Vangelo (Mt 11, 25-30)
In quel tempo Gesù disse:
Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza.
Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero.
Commento
Gesù prega a voce alta e l’evangelista ricorda le parole precise con le quali si rivolge a Dio: “Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt 11, 25-27). Lo chiama Padre e si rallegra perché predilige i più piccoli e a loro rivela le cose più profonde. Infatti Dio si compiace dei bambini giacché, come ricorda Papa Francesco, “i bambini sono in sé stessi una ricchezza per l’umanità e anche per la Chiesa, perché ci richiamano costantemente alla condizione necessaria per entrare nel Regno di Dio: quella di non considerarci autosufficienti, ma bisognosi di aiuto, di amore, di perdono. E tutti siamo bisognosi di aiuto, d’amore e di perdono”[1].
San Josemaría ebbe una prova di questa predilezione divina che, quando vuole, illumina i cuori di quelli che lo cercano con semplicità perché penetrino nell’intimità divina e colgano quel che comporta l’essere figli di Dio. Un’esperienza singolare che avvenne in un giorno preciso, il 16 ottobre 1931. Alcuni anni dopo richiamava alla memoria quello che visse quel giorno, vedendo compiute in se stesso le parole di Gesù ricordate da Matteo: “Vi potrei dire persino quando, persino il momento e il luogo di quella mia prima orazione di figlio di Dio. Imparai a dire Padre, nel Padrenostro, fin da bambino; ma sentire, vedere, ammirare quel volere di Dio che siamo suoi figli... per strada, su un tram, per un’ora, un’ora e mezza, non lo so; Abba, Pater!, devo aver gridato. Nel Vangelo ci sono parole meravigliose; lo sono tutte: ‘nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo’ (Mt 11, 27). Quel giorno ha voluto in modo esplicito, chiaro, definitivo che, assieme a me, vi sentiate sempre figli di Dio, di questo Padre che è nei cieli e che ci darà ciò che chiediamo nel nome di suo Figlio”[2].
Gesù ci ha dato l’esempio di questa umiltà e semplicità che ammira nei bambini. Così ne parlava san Josemaría nel meditare questo passo del Vangelo: “Gesù, nostro Signore, ci propone con frequenza l’esempio della sua umiltà: ‘imparate da me, che sono mite e umile di cuore’. Così tu e io impariamo che non c’è un altro cammino, perché solo la sincera conoscenza del nostro nulla ha la forza di attirare su di noi la grazia divina. Per noi Gesù venne a soffrire la fame e a dare cibo, venne a soffrire la sete e a dare da bere, venne rivestito della nostra mortalità e a rivestirci dell’immortalità, venne povero per farci ricchi”[3].
Nella scena del Vangelo che stiamo considerando, Gesù, dopo aver manifestato la propria felicità per il fatto che Dio predilige quelli che sono semplici come i bambini, aggiunge una cosa molto consolante: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi ristorerò” (Mt 11, 28). Orbene, mette una condizione per dare il riposo: “Prendete il mio giogo sopra di voi” (Mt 11, 29). “Che cos’è questo ‘giogo’, che invece di pesare alleggerisce, e invece di schiacciare solleva? – si domandava Benedetto XVI -. Il ‘giogo’ di Cristo è la legge dell’amore, è il suo comandamento, che ha lasciato ai suoi discepoli. Il vero rimedio alle ferite dell’umanità, sia quelle materiali, come la fame e le ingiustizie, sia quelle psicologiche e morali causate da un falso benessere, è una regola di vita basata sull’amore fraterno, che ha la sua sorgente nell’amore di Dio. Per questo bisogna abbandonare la via dell’arroganza, della violenza utilizzata per procurarsi posizioni di sempre maggiore potere, per assicurarsi il successo ad ogni costo”[4].
Francisco Varo
[1] Papa Francesco, Udienza generale, 18 marzo 2015.
[2] San Josemaría, In dialogo con il Signore, “Pregare con maggiore urgenza” (Meditazione del 24-XII-1969), n. 3.
[3] San Josemaría, Amici di Dio, 97.
[4] Benedetto XVI, Angelus, 3 luglio 2011.