Commento al Vangelo: Noi siamo il tesoro di Dio

Vangelo e commento nella Solennità del Sacro Cuore di Gesù (ciclo C).

Vangelo (Lc 15, 37): 

Ed egli disse loro questa parabola:

Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l'ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: "Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta". Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.


Commento

Oggi celebriamo nella Chiesa la festa del Sacro Cuore di Gesù. Una festa in onore di nostro Signore. Il Sacro Cuore di Gesù è un simbolo di amore divino. Il cuore di Gesù come espressione della sua donazione e del suo amore totale agli uomini. San Giovanni dice: “avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine” (Gv 13, 1). Nel 1675, Gesù disse a santa Margarita Maria Alacoque che desiderava che la festa del Sacro Cuore si celebrasse il venerdì dopo l’ottava del Corpus Domini. Nel 1856 la festa del Sacro Cuore si trasformò in festa universale. San Giovanni Paolo II, grande devoto del Sacro Cuore, diceva: “Questa festa richiama il mistero dell’Amore che Dio nutre per gli uomini di ogni tempo”.

Per conoscere com’è fatto il Cuore di Gesù, la Chiesa ci offre oggi la parabola del Buon Pastore. Gesù è il pastore che appare, senza nome, nella storia della pecora smarrita. Il suo gregge è grande: le cento pecore di questa parabola rappresentano l'intera umanità. Tuttavia, per quanto numeroso sia il suo gregge, non gli è indifferente se perde anche una sola delle sue pecore. Gesù non arrotonda da novantanove a cento: se manca una pecora, sente che il suo gregge è incompleto. Andrà alla ricerca di quella perduta tra le montagne, le gole, le valli e non si fermerà finché non la troverà...

La solennità del Sacro Cuore di Gesù ha un significato molto profondo per i cristiani. Quando ci riferiamo al cuore di una persona pensiamo ai suoi affetti, ai suoi sentimenti, al suo modo di amare. Ma, come ricorda san Josemaría, “Quando la Sacra Scrittura parla del cuore, non intende un sentimento passeggero che porta all'emozione o alle lacrime. Parla del cuore — come testimonia lo stesso Gesù — per riferirsi alla persona che si rivolge tutta, anima e corpo, a ciò che considera il suo bene: Perché là dov'è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore (Mt 6, 21)”. (È Gesù che passa, n. 164).

Quest'ultima frase può essere un incoraggiamento a lasciarsi sorprendere dall'amore di Dio: dove è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore. Possiamo dire con certezza che noi siamo il tesoro di Dio.

“Noi abbiamo conosciuto l'amore che Dio ha per noi, e vi abbiamo creduto” (1 Gv 4, 16). L'apostolo usa due verbi: conoscere e credere. Sono due indizi che possono aiutarci a trarre vantaggio dalla solennità odierna, così apprezzata dalla pietà popolare della Chiesa. San Giovanni sa di trasmettere qualcosa di sublime, impossibile da esprimere a parole, ma ci prova ugualmente. Ecco perché nelle sue lettere sottolinea così tanto, in tutti i modi possibili, che Dio è Amore. Si dedica al compito di raccontarci tutto: perché sa di dire la verità, affinché anche tutti noi possiamo credere.

Conoscere il Sacro Cuore di Gesù per credere nel suo Amore è il bisogno più profondo del nostro cuore. Ricorriamo all'intercessione della Madonna, il cui cuore batteva all'unisono con quello di Cristo, per non smettere mai di stupirci di questo mistero: che siamo il tesoro del Cuore di Dio.