Chi erano gli apostoli di Gesù?

«Uomini normali, con i loro difetti, con le loro debolezze. Eppure Gesù li chiama a essere amministratori della grazia di Dio», ricorda san Josemaría. Sono i dodici testimoni privilegiati della Resurrezione di Gesù, inviati a fare «discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre, e del Figlio e dello Spirito Santo».

Sommario

1. Chi è l’apostolo?

2. Chi erano gli apostoli di Gesù?

3. Conosci i dodici Apostoli

4. Ci sono ancora apostoli nel nostro tempo?


1. Chi è l’apostolo?

Un apostolo è un testimone scelto e inviato in missione dallo stesso Cristo. Sin dall’inizio del suo ministero pubblico, Gesù scelse alcuni uomini tra quelli che lo seguivano per edificare la Chiesa su di loro. Quegli uomini li fa partecipi della sua missione evangelizzatrice. Come racconta l’evangelista: «Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da lui. Ne costituì Dodici - che chiamò apostoli -, perché stessero con lui e per mandarli a predicare» (Mc, 3, 13-14). È molto illuminante che la parola stessa, in greco apostoloi, significa inviati. E si riferisce al fatto che Gesù chiama gli apostoli a continuare la sua stessa missione: annunciare il regno di Dio a tutto il mondo. «Come il Padre mi ha inviato, così anch’io vi invio» (Gv 20, 21). Questo invio di Cristo ha un carattere universale e orienta la grandezza dei compiti apostolici. «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre, e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28, 19-20).

Testi di san Josemaría per meditare

Quei primi apostoli, per i quali ho grande devozione e affetto, se li giudichiamo secondo i criteri umani erano ben poca cosa. Per quanto riguarda la posizione sociale — fatta eccezione di Matteo, che certamente se la cavava bene, ma lasciò tutto quando Gesù glielo chiese — erano pescatori: vivevano alla giornata, faticando di notte per provvedere al loro sostentamento.

Ma la posizione sociale è un dato secondario. Non erano colti, e neppure molto intelligenti, almeno per ciò che si riferisce alla comprensione delle realtà soprannaturali. Perfino gli esempi e i paragoni più semplici risultavano loro incomprensibili e dovevano ricorrere al Maestro: Domine, edissere nobis parabolam (Mt 13, 36), Signore, spiegaci la parabola. Quando Gesù con una metafora allude al lievito dei farisei, credono che li stia rimproverando per non aver comprato del pane (cfr Mt 16, 6-7).

Sono poveri e ignoranti. Tuttavia non sono né semplici né schietti. Pur nella loro ristrettezza di vedute, sono ambiziosi. Li troviamo più volte a discutere su chi sarà il maggiore quando Gesù — secondo la loro mentalità — avrà instaurato sulla terra il regno definitivo di Israele. Discutono e si accalorano nel momento sublime in cui Gesù sta per immolarsi per l'umanità: nel raccoglimento del cenacolo (cfr. Lc 22, 24-27).

Di fede ne hanno poca. Gesù stesso lo afferma (cfr Mt 14, 31; 16, 8; 17, 20; 21, 21). Lo hanno visto risuscitare i morti, guarire ogni genere di malattia, moltiplicare il pane e i pesci, placare le tempeste, scacciare i demoni. Solo Pietro, scelto come capo, sa rispondere con prontezza: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente (Mt 16, 16). Tuttavia è una fede che egli interpreta a suo modo, e pertanto si permette di tener testa a Gesù perché non si dia in redenzione per gli uomini.

Gesù deve rispondergli: Lungi da me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini! (Mt 16, 23). Pietro — commenta san Giovanni Crisostomo — ragionava umanamente, fino a concludere che tutto ciò — la Passione e la Morte — era indegno di Cristo e riprovevole. Per questo Gesù lo riprende e gli dice: «No, soffrire non è cosa indegna di me; tu giudichi così perché ragioni secondo la carne, in modo umano » (San Giovanni Crisostomo, In Matthaeum homiliae, 54, 4 [PG 58, 537]).

Questi uomini di poca fede eccellevano forse nell'amare Gesù? Lo amavano, senza dubbio, almeno a parole. A volte si lasciavano trascinare dall'entusiasmo: Andiamo anche noi a morire con Lui (Gv 11, 16). Però nel momento della prova fuggono tutti, tranne Giovanni che amava veramente, con le opere. Solo questo adolescente, il più giovane degli Apostoli, rimane accanto alla Croce. Gli altri non nutrivano un amore forte come la morte (cfr. Ct 8, 6).

Erano questi i discepoli scelti dal Signore; tali apparivano prima che, ripieni di Spirito Santo, diventassero colonne della Chiesa (cfr Gal 2, 9). Sono uomini comuni, con i loro difetti, le loro debolezze, la loro parola più lunga delle opere. E tuttavia Gesù li chiama per farne dei pescatori di uomini (cfr Mt 4, 19), i corredentori e amministratori della grazia di Dio (È Gesù che passa, 2).

2. Chi erano gli apostoli di Gesù

In senso stretto si potrebbe dire che gli apostoli sono i Dodici chiamati direttamente da Gesù, quelli che hanno ricevuto e hanno partecipato alla sua missione, testimoni delle sue parole e delle sue azioni. Con questo incarico dato agli apostoli, Cristo continua il suo ministero, sino a dire: «Chi accoglie voi accoglie me» (Mt 10, 40; cfr. Lc 10, 16). Intendendo con questo di ricordare sempre che per compiere la missione hanno bisogno del Figlio. Senza Gesù non possono fare nulla. «Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla» (Gv, 15, 5). Inoltre, «nella missione degli Apostoli c'è un aspetto che non può essere trasmesso: essere i testimoni scelti della risurrezione del Signore e le fondamenta della Chiesa» (Catechismo, n. 860).

D’altro canto, nei vangeli vediamo che non solo gli apostoli seguono Gesù e sono da Lui inviati. In una occasione, invia anche altri 72 discepoli: «il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi» (Lc 10, 1). Quei discepoli ricevono dal Signore la missione di predicare annunciando il Regno di Dio e di guarire i malati. In un’altra occasione, il Vangelo ricorda varie donne che accompagnavano il Signore nel tempo della sua predicazione, dall’inizio sino all’ultimo momento della sua vita (cfr. Lc 8, 2-3; Mt 27, 55). Dopo la Resurrezione, inoltre le invia, assieme agli altri, a predicare il Vangelo e fare «discepoli tutti i popoli» (Mt 28, 19). Si capisce così che seguire Gesù, e la sua conseguente missione di evangelizzare, ha un significato che non è una realtà esclusiva dei Dodici, ma che durerà sino alla fine dei tempi (cfr. Lumen Gentium, 20).

Testi di san Josemaría per meditare

«Ecco, io invierò numerosi pescatori — dice il Signore — che li pescheranno (Ger 16, 16). Così ci viene indicato il grande lavoro: pescare. Del mondo si parla o si scrive talora paragonandolo al mare. C'è verità in questo paragone. Nella vita umana, come nel mare, ci sono periodi di calma e di burrasca, di tranquillità e di venti forti. Frequentemente le creature si trovano a nuotare in acque amare, in mezzo a grandi ondate; camminano tra le tormente, in una corsa triste, anche quando sembra che non manchi loro l'allegria, ma un'allegria molto rumorosa: sono le risate con cui cercano di nascondere la sfiducia, il disgusto di una vita senza carità e senza comprensione. Gli uomini, come i pesci, si divorano l'un l'altro. È compito dei figli di Dio far sì che tutti gli uomini entrino — liberamente — nella rete divina, e così giungano ad amarsi. Se siamo cristiani, dobbiamo trasformarci in pescatori, come quelli descritti dal profeta Geremia, con la metafora che anche Gesù ha impiegato spesso: «Seguitemi — dice a Pietro e ad Andrea —, vi farò pescatori di uomini» (Mt 4, 19) (Amici di Dio, 259).

3. Conosci i dodici Apostoli

Sin dagli inizi del Cristianesimo, la Chiesa ci ha invitato a ricordare gli Apostoli, come i martiri e tutti i santi., e a chiedere la loro intercessione. «Quando, nel ciclo annuale, la Chiesa fa memoria dei martiri e degli altri santi, essa «proclama il mistero pasquale» in coloro «che hanno sofferto con Cristo e con lui sono glorificati; propone ai fedeli i loro esempi, che attraggono tutti al Padre per mezzo di Cristo, e implora per i loro meriti i benefici di Dio» (Catechismo, della Chiesa Cattolica n. 1173). Attualmente, nel calendario liturgico sono fissate le date per celebrare la memoria degli Apostoli.

I santi Filippo e Giacomo (detto il Minore) si celebrano il 3 maggio. Filippo nacque a Betsaida. Era stato prima discepolo di Giovanni il Battista e poi seguì Cristo. È conosciuto per quelle sue parole «Vieni e vedi» (Gv 1, 46), con le quali invita Natanaele a conoscere Gesù, «del quale hanno scritto Mosè e i profeti» (Gv 1, 45). Secondo diversi martirologi, predicò il Vangelo nella Scizia (Asia minore) e successivamente nella Lidia e nella Frigia (Medio Oriente), dove visse i suoi ultimi anni. San Giacomo, figlio di Alfeo, parente stretto del Signore, fu a capo della Chiesa di Gerusalemme, dove partecipò a quello che è noto come il primo concilio (cfr. At 15), e morì martire nell’anno 62. È considerato autore di una delle lettere del Nuovo Testamento.

San Mattia viene celebrato il 14 maggio. Venne eletto dagli apostoli a occupare il posto di Giuda, quale testimone della Resurrezione del Signore (cfr. At 1, 15-26). Secondo la tradizione, predicò dapprima in Giudea e poi in altri paesi. I greci sostengono che evangelizzò la Cappadocia e le coste del Mar Caspio, venne perseguitato dai popoli barbari tra i quali predicava e ottenne la corona del martirio nella Colchide (l’attuale Georgia), nel primo secolo.

San Pietro e san Paolo, colonne portanti della Chiesa, vengono celebrati il 29 giugno. San Pietro è l’apostolo che il Signore costituì capo della Chiesa e che conosciamo come il primo Papa. Predicò principalmente ai giudei e venne martirizzato a Roma. San Paolo venne chiamato dal Signore alla missione apostolica dopo la conversione. Non è uno dei Dodici, ma è conosciuto come “l’apostolo dei gentili” per mandato di Cristo: «Così infatti ci ha ordinato il Signore: Io ti ho posto per essere luce delle genti, perché tu porti la salvezza sino all'estremità della terra» (At 13, 47). Nei suoi numerosi viaggi predicò il Vangelo e fondò comunità cristiane per l’Impero Romano. Come Pietro, venne martirizzato a Roma.

San Tommaso si celebra il 3 luglio. È noto per la sua incredulità, ma anche per quelle sue parole «Signore mio e Dio mio!» (Gv 20, 28), con le quali è stato il primo a riconoscere esplicitamente la divinità di Gesù e che sono state accolte nella Liturgia come dimostrazione di fede. Secondo la tradizione, evangelizzò l’India, e venne martirizzato.

San Giacomo (detto il Maggiore) viene celebrato il 25 luglio. Nacque a Betsaida, era figlio di Zebedeo e fratello dell’apostolo Giovanni. È stato presente ai principali miracoli del Signore. Venne condannato a morte intorno all’anno 42. Sin dall’antichità è molto radicata la convinzione che san Giacomo abbia predicato il Vangelo ai confini dell’Occidente. Nel corso di questa predicazione, mentre si trovava a Saragozza, la Vergine gli apparve per incoraggiarlo a perseverare senza paura. Dopo l’invasione mussulmana, l’apostolo san Giacomo è venerato come patrono della Spagna e dei suoi regni cristiani. Il suo sepolcro a Santiago de Compostela attrae innumerevoli pellegrini da tutta la cristianità.

San Bartolomeo è celebrato il 24 agosto. Viene identificato con Natanaele, che l’apostolo Filippo condusse a Gesù (cfr. Gv 1, 45-51). Secondo la tradizione, accolta nel Martirologio Romano e da Eusebio di Cesarea, dopo l’Ascensione del Signore, predicò il Vangelo in India, dove portò una copia del vangelo di Matteo in aramaico e dove è stato martirizzato. La tradizione armena attribuisce a lui anche la predicazione del cristianesimo nel paese caucasico, assieme a san Taddeo. Tutti e due sono considerati santi patroni della Chiesa Apostolica Armena dato per essere stati i primi a fondare il cristianesimo in Armenia[1].

San Matteo si celebra il 21 settembre. Nacque a Cafarnao e quando Gesù lo chiamò esercitava la professione di esattore delle imposte (cfr. Mt 9, 9). È riconosciuto come l’autore del Vangelo con il quale inizia il Nuovo Testamento. Dei quattro evangelisti, è quello che viene rappresentato come un uomo. Secondo la tradizione, Matteo predico in molti luoghi, inclusa l’Etiopia, dove è morto martire.

I santi Simone e Giuda vengono celebrati il 28 ottobre. Giuda, detto Taddeo, è quell’apostolo che nell’ultima cena chiese al Signore perché si manifestava ai suoi discepoli e non al mondo (cfr. Gv 14, 22). Il nome di Simone è all’undicesimo posto nella lista degli apostoli. Sappiamo che nacque a Cana. Per la tradizione occidentale, come figura nella liturgia romana si unì in Mesopotamia con san Giuda e insieme predicarono diversi anni in Persia, dove furono martirizzati.

Sant’Andrea è celebrato il 30 novembre. Andrea, nato a Betsaida, inizialmente è stato discepolo di Giovanni Battista, seguì Cristo e gli presentò suo fratello Pietro. Lui e Filippo sono quelli che condussero a Gesù alcuni greci (cfr. Gv 12, 20-22), e proprio Andrea è stato chi disse al Signore che c’era un ragazzo con alcuni pani e dei pesci (cfr. Gv 19, 26). Secondo la tradizione, dopo Pentecoste predicò il Vangelo in molte regioni, soprattutto in Grecia, dove venne crocifisso.

San Giovanni si celebra il 27 dicembre. È conosciuto come “il discepolo amato da Gesù” (cfr. Gv 13, 23), è stato l’unico degli Apostoli rimasto ai piedi della croce con la Vergine Maria e altre pie donne ed è stato colui che ha ricevuto il compito di prendersi cura della Madre del redentore (cfr. Gv 19, 26). Secondo la tradizione, era il più giovane dei dodici Apostoli e andò ad evangelizzare l’Asia Minore. È l’unico degli Apostoli a non essere stato martirizzato e che è morto molto più tardi (verso la fine del I secolo o all’inizio del II secolo). È riconosciuto come autore del quarto Vangelo del Canone, delle tre lettere che hanno il suo nome e del libro dell’Apocalisse. Dei quattro evangelisti, è quello rappresentato come un’aquila.

Testi di san Josemaría per meditare

Ammirate anche il comportamento di san Paolo. Prigioniero per aver divulgato l'insegnamento di Cristo, non trascura nessuna occasione per diffondere il Vangelo. Di fronte a Festo e ad Agrippa non esita a dichiarare: «L'aiuto di Dio mi ha assistito fino a questo giorno, e posso ancora rendere testimonianza agli umili e ai grandi. Null'altro io affermo se non quello che i profeti e Mosè dichiararono che doveva accadere, che cioè il Cristo sarebbe morto, e che, primo tra i risorti da morte, avrebbe annunziato la luce al popolo e ai pagani» (At 26, 22-23). L'Apostolo non tace, non nasconde la sua fede, non rinuncia alla sua azione apostolica che aveva motivato l'odio dei suoi persecutori: continua ad annunciare la salvezza a tutte le genti. E, con audacia meravigliosa, affronta Agrippa: «Credi, o re Agrippa, nei profeti? So che ci credi» (At 26, 27). Quando Agrippa commenta: «Per poco non mi convinci a farmi cristiano!», Paolo risponde: «Per poco o per molto, io vorrei supplicare Dio che non soltanto tu, ma quanti oggi mi ascoltano diventassero così come sono io, eccetto queste catene!» (At 26, 28-29). Dove attingeva Paolo questa forza? Omnia possum in eo qui me confortat! (Fil 4, 13), posso tutto, perché è di Dio questa forza, questa speranza, questa carità. A me riesce molto difficile credere nell'efficacia soprannaturale di un apostolato che non sia appoggiato, solidamente fondato, su una vita di continua intimità col Signore. Durante il lavoro, sì; nella propria casa o nel bel mezzo della strada, attenti a tutti i problemi che ogni giorno si presentano, alcuni più importanti e altri meno. Proprio lì, non altrove, ma col cuore in Dio. Allora le nostre parole e le nostre azioni — perfino le nostre miserie — emaneranno il bonus odor Christi (2 Cor 2, 15), il profumo di Cristo, che gli altri inevitabilmente percepiranno: «Ecco un cristiano!». (Amici di Dio, 270 - 271).

4. Ci sono ancora Apostoli nel nostro tempo?

Il collegio apostolico, che è la maniera con la quale ci riferiamo agli Apostoli nel loro insieme, finisce con la morte dell’ultimo di loro. Tuttavia, gli apostoli fecero in modo di stabilire successori che continuassero la missione che Cristo aveva loro affidato sino alla fine del mondo (cfr. Lumen Gentium, 20). Un esempio di ciò lo riscontriamo nelle lettere di san Paolo. Timoteo e a Tito vennero creati vescovi di Efeso e Creta. «Come all'inizio della condizione di apostolo c'è una chiamata e un invio del Risorto, così la successiva chiamata e invio di altri avverrà, nella forza dello Spirito, a opera di chi è già costituito nel ministero apostolico. E’ questa la via per la quale continuerà tale ministero, che poi, cominciando dalla seconda generazione, si chiamerà ministero episcopale, “episcopé”» (Benedetto XVI, Udienza, 10 maggio 2006). Così, coloro che sono ordinati vescovi conservano quella che chiamiamo “successione apostolica”, continuazione degli Apostoli nel tempo della Chiesa.

Ciò che caratterizza gli Apostoli è principalmente il compito pastorale della predicazione, del governo e dell’amministrazione dei sacramenti, oltre all’essere stati testimoni oculari della vita di Cristo (cfr. 2P 1, 16). I vescovi, per quanto non siano stati testimoni oculari della vita di Cristo, ereditano dagli apostoli il compito pastorale. «Così, la successione nella funzione episcopale si presenta come continuità del ministero apostolico, garanzia della perseveranza nella Tradizione apostolica, parola e vita, affidataci dal Signore. (...). È allora Cristo che ci raggiunge: nella parola degli Apostoli e dei loro successori è Lui a parlarci; mediante le loro mani è Lui che agisce nei sacramenti; nel loro sguardo è il suo sguardo che ci avvolge e ci fa sentire amati, accolti nel cuore di Dio» (Benedetto XVI, Udienza, 10 maggio 2006).

D’altra parte, oltre ai vescovi, tutti i cristiani partecipano del mandato degli apostoli, della missione apostolica. «Tutta la Chiesa è apostolica in quanto rimane in comunione di fede e di vita con la sua origine attraverso i successori di san Pietro e degli Apostoli. Tutta la Chiesa è apostolica, in quanto è «inviata » in tutto il mondo; tutti i membri della Chiesa, sia pure in modi diversi, partecipano a questa missione» (Catechismo, 863). In effetti, essere cristiano vuol dire fare propria la vita di Cristo (cfr. Gal 2, 20), che è venuto per portare a tutti la verità (cfr. Gv 18, 37). «Innamorati di Cristo, i giovani sono chiamati a testimoniare il Vangelo ovunque con la propria vita» (Papa Francesco, Christus Vivit, n. 175). Quindi, seguire Cristo è già accogliere la missione apostolica: «Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a tutto il creato» (Mc 16, 15). Come ha sottolineato Papa Francesco, è compito di tutti i cristiani «riunire i popoli nell'unità del suo amore. Questa è la nostra speranza e questo è anche il nostro mandato: contribuire a questa universalità, a questa vera unità nella ricchezza delle culture, in comunione con il nostro vero Signore Gesù Cristo» (Papa Francesco, Udienza, 22 marzo 2006).

Testi di san Josemaría per meditare

Se lasci che la tentazione ti faccia dire: «Chi me lo fa fare?», dovrei risponderti: «Te lo comanda — te lo chiede — Cristo stesso». La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone della messe che mandi gli operai nella sua messe! (Mt 9, 37-38). Non concludere egoisticamente: «Non sono fatto per queste cose, c'è già chi ci pensa; mi sentirei un estraneo». No, non c'è chi ci pensa: quello che dici, potrebbero dirlo anche tutti gli altri. L'appello di Cristo è rivolto a tutti e singoli i cristiani. Nessuno è dispensato: né per ragioni di età, né di salute, né di attività. Non ci sono scuse. O diamo frutti di apostolato, o la nostra fede è sterile (Amici di Dio, 272).

Stiamo contemplando il mistero della Chiesa Una, Santa, Cattolica, Apostolica. È giunta l'ora di chiederci: condivido la sete di anime di Cristo? Prego per la Chiesa, della quale faccio parte, e nella quale devo realizzare una missione specifica, che nessun altro può fare in vece mia? Stare nella Chiesa è già molto: ma non basta. Dobbiamo essere Chiesa, perché nostra Madre non deve mai esserci estranea, al di fuori, lontana dai nostri pensieri più profondi. Concludiamo queste considerazioni sulle note della Chiesa. Con l'aiuto del Signore, esse resteranno impresse nelle nostre anime, confermando in noi un criterio chiaro, sicuro, divino, per amare di più questa Madre santa, che ci ha fatto nascere alla vita della grazia, e ci nutre giorno per giorno con inesauribile sollecitudine (La Chiesa nostra Madre, 33).


[1] San Bartolomeo Apostolo, Primeros Cristianos (23 agosto 2018)