Quando si pensa ai detenuti, i luoghi comuni sono sempre moltissimi: è lo Stato a pagare per vitto e alloggio nelle carceri, loro sono esenti dalle tasse, siamo noi cittadini a mantenerli...In realtà non è così. "Il carcere per i detenuti non è gratuito. - spiega Giada, Head of Social Innovation di ELIS Open Innovation - Ognuno di loro paga circa 150 euro al mese per vitto e alloggio. Chi non lavora mentre sconta la pena, quando esce, avendo già un debito e a causa delle difficoltà nel reinserirsi nel mondo del lavoro, sarà quasi sicuramente incentivato a commettere nuovamente un reato. Chi lavora, invece, poiché percepisce uno stipendio, può cancellare il proprio debito con lo Stato e avere una prospettiva di futuro".

Le aziende possono giocare un ruolo importante nell'aiutare i detenuti e le persone fragili a realizzare i propri sogni e a costruirsi un futuro. Essi possono rappresentare un valore aggiunto e non solo un peso. E proprio per diffondere questo messaggio, da ormai 18 mesi, alcune aziende corporate del consorzio ELIS hanno dato vita al progetto Includere per Crescere, guidato dalla presidenza di Elena Goitini, presidente di BNL-BNP Paribas.
"Nel corso di questi mesi - racconta Giada - abbiamo accompagnato le aziende in un percorso che si chiama Inclusion Mindset e che aiuta le direzioni HR, gli amministratori delegati e tutti coloro che hanno la possibilità di fare delle scelte di senso all'interno delle aziende a fare business in modalità differente".
Il lavoro cambia la visione della vita
Sulla scia di quanto appreso durante il percorso Inclusion Mindset, e nello specifico in seguito alla partecipazione dell'evento organizzato da ELIS nel carcere di Bollate, molte aziende hanno iniziato a investire sulla formazione lavorativa di molti detenuti. "La cooperativa B4, ad esempio - continua Giada - impiega persone all'interno di un call center, ma nelle carceri ci sono anche sartorie, laboratori di smaltimento rifiuti speciali... Alcuni detenuti sono addetti a riempire vending machines, altri preparano prodotti da forno, lavorano per allestimenti o come grafici".
Il lunedì mattina, una giornata intera in ufficio o dover rispondere al telefono e scoprire che si tratta di una chiamata promozionale rappresentano per la maggior parte delle persone un vero e proprio incubo. Non è così per Antonella, in carcere da dieci anni, a cui il lavoro ha fatto tornare la voglia di vivere. Grazie ad esso, infatti, può prendersi cura della madre anziana e malata. "All'inizio le sue giornate in cella erano vuote, senza senso, voglia di fare. Con solo il peso di dover pagare il prezzo del reato commesso, la solitudine, la mancanza di confronto. - dice Giada - Da quando Antonella lavora come centralinista in un call center e ogni mattina ha la possibilità di uscire dalla cella, lavorare e recarsi in ufficio, anche se sempre all'interno del carcere, ha cambiato visione della vita".

"Nella vita siamo un po' tutti detenuti, ognuno ha le proprie prigioni. - conclude Giada - Per questo motivo il Giubileo dei detenuti rappresenta un'ottima opportunità per riflettere sulle nostre condizioni di prigionia, ma soprattutto sulla fortuna che abbiamo di poter lavorare”
