Commento al Vangelo: Il pane del cielo

Vangelo della Solennità del Corpus Domini (Ciclo A) e commento al Vangelo.

Vangelo (Gv 6, 51-58)

– Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo.

Allora i giudei si misero a discutere aspramente fra loro:

– Come può costui darci la sua carne da mangiare?

Gesù disse loro:

– In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno.


Commento

Il vangelo della solennità del Corpus Domini è un frammento del discorso del pane di vita pronunciato da Gesù nella sinagoga di Cafarnao, dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. San Giovanni racconta che le parole di Gesù intorno al futuro mistero del suo Corpo e del suo Sangue provocarono sorpresa e rifiuto. Però la Chiesa non ha smesso di rinnovare giorno dopo giorno la sua fede riconoscente nella presenza reale di Gesù sotto le specie sacramentali; e per questo lo porta anche in processione per le strade, in modo che tutti possano adorarlo e ricevere le sue benedizioni.

Nel suo discorso Gesù fa riferimento alla famosa manna che Dio fece piovere nel deserto per gli israeliti e che li lasciò tanto stupiti. Il libro dell’Esodo racconta che “gli israeliti la videro e dissero l’un l’altro: - Man-hu: che cos’è? Perché non sapevano che cosa fosse. Mosé disse loro: - È il pane che il Signore vi ha dato in cibo” (Es 16, 15). È comprensibile che anche noi cristiani manifestiamo il nostro stupore davanti a un dono molto più sublime e misterioso qual è l’Eucaristia, che ci dà la vita eterna.

Gesù spiega che la manna del deserto prefigurava il vero pane del cielo che Dio avrebbe dato agli uomini per mezzo di suo Figlio. Anche il miracolo della moltiplicazione dei pani voleva prefigurare in qualche modo l’Eucaristia, e per questo fu il preludio del discorso di Gesù. Però quelli che mangiarono la manna del deserto morirono; così come quelli che cercavano Gesù solo perché avevano saziato il loro corpo. Il Signore invita a desiderare il vero pane del cielo che sazia le anime della fame che hanno di Dio e comunica loro la vita eterna; la vita dello stesso Gesù risuscitato.

Quando Gesù invitò a mangiare e bere il proprio corpo e il proprio sangue, avvenne il drammatico abbandono di molti dei suoi discepoli; ma la fede nella presenza reale del Corpo e del Sangue di Gesù sotto le specie sacramentali è uno degli elementi più caratteristici del credo cristiano. Inoltre , fin dai primi tempi della Chiesa appare chiaro che la fede trova fondamento nei testi del Nuovo Testamento, come questo discorso di Gesù o i racconti dell’istituzione dell’Eucaristia. Per esempio, verso l’anno 90 d. C. sant’Ignazio di Antiochia scriveva: “Si tengono lontani dall’Eucaristia e dall’orazione i doceti, perché non confessano che l’Eucaristia è la carne del nostro Salvatore Gesù Cristo, che soffrì per i nostri peccati e che, nella sua bontà, il Padre ha risuscitato”[1].

Nel commentare il discorso di Gesù, il Papa Francesco invitava a rinnovare questa fede eucaristica multisecolare e a lasciarci trasformare da Cristo nel riceverlo: “il pane è realmente il suo Corpo donato per noi, il vino è realmente il suo Sangue versato per noi. L’Eucaristia è Gesù stesso che si dona interamente a noi. Nutrirci di Lui e dimorare in Lui mediante la Comunione eucaristica, se lo facciamo con fede, trasforma la nostra vita, la trasforma in un dono a Dio e ai fratelli. Nutrirci di quel ‘Pane di vita’ significa entrare in sintonia con il cuore di Cristo, assimilare le sue scelte, i suoi pensieri, i suoi comportamenti. Significa entrare in un dinamismo di amore e diventare persone di pace, persone di perdono, di riconciliazione, di condivisione solidale. Le stesse cose che Gesù ha fatto”[2].

“Il nostro Dio ha deciso di rimanere nel tabernacolo per essere nostro alimento, per darci forza, per divinizzarci, per dare efficacia al nostro lavoro e al nostro sforzo”[3], diceva san Josemaría; e aggiungeva: “Il rinnovamento che si opera in noi, al ricevere il Corpo del Signore, deve essere manifestato nelle opere. Rendiamo dunque sinceri i nostri pensieri: che siano pensieri di pace, di donazione, di servizio. Rendiamo le nostre opere vere, chiare, opportune: che sappiano consolare e aiutare, che sappiano soprattutto portare agli altri la luce di Dio. Rendiamo le nostre azioni coerenti, efficaci, appropriate: abbiano il bonus odor Christi, il profumo di Cristo, che ce ne richiama il comportamento e la vita”[4].

Pablo M. Edo


[1] Sant’Ignazio di Antiochia, Lettera a quelli di Smirne, 7.

[2] Papa Francesco, Angelus, 16 agosto 2015.

[3] San Josemaría, È Gesù che passa, n. 151.

[4] Idem, n. 156.