Il Papa a Palermo

Benedetto XVI ha compiuto il 3 ottobre una visita pastorale a Palermo. Riportiamo l'omelia del Papa al Foro Italico Umberto I e il suo discorso ai giovani e alle famiglie.

Omelia del Papa al Foro Italico Umberto I di Palermo.

Cari fratelli e sorelle!

E’ grande la mia gioia nel poter spezzare con voi il pane della Parola di Dio e dell’Eucaristia. Vi saluto tutti con affetto e vi ringrazio per la vostra calorosa accoglienza! Saluto in particolare il vostro Pastore, l’Arcivescovo Mons. Paolo Romeo; lo ringrazio per le espressioni di benvenuto che ha voluto rivolgermi a nome di tutti, e anche per il significativo dono che mi offerto. Saluto anche gli Arcivescovi e i Vescovi presenti, i Sacerdoti, i Religiosi e le Religiose, i rappresentanti delle Associazioni e dei Movimenti ecclesiali. Rivolgo un deferente pensiero al Sindaco, On. Diego Cammarata, grato per il cortese indirizzo di saluto, al Rappresentante del Governo ed alle Autorità civili e militari, che con la loro presenza hanno voluto onorare questo nostro incontro. Un ringraziamento speciale a quanti hanno generosamente offerto la loro collaborazione per l’organizzazione e preparazione di questa giornata.

Cari amici! La mia Visita avviene in occasione di un importante raduno ecclesiale regionale dei giovani e delle famiglie, che incontrerò nel pomeriggio. Ma sono venuto anche per condividere con voi gioie e speranze, fatiche e impegni, ideali e aspirazioni di questa comunità diocesana. Quando gli antichi Greci approdarono in questa zona, come ha anche ricordato il Sindaco nel suo saluto, la chiamarono "Panormo", cioè "tutto porto": un nome che voleva indicare sicurezza, pace e serenità. Venendo per la prima volta fra di voi, il mio augurio è che veramente questa Città, ispirandosi ai valori più autentici della sua storia e della sua tradizione, sappia sempre realizzare per i suoi abitanti, come pure per l’intera Nazione, l’auspicio di serenità e di pace sintetizzato nel suo nome.

So che a Palermo, come anche in tutta la Sicilia, non mancano difficoltà, problemi e preoccupazioni: penso, in particolare, a quanti vivono concretamente la loro esistenza in condizioni di precarietà, a causa della mancanza del lavoro, dell’incertezza per il futuro, della sofferenza fisica e morale e, come ha ricordato l’Arcivescovo, a causa della criminalità organizzata. Oggi sono in mezzo a voi per testimoniare la mia vicinanza ed il mio ricordo nella preghiera. Sono qui per darvi un forte incoraggiamento a non aver paura di testimoniare con chiarezza i valori umani e cristiani, così profondamente radicati nella fede e nella storia di questo territorio e della sua popolazione.

Foto Ansa

Cari fratelli e sorelle, ogni assemblea liturgica è spazio della presenza di Dio. Riuniti per la santa Eucaristia, i discepoli del Signore sono immersi nel sacrificio redentore di Cristo, proclamano che Egli è risorto, è vivo e datore di vita, e testimoniano che la sua presenza è grazia, forza e gioia. Apriamo il cuore alla sua parola ed accogliamo il dono della sua presenza! Tutti i testi della liturgia di questa domenica ci parlano della fede, che è il fondamento di tutta la vita cristiana. Gesù ha educato i suoi discepoli a crescere nella fede, a credere e ad affidarsi sempre di più a Lui, per costruire sulla roccia la propria vita. Per questo essi gli chiedono: «Accresci in noi la fede» (Lc 17,6). E’ una bella domanda che rivolgono al Signore, è la domanda fondamentale: i discepoli non chiedono doni materiali, non chiedono privilegi, ma chiedono la grazia della fede, che orienti e illumini tutta la vita; chiedono la grazia di riconoscere Dio e di poter stare in relazione intima con Lui, ricevendo da Lui tutti i suoi doni, anche quelli del coraggio, dell’amore e della speranza.

Senza rispondere direttamente alla loro preghiera, Gesù ricorre ad un’immagine paradossale per esprimere l’incredibile vitalità della fede. Come una leva muove molto più del proprio peso, così la fede, anche un pizzico di fede, è in grado di compiere cose impensabili, straordinarie, come sradicare un grande albero e trapiantarlo nel mare (Ibid.). La fede - fidarci di Cristo, accoglierlo, lasciare che ci trasformi, seguirlo fino in fondo - rende possibili le cose umanamente impossibili, in ogni realtà. Ne dà testimonianza anche il profeta Abacuc nella prima lettura. Egli implora il Signore a partire da una situazione tremenda di violenza, d’iniquità e di oppressione; e proprio in questa situazione difficile e di insicurezza, il profeta introduce una visione che offre uno spaccato del progetto che Dio sta tracciando e sta attuando nella storia: «Soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede» (Ab 2,4). L’empio, colui che non agisce secondo Dio, confida nel proprio potere, ma si appoggia su una realtà fragile e inconsistente, perciò si piegherà, è destinato a cadere; il giusto, invece, confida in una realtà nascosta ma solida, confida in Dio e per questo avrà la vita.

Nei secoli passati la Chiesa che è in Palermo è stata arricchita ed animata da una fede fervida, che ha trovato la sua più alta e riuscita espressione nei Santi e nelle Sante. Penso a santa Rosalia, che voi venerate e onorate e che, dal monte Pellegrino, veglia sulla vostra Città, di cui è Patrona. Né va dimenticato come il vostro senso religioso abbia sempre ispirato e orientato la vita familiare, alimentando valori, quali la capacità di donazione e di solidarietà verso gli altri, specialmente i sofferenti, e l’innato rispetto per la vita, che costituiscono una preziosa eredità da custodire gelosamente e da rilanciare ancor più ai nostri giorni. Cari amici, conservate questo prezioso tesoro di fede della vostra Chiesa; siano sempre i valori cristiani a guidare le vostre scelte e le vostre azioni!

La seconda parte del Vangelo odierno presenta un altro insegnamento, un insegnamento di umiltà, che tuttavia è strettamente legato alla fede. Gesù ci invita ad essere umili e porta l’esempio di un servo che ha lavorato nei campi. Quando torna a casa, il padrone gli chiede ancora di lavorare. Secondo la mentalità del tempo di Gesù, il padrone aveva tutto il diritto di farlo. Il servo doveva al padrone una disponibilità completa; e il padrone non si riteneva obbligato verso di lui perché aveva eseguito gli ordini ricevuti. Gesù ci fa prendere coscienza che, di fronte a Dio, ci troviamo in una situazione simile: siamo servi di Dio; non siamo creditori nei suoi confronti, ma siamo sempre debitori, perché dobbiamo a Lui tutto, perché tutto è suo dono. Accettare e fare la sua volontà è l’atteggiamento da avere ogni giorno, in ogni momento della nostra vita. Davanti a Dio non dobbiamo mai presentarci come chi crede di aver reso un servizio e di meritare una grande ricompensa. Questa è un’illusione che può nascere in tutti, anche nelle persone che lavorano molto al servizio del Signore, nella Chiesa. Dobbiamo, invece, essere consapevoli che, in realtà, non facciamo mai abbastanza per Dio. Dobbiamo dire, come ci suggerisce Gesù: «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare» (Lc 17,10). Questo è un atteggiamento di umiltà che ci mette veramente al nostro posto e permette al Signore di essere molto generoso con noi. Infatti, in un altro brano del Vangelo egli ci promette che «si cingerà le sue vesti, ci farà mettere a tavola e passerà a servirci» (cfr Lc 12,37). Cari amici, se faremo ogni giorno la volontà di Dio, con umiltà, senza pretendere nulla da Lui, sarà Gesù stesso a servirci, ad aiutarci, ad incoraggiarci, a donarci forza e serenità.

Anche l’apostolo Paolo, nella seconda lettura odierna, parla della fede. Timoteo è invitato ad avere fede e, per mezzo di essa, ad esercitare la carità. Il discepolo viene esortato a ravvivare nella fede anche il dono di Dio che è in lui per l’imposizione delle mani di Paolo, cioè il dono dell’Ordinazione, ricevuto per svolgere il ministero apostolico come collaboratore di Paolo (cfr 2Tm 1,6). Egli non deve lasciar spegnere questo dono, ma deve renderlo sempre più vivo per mezzo della fede. E l’Apostolo aggiunge: «Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza» ( v. 7).

Foto Ansa

Cari Palermitani e cari Siciliani! La vostra bella Isola è stata tra le prime regioni d’Italia ad accogliere la fede degli Apostoli, a ricevere l’annunzio della Parola di Dio, ad aderire alla fede in modo così generoso che, anche in mezzo a difficoltà e persecuzioni, è sempre germogliato in essa il fiore della santità. La Sicilia è stata ed è terra di santi, appartenenti ad ogni condizione di vita, che hanno vissuto il Vangelo con semplicità ed integralità. A voi, fedeli laici, ripeto: non abbiate timore di vivere e testimoniare la fede nei vari ambiti della società, nelle molteplici situazioni dell’esistenza umana, soprattutto in quelle difficili! La fede vi dona la forza di Dio per essere sempre fiduciosi e coraggiosi, per andare avanti con nuova decisione, per prendere le iniziative necessarie a dare un volto sempre più bello alla vostra terra. E quando incontrate l’opposizione del mondo, sentite le parole dell’Apostolo: «Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro» (v. 8). Ci si deve vergognare del male, di ciò che offende Dio, di ciò che offende l’uomo; ci si deve vergognare del male che si arreca alla Comunità civile e religiosa con azioni che non amano venire alla luce! La tentazione dello scoraggiamento, della rassegnazione, viene a chi è debole nella fede, a chi confonde il male con il bene, a chi pensa che davanti al male, spesso profondo, non ci sia nulla da fare. Invece, chi è saldamente fondato sulla fede, chi ha piena fiducia in Dio e vive nella Chiesa, è capace di portare la forza dirompente del Vangelo. Così si sono comportati i Santi e le Sante, fioriti, nel corso dei secoli, a Palermo e in tutta la Sicilia, come pure laici e sacerdoti di oggi a voi ben noti, come, ad esempio, Don Pino Puglisi. Siano essi a custodirvi sempre uniti e ad alimentare in ciascuno il desiderio di proclamare, con le parole e con le opere, la presenza e l’amore di Cristo. Popolo di Sicilia, guarda con speranza al tuo futuro! Fa’ emergere in tutta la sua luce il bene che vuoi, che cerchi e che hai! Vivi con coraggio i valori del Vangelo per far risplendere la luce del bene! Con la forza di Dio tutto è possibile! La Madre di Cristo, la Vergine Odigitria da voi tanto venerata, vi assista e vi conduca alla profonda conoscenza del suo Figlio. Amen!

[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]  Discorso del Papa ai giovani e alle famiglie a Palermo

Cari giovani e care famiglie della Sicilia!

Vi saluto con tanto affetto e tanta gioia e grazie per la gioia della vostra fede! Questo incontro con voi è l’ultimo della mia visita di oggi a Palermo, ma in un certo senso è quello centrale; in effetti, è l’occasione che ha dato il motivo per invitarmi: il vostro incontro regionale di giovani e famiglie. Allora oggi devo iniziare da qui, da questo avvenimento; e lo faccio prima di tutto ringraziando Mons. Mario Russotto, Vescovo di Caltanissetta, che è delegato per la pastorale giovanile e familiare a livello regionale, e poi i due giovani Giorgia e David. Il vostro, cari amici, è stato più di un saluto: è stata una condivisione di fede e di speranza. Vi ringrazio di cuore. Il Vescovo di Roma va dovunque per confermare i cristiani nella fede, ma torna a casa a sua volta confermato dalla vostra fede, dalla vostra speranza!

Dunque, giovani e famiglie. Dobbiamo prendere sul serio questo accostamento, questo trovarsi insieme, che non può essere solamente occasionale, o funzionale. Ha un senso, un valore umano, cristiano, ecclesiale. E voglio partire non da un ragionamento, ma da una testimonianza, una storia vissuta e attualissima. Penso che tutti voi sappiate che sabato 25 settembre scorso, a Roma, è stata proclamata beata una ragazza italiana di nome Chiara, Chiara Badano. Vi invito a conoscerla: la sua vita è stata breve, ma è un messaggio stupendo. Chiara è nata nel 1971 ed è morta nel 1990, a causa di una malattia inguaribile. Diciannove anni pieni di vita, di amore, di fede. Due anni, gli ultimi, pieni anche di dolore, ma sempre nell’amore e nella luce, una luce che irradiava intorno a sé e che veniva da dentro: dal suo cuore pieno di Dio! Com’è possibile questo? Come può una ragazza di 17, 18 anni vivere una sofferenza così, umanamente senza speranza, diffondendo amore, serenità, pace, fede? Evidentemente si tratta di una grazia di Dio, ma questa grazia è stata anche preparata e accompagnata dalla collaborazione umana: la collaborazione di Chiara stessa, certamente, ma anche dei suoi genitori e dei suoi amici. Prima di tutto i genitori, la famiglia. Oggi voglio sottolinearlo in modo particolare. I genitori della beata Chiara Badano sono vivi, erano a Roma per la beatificazione - io stesso li ho incontrati personalmente - e sono testimoni del fatto fondamentale, che spiega tutto: la loro figlia era ricolma della luce di Dio! E questa luce, che viene dalla fede e dall’amore, l’hanno accesa loro per primi: il papà e la mamma hanno acceso nell’anima della figlia la fiammella della fede, e hanno aiutato Chiara a tenerla accesa sempre, anche nei momenti difficili della crescita e soprattutto nella grande e lunga prova della sofferenza, come fu anche per la Venerabile Maria Carmelina Leone, morta a 17 anni. Questo, cari amici, è il primo messaggio chevorrei lasciarvi: il rapporto tra i genitori e i figli – lo sapete – è fondamentale; ma non solo per una giusta tradizione – so che questa è molto sentita dai siciliani. E’ qualcosa di più, che Gesù stesso ci ha insegnato: è la fiaccola della fede che si trasmette di generazione in generazione; quella fiamma che è presente anche nel rito del Battesimo, quando il sacerdote dice: “Ricevete la luce di Cristo … segno pasquale … fiamma che sempre dovete alimentare”.

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La famiglia è fondamentale perché lì germoglia nell’anima umana la prima percezione del senso della vita. Germoglia nella relazione con la madre e con il padre, i quali non sono padroni della vita dei figli, ma sono i primi collaboratori di Dio per la trasmissione della vita e della fede. Questo è avvenuto in modo esemplare e straordinario nella famiglia della beata Chiara Badano; ma questo avviene in tante famiglie. Anche in Sicilia ci sono splendide testimonianze di giovani cresciuti come piante belle, rigogliose, dopo essere germogliate nella famiglia, con la grazia del Signore e la collaborazione umana. Penso alla Beata Pina Suriano, alle Venerabili Maria Carmelina Leone e Maria Magno, grande educatrice; ai Servi di Dio Rosario Livatino, Mario Giuseppe Restivo, e a tanti giovani che voi conoscete! Spesso la loro azione non fa notizia, perché il male fa più rumore, ma sono la forza, il futuro della Sicilia! L’immagine dell’albero è molto significativa per rappresentare l’uomo. La Bibbia la usa, ad esempio, nei Salmi. Il Salmo 1 dice: Beato l’uomo che medita la legge del Signore, “è come albero piantato lungo corsi d’acqua, / che dà frutto a suo tempo” (v. 3). Questi “corsi d’acqua” possono essere il “fiume” della tradizione, il “fiume” della fede da cui si attinge la linfa vitale. Cari giovani di Sicilia, siate alberi che affondano le loro radici nel “fiume” del bene! Non abbiate paura di contrastare il male! Insieme, sarete come una foresta che cresce, forse silenziosa, ma capace di dare frutto, di portare vita e di rinnovare in modo profondo la vostra terra! Non cedete alle suggestioni della mafia, che è una strada di morte, incompatibile con il Vangelo, come tante volte i vostri Vescovi hanno detto e dicono!

L’apostolo Paolo riprende questa immagine nella Lettera ai Colossesi, dove esorta i cristiani ad essere “radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede” (cfr Col 2,7). Voi giovani sapete che queste parole sono il tema del mio Messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù dell’anno prossimo a Madrid. L’immagine dell’albero dice che ognuno di noi ha bisogno di un terreno fertile in cui affondare le proprie radici, un terreno ricco di sostanze nutritive che fanno crescere la persona: sono i valori, ma sono soprattutto l’amore e la fede, la conoscenza del vero volto di Dio, la consapevolezza che Lui ci ama infinitamente, fedelmente, pazientemente, fino a dare la vita per noi. In questo senso la famiglia è “piccola Chiesa”, perché trasmette Dio, trasmette l’amore di Cristo, in forza del sacramento del Matrimonio. L’amore divino che ha unito l’uomo e la donna, e che li ha resi genitori, è capace di suscitare nel cuore dei figli il germoglio della fede, cioè la luce del senso profondo della vita.

Ed eccoci all’altro passaggio importante, che posso solo accennare: la famiglia, per essere “piccola Chiesa”, deve vivere ben inserita nella “grande Chiesa”, cioè nella famiglia di Dio che Cristo è venuto a formare. Anche di questo ci dà testimonianza la beata Chiara Badano, come tutti i giovani santi e beati: insieme con la famiglia di origine, è fondamentale la grande famiglia della Chiesa, incontrata e sperimentata nella comunità parrocchiale, nella diocesi; per la beata Pina Suriano è stata l’Azione Cattolica - ampiamente presente in questa terra -, per la beata Chiara Badano il Movimento dei Focolari; infatti, anche i movimenti e le associazioni ecclesiali non servono se stessi, ma Cristo e la Chiesa.

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Cari amici! Conosco le vostre difficoltà nell’attuale contesto sociale, che sono le difficoltà dei giovani e delle famiglie di oggi, in particolare nel sud d’Italia. E conosco anche l’impegno con cui voi cercate di reagire e di affrontare questi problemi, affiancati dai vostri sacerdoti, che sono per voi autentici padri e fratelli nella fede, come è stato Don Pino Puglisi. Ringrazio Dio di avervi incontrato, perché dove ci sono giovani e famiglie che scelgono la via del Vangelo, c’è speranza. E voi siete segno di speranza non solo per la Sicilia, ma per tutta l’Italia. Io vi ho portato una testimonianza di santità, e voi mi offrite la vostra: i volti dei tanti giovani di questa terra che hanno amato Cristo con radicalità evangelica; i vostri stessi volti, come un mosaico! Ecco il dono più grande che abbiamo ricevuto: essere Chiesa, essere in Cristo segno e strumento di pace, di unità, di vera libertà. Nessuno può toglierci questa gioia! Nessuno può toglierci questa forza! Coraggio, cari giovani e famiglie di Sicilia! Siate santi! Alla scuola di Maria, nostra Madre, mettetevi a piena disposizione di Dio, lasciatevi plasmare dalla sua Parola e dal suo Spirito, e sarete ancora, e sempre più, sale e luce di questa vostra amata terra. Grazie!

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