«La santità nelle cose»

Federica Gieri // il Resto del Carlino (Bologna)

«Dio ci vuole santi per far sì che possiamo esprimere tutti i doni che Lui stesso ci ha donato. San Josemaría Escrivá era certo che ogni persona cui il Signore assegna una missione particolare, avesse un valore assoluto. Per questo l'essere santi è l'esigenza fondamentale di ciascuno».Santificazione e quotidianità: sono le due parole che ricorrono più spesso nell'omelia di monsignor Giuseppe Fabiani, vescovo emerito di Imola, in occasione della celebrazione eucaristica, tenutasi in San Petronio, per ringraziare l'avvenuta canonizzazione del fondatore dell'Opus Dei, san Josemaría Escrivá.

E per toccare con mano quanto il cuore dell'insegnamento del 'Santo dell'ordinario' ('Trovare Dio invisibile nelle cose più visibili e materiali') sia una realtà viva e vera bastava guardare le centinaia di persone presenti alla cerimonia (mescolati tra i fedeli il vicesindaco Giovanni Salizzoni e il presidente del Consiglio comunale, Leonardo Marchetti), moltissimi giovani e soprattutto tanti papà e mamme con figli piccolissimi al seguito.

Proclamato beato nel 1992 a 17 anni dalla sua morte, il beato Josemaría Escrivá è stato canonizzato il 6 ottobre 2002, da Giovanni Paolo II davanti ad oltre 300 mila pellegrini di cui 1300 bolognesi, provenienti da 84 Paesi. «Durante quei giorni — racconta Angelo, studente universitario — si respirava un aria davvero particolare. In ognuno di noi era forte il proposito di trarre da questo avvenimento la forza di portare nelle rispettive città la consapevolezza che si può umanizzare il proprio ambiente». «La grandezza della vita quotidiana: questo mi ha colpito dell'insegnamento di san Josemaría Escrivá»- spiega Lea Querzola che del 6 ottobre ricorda «l'atmosfera carica di spiritualità». «Ciò che più mi colpì — rammenta Annavera Lamolinara —, fu il silenzio che precedette la formula della canonizzazione. Come se ci stessimo preparando ad accogliere un dono straordinario».