Un gruppo di studentesse e giovani professioniste che frequentano la residenza universitaria Celimontano si è impegnato a visitare regolarmente venti detenuti del carcere di Lanciano: “Un'esperienza di incontro che ci ha sorprese, commosse - racconta Simona, una delle volontarie - e che ci ha permesso di andare oltre i nostri pregiudizi: spesso questi ragazzi hanno aperto il cuore a noi, perfette sconosciute, piombate lì da un contesto così distante dal loro, raccontandoci i dolori più agghiaccianti della loro vita, parlandoci anche con dolcezza e riconoscenza delle loro famiglie, dei loro figli, delle mogli che ancora li aspettano, anche nei casi in cui la libertà è ancora lontana.
la nostra attenzione non si è focalizzata sui reati commessi ma sulle scintille di bene
Inaspettatamente la nostra attenzione non si è focalizzata sui reati commessi ma sulle scintille di bene e di dolcezza che abbiamo colto negli occhi di queste persone. Guardando Marco, Stefano e Francesco non vedevamo l'assassino, il mafioso o il trafficante di droga. Il nostro interesse era focalizzato sulla persona e non sul reato, la curiosità malevola scemava, sostituita dal desiderio di incontro."
tanti tra i nostri amici hanno messo in discussione la visione stereotipata della realtà carceraria
Sotto la guida della direttrice della struttura, la dott.ssa Avantaggiato, le ragazze hanno proposto varie attività ai detenuti: sessioni di storytelling dove a gruppi di quattro i detenuti potevano raccontare la propria esperienza partendo da foto o ritagli di giornale; giochi a squadre per stimolare la capacità di cooperazione e debriefing; letture di racconti, sketch, canzoni o monologhi per stimolare la capacità di ascoltarsi e accogliersi reciprocamente, valorizzando i talenti di tutti. "È stata un’esperienza che abbiamo vissuto insieme, noi, un piccolo gruppo di ragazze, ma che ha prodotto fin da subito un effetto moltiplicatore: tanti tra i nostri amici, colleghi e familiari hanno messo in discussione la propria visione, spesso stereotipata, della realtà carceraria. Si sono infatti concessi di mettere in dubbio il luogo comune che su queste persone non valga la pena investire risorse, energie e tempo.
Osservando la dott.ssa Avantaggiato abbiamo toccato concretamente cosa significha santificare il proprio lavoro ogni giorno, guardando alle persone senza fermarsi davanti ai pregiudizi.”