Commento al Vangelo: La Croce come via di felicità

Vangelo e commento del venerdì della 18ª settimana del Tempo Ordinario.

Vangelo (Mt 16,24-28)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.
Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?
Perché il Figlio dell'uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni.
In verità io vi dico: vi sono alcuni tra i presenti che non moriranno, prima di aver visto venire il Figlio dell'uomo con il suo regno».


Commento

Questo passo del Vangelo segue subito dopo la dichiarazione di Pietro su Gesù: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente" (Mt 16, 16). Questa affermazione fu solennemente confermata dal Maestro che, allo stesso tempo, ordinò loro di non dire a nessuno che Egli è il Cristo (cfr. Mt 16, 20). Gli apostoli sarebbero stati colpiti dalla chiarezza con cui Gesù aveva confermato ciò che avevano intuito, ossia che il loro Maestro era il Messia tanto atteso.

In questa occasione, Gesù va sulla croce e invita i suoi discepoli a seguirlo: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua” (v.24). Contrariamente a ogni logica umana, la croce non implica una disgrazia, una disgrazia da evitare a tutti i costi, ma un'opportunità di accompagnare Gesù nella sua vittoria. Nella logica di Dio, la via che conduce al trionfo glorioso sul peccato e sulla morte passa attraverso la passione e la croce.

Nella sua predicazione, san Josemaría ricordò un sogno di un classico castigliano in cui si parla di due strade. Una è ampia e generosa, ma finisce in un precipizio senza fondo. È quella che i mondani seguono vertiginosamente. “In quel sogno, un altro sentiero si apre in diversa direzione: è così stretto e ripido, che è impossibile percorrerlo a dorso di mulo. Chi lo affronta, procede a piedi, a zig-zag, sereno in volto, in mezzo a cardi pungenti e schivando dirupi. In certi passaggi, i viandanti lasciano brandelli delle loro vesti e anche della propria carne. Ma, alla fine, li accoglie un giardino delizioso, la felicità eterna, il Paradiso. È la via delle anime sante che si umiliano, che volentieri, per amore a Cristo, si sacrificano per gli altri; è il percorso di chi non ha paura di andare in salita, addossandosi con amore la croce, per quanto pesante, perché sanno che, se il peso li fa vacillare, potranno rialzarsi e continuare a salire: Cristo è la forza di questi viandanti” [1].

L'obiettivo di ogni essere umano è raggiungere la felicità. Ma la felicità non si ottiene cercando sempre le cose più comode e desiderabili, bensì amando con determinazione, anche se l'amore comporta sacrifici. “Quel che occorre per raggiungere la felicità non è una vita comoda, ma un cuore innamorato”[2], diceva san Josemaría. “Perciò mi piace chiedere a Gesù, per me: «Signore, non un giorno senza croce!». Così, con la grazia divina, si rafforzerà il nostro carattere, e serviremo di appoggio al nostro Dio, al di sopra delle nostre miserie personali” [3].

Francisco Varo


[1] San Josemaría, Amici di Dio, n. 130.

[2] San Josemaría, Solco, n. 795.

[3] San Josemaría, Amici di Dio, n. 216

Francisco Varo