«Fare del Campus Bio-Medico un luogo dove ci si forma alla solidarietà»

In occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico dell'Università Campus Bio-Medico di Roma, il Segretario di Stato Vaticano il cardinal Parolin ha celebrato la messa nella cappella dell'università. In questo articolo dell'Osservatore Romano sono riportate le parole pronunciate durante l'omelia.

«Fare del Campus Bio-Medico un luogo dove si elabora la cultura della prossimità e dove ci si forma alla solidarietà». Lo ha chiesto il cardinale Pietro Parolin alla comunità di studenti e docenti dell’ateneo romano, celebrando mercoledì 11 novembre la messa per l’inaugurazione dell’anno accademico. Opera apostolica dell’Opus Dei, «risalente a una felice intuizione dal beato Alvaro del Portillo» — ha ricordato il porporato — l’università pur essendo «giovane, poco più che ventenne», è tuttavia divenuta nel panorama di Roma «punto di riferimento per numerose famiglie che vi mandano a studiare i loro figli, per i giovani che qui si preparano e per i numerosi malati che vi trovano un ambiente accogliente». Rivolgendosi dapprima agli studenti, il cardinale Parolin ha spiegato che «un giovane universitario deve avere un programma permanente per raggiungere la verità», programma che «richiede studio e perseveranza» ed «esige generosità e abnegazione». Però, ha fatto notare, «non basta questo pur lodevole sforzo personale», poiché «noi credenti siamo convinti che prima ancora di esso devono realizzarsi, l’apertura e la docilità allo Spirito Santo, che guiderà alla verità tutta intera».

E proprio la terza persona della Trinità è stata al centro delle letture proclamate durante la liturgia della parola. Commentandole, il segretario di Stato le ha subito collegate all’insegnamento di Papa Francesco, che «con il suo linguaggio semplice e suggestivo» durante la messa a Santa Marta del 2 settembre 2014 disse: «Tu puoi avere cinque lauree (in teologia), ma non avere lo Spirito di Dio! Quello che dà autorità, quello che ti dà identità è lo Spirito Santo». Da qui l’esortazione del cardinale Parolin a «uscire da noi stessi, verso la testimonianza e la missione, ad agire con tutte le nostre energie e la nostra intelligenza, per creare rapporti, iniziative, attività, istituzioni che diventino segno della capacità della fede di farsi opera, di diventare carità e di portare un raggio di luce laddove c’è il buio, di imprimere un nuovo e liberante dinamismo laddove ristagnano le paludi dell’indifferenza e dell’esclusione o il grigiore della mediocrità». Che poi, ha aggiunto con un’immagine efficace, non è altro che «la storia della Pentecoste, che diventa la cronaca della vita dei santi».

Allo stesso modo, per mezzo dello Spirito, anche l’idea del primo successore di san Josemaría Escrivá de Balaguer «è diventata realtà grazie alle preghiere, alla generosità e all’impegno di tanti, che hanno preso sul serio la bellezza e la responsabilità insite nel loro battesimo e hanno visto nella loro professione il luogo privilegiato dove testimoniare la fede». Elogiandone «l’alta professionalità favorita dall’integrazione delle due facoltà di medicina e ingegneria con gli altri corsi di laurea», il cardinale ha poi invitato a «porre la persona umana al centro dell’attenzione, cercando di mettere quotidianamente in pratica il suo motto: “La scienza al servizio dell’uomo”». Come? «Disponete — ha concluso riferendosi al luogo della celebrazione — di questa magnifica cappella e di altre dislocate nei vari edifici. Ciò vi aiuterà ad avere il primo incontro della giornata con Gesù, per poi continuare ad incontrarlo nelle vite degli uomini con cui vi imbatterete». Infatti «dall’incontro intimo con il Signore sgorga la forza e il coraggio del servizio generoso e gioioso al prossimo».

L'omelia completa è scaricabile qui in Pdf.

L'Osservatore Romano, 11 novembre 2015