Vita di Maria (X): Magistero, Padri e santi

La fuga in Egitto di Giuseppe, Maria e il Bambino, viene vista da diverse angolazioni: il Magistero, i Padri della Chiesa, i santi…

La voce del Magistero

«Dopo aver adorato il Signore e aver soddisfatto la loro devozione, i Magi, secondo l'avvertimento ricevuto in sogno, ritornarono al loro Paese per un'altra strada. Ora che credevano in Cristo, non dovevano infatti percorrere la strada della loro vita precedente ma, entrati nella nuova strada, evitarono gli errori che avevano abbandonato. Era necessario rendere vane le manovre di Erode, che, con il pretesto dello zelo, preparava un empio tranello al Bambino Gesù.

Vedendo il suo piano andare in fumo e la sua speranza beffata, il re andò su tutte le furie. Ricordando la data indicata dai Magi, rovesciò la rabbia della sua crudeltà su tutti i bambini di Betlemme e in un massacro generalizzato fece uccidere tutti i neonati della città, facendoli passare alla gloria eterna. Pensò che nessun bambino fosse scampato alla morte in quel luogo e pertanto che anche Cristo fosse morto. Ma Egli, che aveva riservato ad altra data l'effusione del suo sangue per la redenzione del mondo, era fuggito in Egitto portato là dalla sollecitudine dei suoi genitori. Riacquistava così l'antica culla del popolo ebreo ed esercitava il principato dell'altro Giuseppe, facendo uso di un potere e di una provvidenza molto più grande della sua, perché veniva a liberare i cuori degli egiziani dalla fame più tremenda di ogni indigenza, che essi subivano per l'assenza della verità, poiché Egli era venuto dal cielo come vero pane di vita (cfr. Gv 6, 51). Di modo che questo paese non sarebbe rimasto mai più estraneo alla preparazione del mistero dell'unica vittima; un paese dove, con l'immolazione dell'agnello, erano stati prefigurati per la prima volta il segno salutare della croce e la Pasqua del Signore».

San Leone Magno, Papa (V secolo)

Omelia 3 nella solennità dell'Epifania

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«La sofferenza fa parte dell'esistenza umana. Essa deriva, da una parte, dalla nostra finitezza, dall'altra, dalla massa di colpa che, nel corso della storia, si è accumulata e anche nel presente cresce in modo inarrestabile. Certamente bisogna fare tutto il possibile per diminuire la sofferenza: impedire, per quanto possibile, la sofferenza degli innocenti; calmare i dolori; aiutare a superare le sofferenze psichiche. Sono tutti doveri sia della giustizia che dell'amore che rientrano nelle esigenze fondamentali dell'esistenza cristiana e di ogni vita veramente umana. Nella lotta contro il dolore fisico si è riusciti a fare grandi progressi, anche se la sofferenza degli innocenti e le sofferenze psichiche sono piuttosto aumentate nel corso degli ultimi decenni.

Sì, dobbiamo fare di tutto per superare la sofferenza, ma eliminarla completamente dal mondo non sta nelle nostre possibilità, semplicemente perché non possiamo scuoterci di dosso la nostra finitezza e perché nessuno di noi è in grado di eliminare il potere del male, della colpa che – lo vediamo – è continuamente fonte di sofferenza. Questo potrebbe realizzarlo solo Dio: solo un Dio che personalmente entra nella storia facendosi uomo e soffre in essa. Noi sappiamo che questo Dio c'è e che perciò questo potere che “toglie il peccato del mondo" ( Gv 1, 29) è presente nel mondo. Con la fede nell'esistenza di questo potere, è emersa nella storia la speranza della guarigione del mondo».

Benedetto XVI (XXI secolo)

Lettera enciclica Spe salvi , 30-XI-2007, n. 36.

La voce dei Padri

«Apparso, dunque, l'angelo, parla non con Maria, ma con Giuseppe, e gli dice: alzati, prendi con te il bambino e sua madre ( Mt 2, 13). Nell'udire questo, Giuseppe non si scandalizza e non dice: è tutto assurdo. Tu stesso, non molto tempo fa, mi dicevi che Egli avrebbe salvato il suo popolo, e ora non è capace neppure di salvare se stesso, ma siamo costretti a fuggire, a intraprendere un viaggio e un lungo trasferimento: questo è il contrario della tua promessa. Però niente di tutto questo egli dice, perché Giuseppe è un uomo fedele. Non domanda neppure quando ritorneranno, malgrado l'angelo avesse lasciato la cosa indeterminata, avendogli detto: e resta là finché non ti avvertirò ( ibid. ). Tuttavia, non per questo si blocca, ma obbedisce, crede e sopporta tutte le prove serenamente. È ben vero che Dio, amante degli uomini, mescola lavoro e dolcezze, uno stile che Egli adotta con tutti i santi. I pericoli e le consolazioni Egli non ce li dà in continuazione, ma degli uni e degli altri va intessendo la vita dei giusti. E così fece con Giuseppe».

San Giovanni Crisostomo (IV secolo)

Omelia sul Vangelo di San Matteo, 8, 3.

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«Erode teme, i magi desiderano; questi desiderano incontrare il re, quello teme di perdere il regno. Alla fine, tutti lo cercano: quelli, per vivere con Lui; l'altro, perché vuole ucciderlo. Erode, per commettere contro di Lui un grande peccato; i magi, perché perdoni tutti i loro peccati. Erode fa morire molti bambini con l'intenzione di ucciderne uno ben preciso; e mentre causa un così crudele e sanguinoso massacro nelle persone di tanti innocenti, è lui il primo a causare la propria morte con tanta cattiveria. Frattanto il nostro re, la Parola che ancora non parla, mentre i magi lo adoravano e i bambini morivano per Lui, o giaceva coricato oppure veniva allattato, e ancor prima di parlare trovava credenti, ancor prima di patire faceva dei martiri.

O bambini felici, appena nati, mai tentati, mai forzati a lottare, e già incoronati! Non crede che siete stati incoronati, avendo sofferto per Cristo, chi pensa che a nulla serva ai bambini il battesimo di Cristo. Ancora non avevate l'età per credere in Cristo, che avrebbe sofferto anche la sua passione, però avevate carne nella quale soffrire per Lui, che nella carne soffrirà a suo tempo. In nessun modo abbandonerà questi bambini la grazia del Salvatore, il Bambino che era venuto a cercare quello che si era perduto, non solo mediante la sua nascita, ma anche appeso alla Croce. Chi ha potuto avere come banditori della propria nascita gli angeli, come proclamatori i cieli e come adoratori i magi, ha potuto concedere loro di non morire qui per Lui, sapendo che con quella morte sarebbero periti e non sarebbero vissuti in una felicità maggiore. Lungi, lungi da noi pensare che, venendo a liberare gli uomini, Cristo non si sia preoccupato di ricompensare quelli che sarebbero morti per Lui, che, appeso alla Croce, pregò anche per i suoi uccisori».

Sant'Agostino (IV-V secolo)

Sermone 373, 2-3 .

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«Che cosa temi, Erode, sentendo che è nato un Re? Egli non è venuto a estromettere te, ma a sconfiggere il Maligno. Tu, però, non capisci queste cose e perciò ti turbi e t'infuri, e perché non ti sfugga colui che cerchi, dimostri la tua crudeltà dando la morte a tanti bambini. Neppure il dolore delle madri che gemono, né il lamento dei genitori per la morte dei loro figli, né i lamenti e i gemiti dei bambini ti fanno desistere dal tuo proposito. Uccidi il corpo dei bambini, perché la paura ha ucciso il tuo cuore [...].

Senza saperlo, i bambini muoiono per Cristo; i genitori si addolorano per i martiri. Cristo ha fatto degni testimoni suoi quelli che ancora non potevano parlare. Ecco in che modo regna Colui che è venuto per regnare; ecco che il liberatore concede la libertà e il salvatore dà la salvezza... O grande dono della grazia! Di chi sono i meriti perché trionfino così i bambini? Ancora non parlano e già confessano Cristo; ancora non possono affrontare le battaglie avvalendosi delle proprie membra, e già ottengono la palma della vittoria».

San Quodvultdeus (V secolo)

Sermone 2, sul Simbolo .

La voce dei santi

« Abbiamo visto la sua stella in Oriente, e siamo venuti ad adorarlo. All'udir queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme ( Mt 2, 2-3). Ancora oggi si ripete questa scena. Davanti alla grandezza di Dio, davanti alla decisione pienamente umana e profondamente cristiana di vivere in modo coerente la propria fede, non mancano coloro che, sconcertati, si meravigliano o addirittura si scandalizzano. Sembra che non concepiscano altra realtà che quella che rientra nei loro limitati orizzonti terreni. Davanti alle prove di generosità di quanti hanno ascoltato la chiamata del Signore, sorridono con un senso di superiorità, si spaventano o – in alcuni casi veramente patologici – concentrano tutti i loro sforzi per impedire la santa decisione che una coscienza ha preso in piena libertà.

Io ho assistito, in più di una occasione, a ciò che potrei chiamare una mobilitazione generale contro chi aveva deciso di dedicare tutta la vita al servizio di Dio e degli uomini. Vi sono delle persone convinte che il Signore non può scegliere chi vuole Lui, secondo il suo beneplacito, senza chiedere il loro permesso; o convinte che l'uomo non è capace di piena libertà per rispondere di sì all'Amore o respingerlo. La vita soprannaturale delle singole anime è qualcosa di secondario per chi ragiona in questo modo. Ritengono che essa meriti attenzione solamente dopo che sono state soddisfatte fin le più piccole comodità e tutti gli egoismi umani [...].

Pensate a Erode: è un potente della terra, e ha la possibilità di servirsi della collaborazione dei sapienti. Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s'informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia ( Mt 2, 4). Ma la sua potenza e la sua scienza non lo portano a riconoscere Dio. Per il suo cuore indurito, potere e scienza sono strumenti di malizia, di desiderio vano di annientare Dio, di disprezzo per la vita di un pugno di bambini innocenti».

San Josemaría (XX secolo)

È Gesù che passa , n. 33.

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«Non rattristiamoci per la loro morte, ma rallegriamoci, piuttosto, perché hanno ricevuto il meritato premio. Quando essi morirono fra i tormenti, Rachele – ossia, la Madre Chiesa – li accompagnò con lutto e lacrime. Ma la Gerusalemme celeste, che è Madre di tutti noi, accolse immediatamente con segni di gioia quelli che erano stati scacciati dalla terra e li introdusse nella gloria del loro Signore, perché da Lui ricevessero la corona. Per questo motivo san Giovanni afferma che “ tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, avvolti in vesti candide, e portavano palme nelle mani " ( Ap 7, 9). Ora, incoronati, stanno in piedi davanti al trono di Dio gli stessi che prima giacevano, distrutti dalle sofferenze, davanti ai tribunali terreni. Si trovano alla presenza dell'Agnello e non potrebbero essere esclusi, per nessun motivo, dalla contemplazione della sua gloria, allo stesso modo che qui giù nessun supplizio poté separarli dall'amore [...]. “Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo santuario" ( Ap 7, 15).

Stare alla presenza di Dio, lodarlo ininterrottamente, non è un servizio faticoso, ma quanto mai gradito e desiderabile; l'espressione “giorno e notte" non ha un significato propriamente temporale, ma indica in modo simbolico la perpetuità. Nella città di Cristo “non vi sarà più notte" ( Ap 21, 25), ma un giorno unico, più felice di mille giorni in qualunque altro luogo. In quel giorno Rachele non piangerà più per i suoi figli, perché “Dio tergerà ogni lacrima dai suoi occhi" ( Ap 7, 17); vi saranno invece “grida di giubilo e di vittoria nelle sue tende" (Sal 117, 15)».

San Beda il Venerabile (VII-VIII secolo)

Omelia sui Santi Innocenti 1, 10.