Fernando Ocáriz: L'immaginazione della carità

Condividiamo un articolo di mons. Fernando Ocáriz pubblicato sul numero 70-71 (gennaio-dicembre 2020) di "Romana", bollettino della prelatura dell'Opus Dei.

L’immaginazione

della carità,

quotidiano

La Vanguardia

(Spagna),

4-X-2020

In questi mesi, nei quali il mondo è sottoposto a una dura prova a causa della pandemia, siamo stati testimoni di atteggiamenti eroici da parte di persone di tutti i settori della società. Il personale sanitario dei cinque continenti ha dimostrato uno spirito di sacrificio che ha strappato gli applausi dai balconi di molte città; i mezzi di comunicazione hanno trasmesso notizie di profonda umanità, narrando le iniziative di solidarietà di molte persone che si sono mobilitate – e continuano a farlo – per porre qualche rimedio alle necessità urgenti che si sono presentate; anche la Chiesa ha reagito con generosità e sono varie centinaia i sacerdoti che hanno dato la vita nel portare ai malati gli aiuti spirituali. Il dolore e la sofferenza uniscono, e accade spesso che molti vicini di casa, che prima non si conoscevano, ora sono uniti da vincoli di amicizia, perché si sono aiutati nei momenti di maggior emergenza.

Nell’udienza generale dello scorso 23 settembre Papa Francesco ammoniva: «O lavoriamo insieme per uscire dalla crisi, a tutti i livelli della società, o non ne usciremo mai». Se abbiamo iniziato queste righe mettendo in evidenza tanti esempi di dedizione agli altri che sono avvenuti durante la crisi sanitaria, non possiamo chiudere gli occhi davanti a realtà di segno opposto.

La cultura contemporanea, che ha tanti valori positivi, nello stesso tempo è segnata da una grave malattia, alla quale fa riferimento il Santo Padre: l’individualismo. Se non ci uniamo, se non consideriamo gli altri come nostro prossimo, come persone che hanno in sé stesse un valore unico, che meritano rispetto, comprensione, vicinanza, anche quando supereremo la crisi sanitaria rimarranno le ferite di una società individualista, anonima, che finisce col diventare un campo di battaglia di interessi egoistici.

Il lavoro è una dimensione essenziale della vita sociale. La crisi sanitaria ha causato una crisi del lavoro di notevoli proporzioni. Le sfide che ora si presentano sono molte e urgenti. Nelle circostanze attuali rivestono un particolare rilievo alcune caratteristiche del lavoro, che possono attenuare le conseguenze negative della crisi. Penso, per prima cosa, allo spirito di servizio. Il lavoro è al servizio del bene comune sociale e della persona umana intesa nella sua interezza. La creazione di nuovi posti di lavoro, la salvaguardia di quelli già esistenti e soprattutto il cambiamento di mentalità che metta sempre al centro la persona umana, e non una logica esclusivamente economica, sono un antidoto all’individualismo imperante. È indispensabile che si metta in funzione «l’immaginazione della carità», come affermava san Giovanni Paolo II.

Tutti sogniamo una società giusta. La situazione di molte società è cambiata dopo questa lunga sofferenza dell’umanità. Se giustizia è «dare a ciascuno il suo», è necessario che coloro che hanno la responsabilità di prendere decisioni nella vita sociale esercitino questa «immaginazione della carità». San Josemaría Escrivá raccomandava: «Siate persuasi che non potrete mai risolvere i grandi problemi dell’umanità unicamente con la giustizia». E aggiungeva che la dignità della persona umana esige di più, la carità, che «è come un generoso traboccare della giustizia». Carità vuol dire compiere bene il lavoro che ci è stato affidato, al servizio delle necessità degli altri, che in questo frangente sono diventate più pressanti. Lavorare bene vuol dire mettere in atto al massimo grado le nostre capacità, in famiglia, nell’impresa, nella scuola, in tutti gli ambiti delle attività umane, per dimostrare vicinanza e per superare con amore il “distanziamento sociale” fisico imposto dalle circostanze.

Siamo tutti chiamati a vivere «l’immaginazione della carità» per risolvere insieme i problemi che ci prospetta questo nostro mondo, che vorremmo migliorare seguendo i passi di Colui che ci ha dato l’esempio di una abnegazione che culminò nel dare la vita per gli altri.