​Suonare le campane a distesa

L’Opus Dei nasce ogni volta che ogni donna e ogni uomo sono chiamati a farla diventare vita: abita nel “perenne oggi del Risorto”.

Gesù aveva molta familiarità con la campagna. Vi ambienta molti esempi e parabole. Sapeva come si coltivano la vite e il frumento, sapeva com’era la pianta e il seme della senape, parlava della coltivazione dei fichi... Uno degli elogi più grandi usciti dalla sua bocca riguardava la bellezza dei gigli, perché “neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro” (Lc 12, 27). Varie volte ha fatto riferimento al modo in cui le piante affondano le radici nel terreno (cfr. Lc 8, 13). L’immagine della radice è di grande importanza, perché si tratta di quella parte della pianta, nascosta, mediante la quale essa rimane fissata alla buona terra e si nutre. È invisibile, eppure è condizione di vita e di fecondità.

La radice di tutto ciò che è buono

Anche a san Josemaría piaceva utilizzare l’immagine della radice, che utilizzava in particolare per parlare del valore della santa Messa nella vita cristiana. È naturale pensarlo, se consideriamo che in ogni celebrazione si fa presente l’unico sacrificio di Gesù sulla croce, il momento in cui fu vinto il male e a noi sono state definitivamente aperte le porte del cielo. Da quell’atto di amore per noi scaturiscono i sacramenti, la Chiesa, la vita cristiana di tutte le persone di tutti i tempi. Attraverso la sua intima unione con il mistero della Croce potremmo dire che, in una maniera misteriosa, la santa Messa alimenta tutte le cose buone che accadono nel mondo[1]. Ecco perché san Josemaría cercava di celebrarla con tutta la fede, con tutta la pietà, con tutto l’amore di cui era capace.

Venerdì 14 febbraio 1930, in uno dei nuovi quartieri sorti come ampliamento di Madrid, nelle prime ore del mattino, il giovane Josemaría si dirigeva proprio a celebrare la Messa in un piccolo oratorio esistente in una casa di via Alcalá Galiano, a circa duecento metri dalla Plaza de Colón. Là viveva l’anziana madre di Luz Casanova, fondatrice delle Dame Apostoliche, che il giovane sacerdote assisteva spiritualmente. Poco dopo aver ricevuto il Signore, nel suo intimo sorse qualcosa di nuovo. A volte succede durante la Messa che nasca in noi il desiderio di identificarci di più con Gesù, di essere santo, di ricevere luci sul mistero di Dio... Ma questa volta si trattava di qualcosa di molto più grande del solito: comprese che, da quel momento, molte donne avrebbero ricevuto la chiamata di Dio a unirsi alla missione dell’Opus Dei, ricevuta poco più di un anno prima, facendo presente in mezzo la mondo la santità che viene dal Signore[2].

Quando cadde il cinquantesimo anniversario di quel giorno, il primo successore di san Josemaría a guida dell’Opera rilevava proprio che “dalla santa Messa, presenza sempre attuale del sacrificio di Gesù Cristo, irrompe nel mondo quella scintilla di amore divino che provocherà incendi di Amore in tanti cuori”[3].

Un dono sempre nuovo

Per san Josemaría le due date – 14 febbraio 1930 e il 2 ottobre 1928 – facevano parte di una stessa luce fondazionale, erano due note di uno stesso accordo. Ben presto avrebbe lasciato una traccia scritta di questo nei suoi Apuntes íntimos: “Ricevetti l’illuminazione su tutta l’Opera[4]. Poco più tardi, nel pieno del conflitto della guerra civile spagnola, scrive una lettera alle persone dell’Opera che sono sparse in diversi luoghi, nella quale chiede loro di innalzare ogni giorno una preghiera a Dio per il Padre, nome che con il passare del tempo sarebbe stato chiamato chi si trovava a capo di quella famiglia. Successivamente consiglia loro di cominciare a recitare questa preghiera “dal 14 febbraio prossimo, giorno di ringraziamento come il 2 ottobre”[5].

Le caratteristiche precise della missione che san Josemaría ricevette da Dio si andarono delineando con il tempo, come una persona che scopre a poco a poco le direzioni dalle quali proviene una melodia. Però si potrebbe dire che la parte più importante di questa missione è “divulgare tra gli uomini la chiamata divina alla santificazione, promuovendo un’opera – che più avanti prenderà il nome di Opus Dei – il cui fine sia proprio quello di divulgare la ricerca della santità e l’esercizio dell’apostolato in mezzo al mondo”[6]. Un altro carattere specifico è il fatto che questa missione si sarebbe realizzata dall’interno della società stessa, nella vita di cristiani e di cristiane comuni che abitano, in maniera autentica, nella loro patria. Tutto questo, grazie alla salda convinzione di essere figli di Dio, che vivono in un mondo e in un tempo che ci sono stati regalati per la nostra felicità. Questa è la luce che san Josemaría ricevette. Il 14 febbraio 1930 apparve chiaro che Dio voleva che molte donne illuminassero la propria vita e il proprio ambiente con questa medesima luce.

Lo spirito dell’Opus Dei è, anzitutto, un dono sempre nuovo che Dio fa al mondo; non si tratta di un progetto elaborato da menti umane per risolvere problemi del passato o di qualche luogo in particolare[7]. L’Opera nasce continuamente con ogni persona chiamata a farla diventare vita: abita nel “perenne oggi del Risorto”[8]. Perciò, per andare verso il futuro, con la stessa audacia di Dio, faremo risuonare continuamente nei nostri orecchi la melodia del 2 ottobre 1928 e del 14 febbraio 1930. Così potremo riscoprire, a qualunque età, quella “valanga travolgente”[9] che lo Spirito Santo ha preparato per noi e per le persone che ci stanno accanto.

L’unione più forte

Inoltre, una parte essenziale del compito che Dio ha affidato a san Josemaría – affidato in seguito a tanti attraverso di lui – consiste nel modo particolare in cui coltiviamo le relazioni con le persone che cercano di vivere questo stesso spirito. Questo modo particolare è in realtà quello della vita di una famiglia. All’interno di questo disegno di Dio, la presenza della donna nell’Opera acquista una particolare rilevanza. Mons. Fernando Ocáriz scriveva che questa presenza è “un presupposto necessario perché nell’Opus Dei esista di fatto uno spirito di famiglia”[10]. Effettivamente l’Opera è, soprattutto, una grande famiglia con uomini e donne di tutte le età, nella quale ciascuno e ciascuna apportano il loro modo di essere, i loro talenti e i loro interessi personali. Questa caratteristica fa sì che ogni persona, individualmente, sia il centro delle attenzioni e delle preghiere di tutti, soprattutto quando, per qualche motivo, ne ha bisogno in maniera particolare. Dice il libro dei Salmi: “Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme! [...] Là il Signore dona la benedizione e la vita per sempre” (Sal 133, 1.3). Caratteristico di una famiglia è generare lo spazio idoneo, fertile, nel quale ogni membro possa trovare il luogo in cui gettare le radici, sapendo di essere pienamente accolto e felice.

Al tempo stesso san Josemaría ritenne che le attività apostoliche dell’Opus Dei – vale a dire, gli ambiti di formazione e di governo, insieme ai luoghi nei quali si svolgono – si portassero avanti separatamente per gli uomini e per le donne. Questo, naturalmente, non è in contrasto con la profonda unità che muove i cuori di tutti. In un’epoca in cui veniamo a conoscenza di sempre nuove maniere di stare uniti agli altri attraverso la tecnologia o il trasporto, possiamo apprezzare l’unione e la comunicazione più forte di tutte: quella spirituale, che avviene attraverso la comunione dei santi. Non vi sarà mai uno sviluppo scientifico capace di eguagliarla, perché è Dio stesso che la compie.

La beata Guadalupe Ortiz de Landázuri, come tutte le persone che sono vissute con Dio, verificò in molti modi questo tipo di unione. Mercoledì 4 giugno 1958 don Álvaro aveva lasciato per la prima volta il Santissimo Sacramento nel tabernacolo del Centro dell’Opera a Madrid dove lei abitava. Raccontando alcuni particolari di questo avvenimento, Guadalupe scriveva in una lettera a san Josemaría, che si trovava in Italia, a più di mille chilometri di distanza: “[don Álvaro] ci ha parlato di Roma e ci sembrava di stare lì accanto al Padre, come in realtà siamo sempre e vogliamo esserlo sempre di più anche se, come ora, siamo lontani”[11]. Tutti coloro che hanno provato un amore autentico, riflesso dell’amore divino, sanno che i limiti dello spazio fisico sono molto relativi.

Nel dialogo del nostro tempo

Terminato il Concilio Vaticano II, a metà degli anni sessanta, la Chiesa rivolgeva queste parole a tutte le donne: “È venuta l’ora in cui la vocazione della donna si completa in pienezza [...]. È per questo, in questo momento nel quale l’umanità sperimenta una così profonda trasformazione, che le donne imbevute dello spirito del Vangelo possono aiutare tanto”[12]. Da quegli anni ai nostri giorni è passato più di mezzo secolo nel quale, alcune volte velocemente, è cambiato il modo in cui la donna – e, insieme a lei, l’uomo – è stata considerata nella società. È un processo ancora in corso, nel quale le donne dell’Opus Dei sono chiamate a mettere “in gioco tutta la loro ricchezza spirituale e umana con le persone del nostro tempo”[13]. È proprio questa la missione divina trasmessa a san Josemaría nel 1928: dare ai cambiamenti nella società, dall’interno, il volto di Cristo, che è il protagonista della storia.

“ Figlie mie – diceva san Josemaría un 14 febbraio –, io vorrei che oggi vi rendiate conto delle tante cose che il Signore, la Chiesa, l’umanità intera si aspettano dalla Sezione femminile dell’Opus Dei; e che, consapevoli di tutta la grandezza della vostra vocazione, la amiate sempre più”[14]. La vocazione delle donne nell’Opus Dei è una vocazione apostolica, una luce che il Signore ha suscitato, non per “metterla in un luogo nascosto”, ma perché, in mezzo e attraverso le stanchezze e le incomprensioni che non mancheranno, possa essere posta “sopra il lucerniere” (Lc 11, 33), in modo che a tutti ne arrivi la luminosità e il calore.

“Dalla santità della donna dipende in gran parte la santità delle persone che le stanno accanto”[15], ha affermato recentemente il prelato dell’Opus Dei. Perciò ogni 14 febbraio è una giornata di preghiera riconoscente a Dio, oltre che di festa: perché, in continuità con il 2 ottobre, quel giorno si è aperta una strada di autentica gioia cristiana per molte donne e, di conseguenza, per tutti. Questo sottolinea il diario del Centro nel quale abitavano molte donne dell’Opus Dei a Roma, accanto a san Josemaría, in un anniversario di questa data: “Oggi è un giorno grande, felice, pieno di gioia per noi. È un giorno in cui tutte le campane di Roma dovrebbero suonare a distesa, un giorno da passare interamente ringraziando Dio. Ed è anche un giorno da festeggiare, perché è come se fosse l’onomastico e il compleanno di tutte”[16].

Andrés Cárdenas


[1] Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 1324 e 1330.

[2] Letteralmente, nel 1948 scrive: “Non posso dire che vidi, ma sì che intellettualmente, nei particolari (poi ho aggiunto altre cose sviluppando la visione intellettuale), ho colto ciò che doveva essere la Sezione femminile dell’Opus Dei”. Citato in Andrés Vázquez de Prada, Il fondatore dell’Opus Dei, I, Leomardo International, Milano 1999, p. 335.

[3] Beato Álvaro del Portillo, Lettera 9-I-1980, Crónica 1980, p. 105.

[4] San Josemaría, Apuntes íntimos, n. 306. Citato in Andrés Vázquez de Prada, Il fondatore dell’Opus Dei, I, p. 310 (il corsivo non è nell’originale).

[5] San Josemaría, Lettera circolare ai suoi figli, 9-I-1938. Citato in Andrés Vázquez de Prada, Il fondatore dell’Opus Dei, II, p. 254.

[6] José Luis Illanes, “Dos de octubre de 1928: Alcance y significado de una fecha”, in Scripta Theologica, vol. 13/2-3 (1981) p. 86.

[7] Cfr. San Josemaría, Instrucción acerca del espiritu sobrenatural de la Obra de Dios, n. 15.

[8] Papa Francesco, Es. Ap. Gaudete et exsultate, 19-III-2018, n. 173.

[9] San Josemaría, Lettera 25-V-1962, n. 41. Citato in Andrés Vázquez de Prada, Il fondatore dell’Opus Dei, I, p. 318.

[10] Mons. Fernando Ocáriz, “La vocación al Opus Dei como vocación en la Iglesia”, in El Opus Dei en la Iglesia, Rialp, Madrid 1993, p. 190.

[11] Lettera a san Josemaría, 4-VI-1958, in Lettere a un santo, Ufficio Comunicazione dell’Opus Dei, 2019.

[12] San Paolo VI, Messaggio alle donne, nella chiusura del Concilio Vaticano II, 8-XII-1965.

[13] Mons. Fernando Ocáriz, Lettera del Prelato, 5-II-2020.

[14] San Josemaría, Omelia, 14-II-1956. Citato in Francisca R. Quiroga, “14 de febrero de 1930: la transmisión de un acontecimiento y un mensaje”, in Studia et Documenta, vol. 1 (2007), p. 181.

[15] Mons. Fernando Ocáriz, Lettera del Prelato, 5-II-2020.

[16] Diario di Villa Sacchetti, 14-II-1950. Citato in in Francisca R. Quiroga, “14 de febrero de 1930: la transmisión de un acontecimiento y un mensaje”, p. 179.