Nell’intervento di apertura il Magnifico Rettore ha trattato dei rapporti fra la cultura, la società e l’Università, quest’ultima intesa come lo strumento per “acculturare la modernità” , attraverso l’elaborazione di una cultura “che oltrepassi le forme provvisorie dell’hic et nunc ma che, nello stesso tempo, aiuti i giovani a vivere il loro destino di interpreti di questo hic et nunc difendendo il primato della verità sull’utilità”.
L’illustre ospite ha concluso ricordando agli studenti il compito di tendere all’unità del sapere: di fronte alla scienza che, “tentando di spezzare la complessità del mondo…sbriciola l’universo dell’uomo in frammenti” , il compito ci chi si applica con passione allo studio è di tentare di “ricomporre questi sparsi frammenti nei quali la conoscenza dell’uomo si è dispersa.”
La prolusione è stata tenuta dal Rev.do prof. Giuseppe Tanzella Nitti, docente di Teologia fondamentale presso la Pontificia Università della Santa Croce, sul tema “Il Beato Josemaría Escrivá e l’Università”.
Il prof. Tanzella ha subito conquistato la simpatia e l’attenzione dei presenti citando i suoi legami con l’ateneo bolognese (dove si laureò in Astronomia nel 1977) e alternando considerazioni di fondo con ricordi personali del Beato Escrivá e della Residenza Torleone, dove abitò da studente universitario.
Il fondatore dell’Opus Dei, ha detto il relatore, seppe entusiasmare innumerevoli persone a lavorare con impegno in ogni ambito della società; e per non pochi di essi questo ambito si identificava, e ancora si identifica, con un Ateneo universitario. Se è vero, come egli insegnò per tutta la sua vita, che il lavoro umano, e dunque anche il lavoro intellettuale, è per ciascuno il luogo privilegiato per incontrare Dio e servire il prossimo, non sorprende che proprio a partire dal suo impulso spirituale, molte persone con una spiccata vocazione accademica si siano adoperate per far sorgere una grande quantità di iniziative, promuovendo nei cinque continenti centri culturali, istituti, scuole, cliniche universitarie o intere università.
Il relatore ha ricordato che il Beato Escrivá aiutò molti “a scoprire la dimensione di servizio presente nel lavoro intellettuale. Esiste infatti una carità che viene praticata attraverso lo studio e la competenza professionale, e il cui esercizio può anche richiedere dedizione e spirito di sacrificio”. Un insegnamento, questo, raccolto in molti punti della sua opera più nota, Cammino, ad esempio il n. 334: “Preghi, ti mortifichi, lavori in mille cose d’apostolato…, però non studi. E allora se non cambi non sarai utile”.
Il Beato Josemaría Escrivá considerava l’Università una “istituzione autonoma ed aperta. Tale autonomia– ha continuato il relatore - è ben lontana dall’idea di una presunta neutralità della ricerca universitaria o della ricerca scientifica, perché l’attività scientifica, in quanto umana, non è confinabile alla sfera funzionale dei mezzi, ma deve accedere anche a quella dei fini. Né, autonomia, vuol dire perseguire un programma astratto e disincarnato, che ignori le reali necessità del territorio e del contesto sociale in cui una università sorge”. Proprio per questo il Beato Josemaría Escrivá volle far sorgere l’Università di Piura in Perù, in un ambito geografico e culturale lontano da ogni prevedibile sviluppo, proprio perché fosse l’Università stessa, con la sua progressiva, lenta ma radicata opera di inculturazione, l’elemento trainante di tale sviluppo, cosa che è puntualmente accaduta dopo appena un trentennio di attività.
Il relatore ha poi illustrato il ruolo che, secondo il Beato Josemaría, può svolgere la teologia nell’Università. Non certo per caso egli volle che nell’Università di Navarra, da lui fondata nel 1952, la Facoltà di Teologia sorgesse accanto alle altre discipline universitarie, traendo ricchezza reciproca dalla vicinanza e dalla collaborazione con le altre facoltà. “Un’università in cui la religione è assente – affermò il Beato in un’intervista- è un’università incompleta: perché ignora una dimensione fondamentale della persona umana, che non esclude —anzi richiede— le altre dimensioni” (L’università al servizio della società attuale, 5.10.1967, in “Josemaría Escrivá de Balaguer y la Universidad”, Eunsa, Pamplona 1993, pp. 135-136)”.