Giovanni Paolo II

Venticinque anni di pontificato sono venticinque anni della storia del mondo. Che giudizio dà della missione del Papa?

L'attività del Papa è così ampia e la sua figura così significativa a tutti i livelli, da scavalcare già di per sé qualsiasi altro tipo di giudizio. Giovanni Paolo II rappresenta qualcosa di unico nell'attuale momento storico. La sua autorità morale è universalmente riconosciuta, il suo prestigio è immenso e nessuno può nemmeno far finta di ignorare i suoi interventi a favore della dignità della persona umana, del rispetto della vita, della pace, delle popolazioni povere del pianeta. Egli ha di nuovo mostrato con i fatti, come i suoi predecessori, che il Papa è davvero "il servo dei servi di Dio", instancabile difensore della verità, avvocato di tutti gli uomini e di tutte le donne, nella cui dignità crede con tutte le sue forze. In realtà, in tutto questo è in gioco qualcosa di più grande del solo prestigio della persona. In questi venticinque anni Giovanni Paolo II ha reso Cristo presente nel nostro tempo, ha portato l'umanità a cercare in Gesù le risposte alle domande di fondo sul senso dell'esistenza umana. Ecco la motivazione ultima della sua autorevolezza.

Paolo Cavallo, Il Secolo XIX (Genova), 15 giugno 2003 Si può dire che Giovanni Paolo Il si sia appoggiato sull'Opus Dei?

Sì, si può dire. Ma la cosa meno importante è che lo si dica: ciò che importa è che questo Papa e tutti quelli che verranno dopo devono potersi appoggiare sull'Opus Dei, perché per questo 1'Opus Dei esiste: per servire la Chiesa come essa vuole esser servita. Espanderci per il mondo intero e avere molte vocazioni, se questo non fosse per meglio servire la Chiesa, a noi non interesserebbe nulla.

L'Opera potrà vivere tranquilla se il prossimo Papa non le sarà così favorevole, così propizio, quanto lo è stato Giovanni Paolo II?

Io so che monsignor Escrivá non si è mai sentito né abbandonato, né trascurato, né poco amato dai Romani Pontefici. Il contrario sono menzogne, invenzioni di alcuni ripetute da altri. L'ho udito molte volte ripetere: «Dalla Santa Sede, dal Santo Padre, non ci possono venire altro che beni, anche se a volte ci possono sembrare contrarietà». Per noi il Papa - chiunque egli sia - sarà sempre il Vicario di Cristo, con una responsabilità davanti a Dio che deve adempiere. Quello che egli decide lo riceveremo sempre come proveniente da Cristo stesso. Pertanto, anche nell'ipotesi che qualche decisione del Papa risultasse per noi dolorosa o incomprensibile, essa sarebbe comunque buona. Perciò l'Opera non si sentirà mai preoccupata, né insicura, né malvoluta. Una cosa è la simpatia, altra è la carità e l'affetto di chi governa la Chiesa, che non ci potranno mai mancare.

È tutta da scrivere la storia delle relazioni personali tra i cinque ultimi Papi e i due successivi Padri che ha avuto 1'Opus Dei. Per esempio, si è detto mentendo che Paolo VI non stimava monsignor Escrivá. A noi consta invece - circostanza ratificata dai suoi segretari - che usasse abitualmente Cammino come libro di meditazione. Anzi: in una delle sue ultime udienze, Paolo VI disse al fondatore, faccia a faccia: «Monsignore, lei è un santo». E questo un Papa non lo dice per adulare. Non diciamo poi dell'amicizia, del rapporto naturale, fiducioso e spontaneo, tra Giovanni Paolo II e monsignor del Portillo. Il Papa vedeva in don Alvaro un figlio leale e sincero che gli diceva le cose come stavano, non come avrebbe voluto che fossero.

Pilar Urbano, Studi Cattolici, giugno 1994