Un santo all'Opera

Estratto dell’articolo di Mauro Anselmo pubblicato sulla rivista “Panorama” lo scorso 1° novembre.

(…) Il lavoro ben fatto come mezzo della propria elevazione a Dio. La professione vista non tanto come premessa per il successo, quanto come strumento di perfezionamento spirituale davanti all'Altissimo. E il tempo in ufficio e in fabbrica, davanti ai fornelli della cucina o ai comandi di una torre di controllo, trasformato in dono e preghiera attraverso una formazione spirituale rigorosa, molto rigorosa, che considera la vocazione e la santità come meta da realizzare nella propria vita.

«Mi chiedi se il lavoro più importante è il tuo o quello dell'usciere? Ti rispondo: è quello fatto con più amore di Dio»: cosi insegnava Josemaría Escrivá, di origine aragonese e fondatore dell'Opus Dei…

(…) Manifestazioni, dibattiti, pubblicazioni e filmati in un calendario che viene definito del «Centenario»…., il 2002, esattamente a un secolo di distanza dalla nascita di Escrivá, avvenuta nel 1902…. Si è cominciato con l'inaugurazione di una scuola di elettromeccanica in Nigeria: «Il paese ha un tasso di disoccupazione al 60 per cento e nonostante le tensioni fra le comunità religiose» sottolinea l'ingegner Giuseppe Corigliano, portavoce per l'Italia «le lezioni sono aperte a tutti, cattolici e musulmani senza differenze di razze e di tribù».

Il 13 ottobre, a Napoli, Cesare Romiti e il ministro delle Attività produttive Antonio Marzano hanno discusso delle opere sociali realizzate in Congo, Perù, Filippine e alla periferia di Roma. Il 9 novembre, davanti alle autorità di governo e di altre università, saranno presentate le esperienze della Clinica universitaria di Pamplona e del nuovissimo campus biomedico di Roma. E il 9 gennaio a Roma si svolgerà un megacongresso internazionale sulla «Grandezza della vita quotidiana» ispirato dall'insegnamento di Escrivá. Ci saranno i suoi «figli», come li chiamava: tecnici e ingegneri, operai e casalinghe, finanzieri che ragionano in euro e pregano l'Angelo custode, … manager che recitano quotidianamente il rosario baciando la corona come ha insegnato loro il fondatore. L'«homo operis Dei» è stato forgiato da questo insegnamento. È preparato e serio, ma davanti ai problemi di coscienza può diventare scomodo. Non rischia la propria santificazione per obbedire a un ordine che urta i principi cristiani, non è uno yes-man che sacrifica la fedeltà a Dio alle ragioni di camera o di potere…

(…) Perché siete cosi potenti? «Madre Teresa di Calcutta era potente? L'Opus Dei è la stessa cosa: la santità è unica, ma iniettata nel torrente circolatorio della società. Questa è la novità dell'Opera: aiutare a essere santi sia il contadino delle Ande sia il banchiere di Wall Street. Quando dissero a Escrivá che un suo figlio era diventato ministro, lui troncò subito dicendo: che mi importa se fa il ministro o lo spazzino? A me interessa che faccia il suo lavoro con amore di Dio. Le iniziative che fanno capo all'Opera sono educative e assistenziali. Altre non ve ne sono».

Ingegner Corigliano, sta dicendo che anche questa della potenza è una leggenda sull'Opus Dei? «L'Opera cura la formazione spirituale degli aderenti e nient'altro. Con questa impostazione che potere si può controllare? Noi non chiediamo alle persone potere o favori, chiediamo piuttosto che si confessino spesso».

Una frase del beato Escrivá per i nostri tempi? «Il primo punto di Cammino (Editrici Ares e Mondadori, ndr): "Che la tua vita non sia una vita sterile"».

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