La povertà e il cristianesimo, cosa vuol dire essere poveri

La virtù della povertà riguarda tutti i battezzati, e può essere vissuta sia da persone ricche che da persone che non hanno molto.

I cristiani devono essere poveri? Ma cosa significa essere poveri? La povertà è una virtù che non coincide con la povertà materiale, l’indigenza.

La virtù della povertà riguarda tutti i battezzati, e può essere vissuta sia da persone ricche che da persone che non hanno molto.

Vivere la virtù della povertà significa mettere al giusto posto ogni nostro rapporto con i beni che Dio ha creato.

ll povero di cuore possiede e gode delle cose senza essere posseduto da esse; evita di riporre la propria sicurezza nell’accumulo di beni.

«La vera povertà non consiste nel non avere, ma nell’essere distaccato: nel rinunciare volontariamente al dominio sulle cose. – Ecco perché vi sono dei poveri che in realtà sono ricchi. E viceversa» (Cammino, n. 632).

In generale oggi pensiamo che benessere e comfort siano la chiave della felicità. Ma l’esperienza ci dice che la vera gioia è data dalla profondità e dalla autenticità delle relazioni con gli altri.

Chi ripone la sua felicità unicamente nelle cose di quaggiù – sono stato testimone di vere e proprie tragedie – ne perverte l’uso ragionevole e distrugge l’ordine sapientemente disposto dal Creatore. Il cuore, allora, si sente triste e insoddisfatto; si avvia per il sentiero di un’eterna scontentezza» (Amici di Dio, n. 118).

Gesù era povero?

Nella sua vita sulla terra, Gesù non ha rinunciato a tutti i beni, anche se è nato nella povertà di una stalla, per mostrarci quello che veramente conta. Nei Vangeli vediamo che Gesù non è né ricco né povero, e utilizza i propri beni in modo perfetto:

aveva un lavoro che faceva insieme a suo padre (cfr. Mt 13, 55);

possedeva una tunica buona (cfr. Gv 19, 23);

partecipava a degli appuntamenti sociali organizzati con generosità tanto che, per accusarlo, dicevano che era mangione e beone (cfr. Mt 11, 19);

parlava con naturalezza a persone benestanti come Matteo, Zaccheo e Giuseppe d’Arimatea;

nella sua predicazione prediligeva quelli che materialmente non possedevano nulla, come la vedova povera (cfr. Lc 21, 1-4) e il povero Lazzaro portato in seno ad Abramo (cfr. Lc 16, 19-23);

dice chiaramente che «è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel Regno di Dio» (Mt 19, 24);

consiglia ai suoi discepoli di non portare nella loro missione nulla che non sia indispensabile (cfr. Lc 10, 4-11);

Non crearsi necessità, aver cura di ciò che si possiede, fare a meno di alcune cose per un certo tempo, dare agli altri il meglio, accettare con gioia i disagi, non lamentarsi se manca qualcosa... e tante altre piccole cose che uno può scoprire in un cammino di preghiera.

La preghiera a Dio e la solidarietà con i poveri e i sofferenti sono inseparabili.

«Sempre l’incontro con una persona in condizione di povertà ci provoca e ci interroga. Come possiamo contribuire a eliminare o almeno alleviare la sua emarginazione e la sua sofferenza? Come possiamo aiutarla nella sua povertà spirituale?» - Papa Francesco

«Abbiamo l’obbligo di fare in modo che ogni giorno vi siano meno poveri» - San Josemaría

Gli uomini e le donne, vivendo lo spirito di Cristo, ed essendo presenti in tutte le attività umane, contribuiranno a cambiare le strutture, se sanno indirizzarle al bene comune terreno: la pace, la libertà e la giustizia sociale.