

Il fondatore dell’Opus Dei, nella sua ricerca della pace, si rivolgeva a Maria; in Lei possiamo trovare, innanzitutto, la nostra pace interiore e, progredendo gradino per gradino, la pace nel nostro ambiente, nel nostro lavoro, nella nostra città. «La Madonna — così l’invoca la Chiesa — è la Regina della pace. Per questo quando la tua anima, l’ambiente famigliare o professionale, la convivenza nella società o tra i popoli sono agitati, non cessare di acclamarla con questo titolo: «Regina pacis, ora pro nobis!» — Regina della pace, prega per noi! Hai provato, almeno, quando perdi la serenità?... — La sua immediata efficacia ti sorprenderà»[13].


[1] San Paolo VI, Messaggio, 1-I-1974.

[2] San Giovanni Paolo II, Lettera apostolica, 27-VIII-1989.

[3] Francesco, Fratelli tutti, n. 259.

[4] Benedetto XVI, Messaggio, 1-I-2013.

[5] Francesco, Videomessaggio, 4-II-2022.

[6] San Josemaría, È Gesù che passa, n. 157.

[7] Francesco, Messaggio, 1-VI-2014.

[8] Mons. Fernando Ocáriz, Discorso, 19-VI-2018.

[9] Ibidem.

[10] San Giovanni Paolo II, Messaggio, 1-I-1996.

[11] San Josemaría, Solco, n. 852.

[12] Francesco, Messaggio, 1-I-2017.

[13] San Josemaría, Solco, n. 874.