Commento al Vangelo: Il poema dell'amore divino

Vangelo della 4ª domenica del Tempo Ordinario (Ciclo A) e commento.

Vangelo (Mt 5, 1-12)

Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:

Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi.


Commento

Il Vangelo di questa domenica riprende uno dei passaggi più sorprendenti e centrali della predicazione di Gesù: le beatitudini che, con il loro linguaggio paradossale, sono un insegnamento sulla vera felicità che tutti gli uomini cercano. San Josemaría li ha definite come “un poema dell’amore divino”[1]. Infatti, come spiega papa Francesco, “le Beatitudini sono il ritratto di Gesù, la sua forma di vita; e sono la via della vera felicità, che anche noi possiamo percorrere con la grazia che Gesù ci dona”[2]. Matteo ci mostra il Maestro sul monte, che predica con autorità e maestà. Mescolati tra la folla, oggi possiamo sentire le sue parole rivolte a noi.

“Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati”. Quando un cristiano cerca di imitare il Maestro “sperimenta l'intima relazione tra Croce e Resurrezione”[3], come spiegava Benedetto XVI. Uniti a Cristo, acquisiamo la forza di trasformare la sofferenza in amore redentore. Abbiamo allora la stessa gioia che il Signore ha sperimentato nella sua Passione, perché con essa il dono dello Spirito Santo ci ha raggiunto e ci ha aperto le porte del Paradiso. Con questa speranza e consolazione, il cristiano è consolazione per gli altri; “può avere il coraggio di condividere la sofferenza altrui e smette di fuggire dalle situazioni dolorose”, ci dice papa Francesco[4].

“Beati i poveri in spirito”. La povertà non è facoltativa nella vita di un cristiano: senza di essa non si è né discepoli né beati. Tutti noi dobbiamo vivere come il Maestro. E per incarnare la povertà in mezzo al mondo, san Josemaría raccomandava: “ti consiglio di essere parco con te stesso e molto generoso con gli altri; evita le spese superflue per lusso, per capriccio, per vanità, per comodità...; non crearti esigenze”[5]. Di fronte a un clima generale di consumismo, è necessario rivedere spesso se siamo distaccati dalle cose che usiamo; se viviamo con un equipaggiamento leggero per seguire da vicino Gesù e cominciare a possedere “il Regno di Dio”. Se viviamo la povertà, sapremo anche prenderci cura con generosità degli altri e soprattutto dei poveri e dei bisognosi, che non guarderemo mai con indifferenza.

“Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia”. Nell'opulenza dei ricchi e dei sazi non c'è spazio per Dio e per gli altri. D'altra parte, chi vive con sobrietà e temperanza comincia a “essere saziato” da Dio. Si tratta di godere dei beni terreni con gratitudine, ma in un modo che ci porti a desiderare i beni spirituali. Questa beatitudine ci invita anche a lavorare con fiducia nella provvidenza: mentre cerchiamo di guadagnarci il necessario sostentamento nella rettitudine, restiamo sereni di fronte alle possibili difficoltà, perché Dio non abbandona mai i suoi figli.

Infine, “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia”. La nostra coerenza di cristiani comuni può scandalizzare o infastidire gli altri. Ma dobbiamo avere il coraggio di riflettere nella nostra condotta retta il Volto amabile di Gesù che tutti gli uomini cercano. In questo possiamo seguire il consiglio dato da san Pietro ai primi cristiani: “se poi doveste soffrire per la giustizia, beati voi! Non sgomentatevi per paura di loro e non turbatevi, ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché, nel momento stesso in cui si parla male di voi, rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo. Se questa infatti è la volontà di Dio, è meglio soffrire operando il bene che facendo il male, perché anche Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito” (1Pt 3, 14-18). In breve, e contrariamente a quanto può sembrare, la nostra felicità non risiede nel possesso illimitato di beni. Non si tratta nemmeno di ottenere a tutti i costi l'approvazione degli altri. La felicità sta piuttosto nell'identificazione con Cristo.

Pablo Edo

[1] San Josemaría, Appunti di una meditazione, 25-XII-1972, (AGP, P09, p. 186), citazione pubblicata in E. Burkhart e J. López, Vita quotidiana e santità negli insegnamenti di san Josemaría, LEV, Roma, 2017.

[2] Papa Francesco, Udienza (6-VIII-2014).

[3] Benedetto XVI, Gesù di Nazareth, 100.

[4] Papa Francesco, Gaudete et exultate, n. 76.

[5] San Josemaría, Amici di Dio, 123.