Tema 4. Dio Creatore

La creazione è un mistero di fede ma anche una verità rivelata che è accessibile alla ragione umana. Dio ha creato tutto “non per accrescere la sua gloria, ma per manifestarla e comunicarla”. La conoscenza e la contemplazione della potenza, della sapienza e dell’amore di Dio generano nell’uomo un atteggiamento di riverenza, adorazione e umiltà e lo portano a vivere alla presenza di Dio nella consapevolezza di essere figlio Suo.

L’importanza della creazione deriva dal fatto che è “il fondamento di tutto il disegno salvifico di Dio […]; l’inizio della storia della salvezza che culmina in Cristo[1]”. La Bibbia e il Credo iniziano con la professione della nostra fede in Dio Creatore.

A differenza degli altri grandi misteri della nostra fede (la Trinità e l’Incarnazione), la creazione è “una prima risposta agli interrogativi fondamentali dell’uomo circa la propria origine e il proprio fine”[2], domande che lo spirito umano si pone e alle quali dà delle risposte parziali, nei racconti delle origini presenti nelle diverse culture religiose dei popoli e nella riflessione dei filosofi[3]. Ciò nonostante, la specificità della nozione di creazione è stata compresa di fatto solo con la rivelazione giudaico-cristiana.

La creazione è un mistero di fede ma è anche una verità accessibile alla ragione[4]. In forza di questa caratteristica, la creazione è un buon punto di partenza per l’evangelizzazione e il dialogo che i cristiani sono chiamati oggi a realizzare, così come già fece San Paolo nell’Areopago di Atene[5].

La creazione di solito si distingue tra l’atto creatore di Dio (la creazione active sumpta), e la realtà creata che è l’effetto di tale azione divina (la creazione passive sumpta).

1. “La creazione è opera comune della Santissima Trinità”

La Rivelazione manifesta l’azione creatrice di Dio come il frutto della sua onnipotenza, della sua sapienza e del suo amore. Si è soliti attribuire la creazione al Padre[6], la redenzione al Figlio e la santificazione allo Spirito Santo. Tuttavia, dato che le opere ad extra della Trinità (la prima delle quali è appunto la creazione) sono comuni alle Persone divine, è lecita la domanda circa il ruolo specifico di ognuna di esse poiché “ogni Persona divina compie l’operazione comune secondo la sua personale proprietà”[7]. Questo è il senso della tradizionale attribuzione di onnipotenza, sapienza e amore rispettivamente all’operare creatore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

  1. “Creatore del cielo e della terra”

“In principio Dio creò il cielo e la terra”. Con queste prime parole della Scrittura, si esprimono tre verità: 1) il Dio eterno ha dato principio a tutto quello che esiste fuori di lui. 2) Lui solo è creatore (il verbo “creare” - in ebraico bara- ha sempre come soggetto Dio). 3) La totalità di ciò che esiste (espressa dalla formula “il cielo e la terra”) dipende da colui che gli dà di essere”[8]. Solo Dio può creare in senso proprio, cioè solo Lui può dare origine alle cose dal nulla (ex nihilo) - e non a partire da qualcosa di pre-esistente - perché per questo si richiede la potenza attiva infinita propria solo di Dio[9].

È corrretto quindi attribuire l’onnipotenza creatrice al Padre giacché Lui è nella Trinità, secondo un’espressione classica, fons et origo, ossia la Persona dalla quale procedono le altre due, principio senza principio.

La fede cristiana afferma che la distinzione fondamentale nella realtà è quella che si dà tra Dio e le sue creature. Questo concetto rappresentò una grande novità nei primi secoli, un’epoca nella quale la polarità tra materia e spirito dava origine a visioni inconciliabili tra loro (materialismo e spiritualismo, dualismo e monismo). Il cristianesimo introduceva una discontinuità affermando che anche la materia (così come lo spirito) è creata dall’unico Dio trascendente. Secoli dopo Tommaso d’Aquino sviluppò una metafisica della creazione che definiva Dio come l’Essere Sussistente (Ipsum Esse Subsistens). In quanto Causa Prima, Egli trascende assolutamente il mondo ma allo stesso tempo è intimamente presente in esso in virtù della partecipazione del suo essere alle creature, le quali dipendono in tutto da chi è l’origine del loro essere. Come già aveva ricordato sant’Agostino, Dio è superior summo meo e, nello stesso tempo, intimior intimo meo.

b) “per mezzo di lui tutte le cose sono state create”

La letteratura sapienziale dell’Antico Testamento presenta il mondo come frutto della sapienza di Dio[10]. “Non è il prodotto di una qualsivoglia necessità, di un destino cieco o del caso”[11], ma possiede un’intelligibilità che la ragione umana, in quanto partecipe della luce dell’Intelletto divino, può cogliere, non senza sforzo e con uno spirito di umiltà e di rispetto verso il Creatore e la sua opera[12]. Questo sviluppo raggiunge la sua piena espressione nel Nuovo testamento allorché identifica il Figlio con il Logos e afferma che la sapienza di Dio è una Persona, il Verbo Incarnato per mezzo del quale tutto è stato fatto[13]. San Paolo esprime tale relazione tra la creazione e Cristo chiarendo che tutte le cose sono state create in lui, per mezzo di lui e in vista di lui [14].

All’origine del cosmo c'è dunque una ragione creatrice[15].

Fin dai suoi inizi il cristianesimo ha avuto una grande fiducia nella capacità della ragione umana di conoscere e la sicurezza che mai la ragione (scientifica o filosofica) potesse giungere a conclusioni contrarie alla fede, poiché entrambe scaturiscono da una medesime origine. Non è raro tuttavia incontrare persone che evidenziano pretese inconciliabilità, ad esempio tra creazione ed evoluzione.

In realtà un’epistemologia adeguata all’esperienza non solo distingue gli ambiti propri delle scienze naturali e della fede, ma riconosce alla filosofia un necessario ruolo di mediazione, in quanto le scienze, con le loro prospettive specifiche e i metodi loro propri, non esauriscono tutta la ricchezza della ragione umana; d’altro canto la fede, che fa riferimento allo stesso mondo del quale si occupano le scienze, ha bisogno di categorie filosofiche per potersi esprimere e mettersi così in dialogo con la razionalità umana.

Per queste ragioni, la Chiesa ha cercato fin dai suoi inizi un dialogo con la ragione: una ragione consapevole della sua natura creata (in quanto non si è data da sé la propria esistenza, né dispone completamente del suo futuro), una ragione aperta a ciò che la trascende, in definitiva aperta alla Ragione originaria. Paradossalmente, una ragione chiusa in se stessa, che crede di poter trovare dentro di sé la risposta alle domande più profonde, finisce per affermare l’assurdità dell’esistenza in quanto rifiuta di riconoscere l’intelligibilità del reale (nichilismo, irrazionalismo).

c) “Signore e datore di vita”

“Noi crediamo che il mondo trae origine dalla libera volontà di Dio, il quale ha voluto far partecipare le creature al suo essere, alla sua saggezza e alla sua bontà: ‘Tu hai creato tutte le cose e per la tua volontà furono create e sussistono’[…]. Buono è il Signore verso di tutti e la sua tenerezza si espande su tutte le creature”[16]. Di conseguenza, «scaturita dalla bontà divina, la creazione partecipa di questa bontà ("E Dio vide che era cosa buona […], cosa molto buona” Gn 1,4.10.12.18.21.31). La creazione, infatti, è voluta da Dio come un dono fatto all’uomo»[17].

Questo carattere di bontà e di donazione libera consente di scoprire nella creazione l’azione dello Spirito - che “aleggiava sopra le acque”[18]-, la Persona che nella Trinità è Dono, Amore sussistente tra il Padre e il Figlio. La Chiesa proclama la sua fede nell’opera creatrice dello Spirito Santo, datore di vita e fonte di ogni bene. L’affermazione cristiana della divina libertà creatrice permette di superare il riduzionismo di altre visioni che, mettendo in Dio la necessità, finiscono per cadere nel fatalismo o nel determinismo. Non c’è nulla, né dentro, né fuori di Dio che lo obblighi a creare. Qual è allora il fine che lo muove? Che cosa si propone creandoci?

2. “Il mondo è stato creato per la gloria di Dio” (Concilio Vaticano I)

Dio ha creato tutto “non per accrescere la sua gloria, ma per manifestarla e comunicarla”. Ribadendo questo insegnamento di San Bonaventura, il Concilio Vaticano I (1870) dichiara che “nella sua bontà e con la sua onnipotente virtù, non per aumentale la sua beatitudine, né per acquistare perfezione, ma per manifestarla attraverso i beni che concede alle sua creature, questo solo vero Dio ha, con la più libera delle decisioni, insieme, dall’inizio dei tempi, creato dal nulla l’una e l’altra creatura, la spirituale e la corporale”[19].

Quando si afferma quindi che il fine della creatura è la gloria di Dio, non si sta affermando una sorta di egocentrismo divino, quanto piuttosto che Dio, per così dire, esce da sé per comunicarsi alle creature. “La gloria di Dio è che si realizzi la manifestazione e la comunicazione della sua bontà in vista delle quali il mondo è stato creato. Fare di noi i suoi ‘figli adottivi per opera di Gesù Cristo’, è il benevolo disegno della sua volontà … a lode e gloria della sua grazia: ‘Infatti la gloria di Dio è l’uomo vivente e la vita dell’uomo è la visione di Dio”[20].

Diversamente da una dialettica degli opposti (come il dualismo manicheo o l’idealismo monista di stampo hegeliano) dire che la gloria di Dio è il fine della creazione non vuol dire negare l’uomo, quanto piuttosto che è il requisito indispensabile al suo compimento. L’ottimismo cristiano affonda le sue radici nella esaltazione simultanea di Dio e dell’uomo: “L’uomo è grande solo se Dio è grande”. Si tratta di un ottimismo e di una logica che affermano l’assoluta priorità del bene ma non per questo sono ciechi di fronte alla presenza del male nel mondo e nella storia, come si vedrà nel prossimo tema. È questo soprattutto il punto centrale del cristianesimo: Dio ha creato tutto per Cristo, Dio e uomo: la sua esaltazione gloriosa eleva l’umanità e al tempo stesso manifesta lo splendore della divinità.

3. Il carattere temporale della creazione e l’evoluzione

L’effetto dell’azione creatrice di Dio è la totalità del mondo creato, “cieli e terra”[21]. Il IV Concilio Lateranense (1215) insegna che Dio è “Creatore di tutte le cose, visibili e invisibili, spirituali e corporee, che per la sua onnipotente virtù e fin dal principio del tempo, ha creato dal nulla ogni creatura, quella spirituale e quella corporea, ossia quella angelica e quella mondana, e poi quella umana”. Questo significa, come detto sopra, che il cristianesimo supera sia il monismo (che afferma che la materia e lo spirito si confondono, che le realtà di Dio e del mondo si identificano) sia il dualismo ( secondo il quale materia e spirito sono principi originari opposti).

D’altra parte questo insegnamento afferma che se l’azione creatrice appartiene all’eternità di Dio, l’effetto di tale azione è segnato dalla temporalità. La Rivelazione afferma che il mondo è stato creato con un inizio temporale, ossia che è stato creato assieme al tempo, cosa che è coerente con il progetto divino di manifestarsi nella storia della salvezza. Si tratta di una verità rivelata che la ragione non può dimostrare, così come insegna Tommaso d’Aquino nella famosa disputa medievale sull’eternità del mondo. Dio guida la storia per mezzo della sua provvidenza.

La creazione ha quindi un inizio, ma non per questo si esaurisce nel momento iniziale: piuttosto si configura come una creazione continua giacché l’intervento creatore di Dio non viene mai meno. Secondo la Bibbia, la creazione è un’azione divina che prosegue nella storia fino al culmine finale nella nuova creazione. Si capisce bene quindi che non ci sia nulla di più lontano dalla visione cristiana di una mentalità immobilista, secondo la quale tutto è già perfettamente fissato fin dall’inizio. In una visione dinamica, invece, alcuni aspetti della teoria dell’evoluzione trovano la loro collocazione senza difficoltà, tenendo però sempre presente che bisogna distinguere i piani, rispettando cioè la diversità tra la sfera dell’azione e della causalità di Dio e quella dell’azione e della causalità degli esseri creati.

Quando la prima assorbe la seconda, si arriva a un inaccettabile soprannaturalismo (come se Dio facesse tutto e le creature fossero marionette nelle mani dell’unico agente divino). Sopravvalutare la seconda a scapito della prima porterebbe a una visione altrettanto limitata: il deismo naturalista, secondo il quale Dio non può agire in un mondo autosufficiente.

4. Creazione e salvezza

La creazione «è il primo passo verso l'Alleanza dell'unico Dio con il suo popolo» (Compendio, 51). Nella Bibbia la creazione è aperta all’azione salvifica di Dio nella storia, che raggiunge la sua pienezza nel mistero pasquale di Cristo e che raggiungerà la sua perfezione finale alla fine dei tempi.

Dio ha creato il mondo in vista del sabato, il settimo giorno nel quale il Signore si riposò, il giorno nel quale culmina la prima creazione e che si apre all’ottavo giorno, quando ha inizio un’opera ancora più meravigliosa: la Redenzione, la nuova creazione in Cristo (2 Cor 5,7; cfr. Catechismo, 345-349). Si evidenzia in questo modo la continuità e l’unità del disegno di Dio di creazione e redenzione.: la creazione è il primo evento di salvezza e la salvezza della redenzione ha le caratteristiche di una nuova creazione. Questa relazione illumina aspetti importanti della fede cristiana: ad esempio che la natura è ordinata alla grazia o che c’è un unico fine soprannaturale dell’uomo.

5. La verità della creazione nella vita del cristiano

La radicalità dell’azione creatrice e salvifica di Dio richiede una risposta che abbia lo stesso carattere di totalità: “amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze” [22]. Allo stesso tempo, l’universalità dell’azione divina ha un significato intensivo e uno estensivo: Dio crea e salva tutto l’uomo e tutti gli uomini. Corrispondere alla sua chiamata ad amarlo con tutto il nostro essere è intrinsecamente vincolato alla comunicazione del suo amore a tutti gli uomini.

Così, quando si dice che l’apostolato è la sovrabbondanza della vita interiore, si esprime in una dinamica analoga all’operare divino, che sgorga dall’intensità dell’essere, dalla sapienza e dall’amore trinitario e si diffonde su tutte le sue creature.

La conoscenza e la contemplazione della potenza, della sapienza e dell’amore di Dio generano nell’uomo un atteggiamento di riverenza, adorazione e umiltà e lo portano a vivere alla presenza di Dio nella consapevolezza di essere figlio Suo.

Consapevole che tutto è stato creato per la gloria di Dio, il cristiano cerca di comportarsi in ogni circostanza cercando il vero fine che riempie la sua vita di felicità: la gloria di Dio e non la propria vanagloria. Nel suo agire, egli si sforza di rettificare l’intenzione che lo muove in modo da poter affermare che l’unico fine della sua vita è questo: Deo omnis gloria!

La grandezza e bellezza delle creature risveglia la meraviglia nelle persone e le spinge a porsi la domanda sull’origine e il destino del mondo e dell’uomo e a intravedere la realtà del Creatore. Nel dialogo con i non credenti, il cristiano può suscitare queste domande affinché le loro intelligenze e i loro cuori si aprano alla luce del Creatore. Allo stesso modo, nel suo dialogo con i credenti delle altre religioni, il cristiano ha nella creazione un eccellente punto di partenza, poiché si tratta di una verità in parte condivisa e che costituisce la base dei valori morali fondamentali della persona.

Santiago Sanz


Bibliografia di base

  • Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 279-301.
  • Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 51-54.
  • San Giovanni Paolo II, Credo in Dio Padre. Catechesi sul Credo (I), Edizioni PIEMME, 1987.
  • San Josemaría, “Amare il mondo appassionatamente”, in “Conversazioni con Mons. Escrivà de Balaguer”, nn. 113-123.

[1] Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 51.

[2] Ibidem.

[3] Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 285.

[4] Cfr. Ibidem.

[5] Cfr. At 17, 16-34.

[6] Cfr. Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 52.

[7] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 285.

[8] Ivi, n. 290.

[9] Ivi, n. 296-298.

[10] Cfr. Sb 9,9.

[11] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 295.

[12] Cfr. Gb 42,3; Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 299.

[13] Cfr. Gv 1, 1-3.

[14] Cfr. Col 1,16-17.

[15] Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 295.

[16] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 295.

[17] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 299.

[18] Gn 1,2.

[19] Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 293.

[20] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 294.

[21] Gv, 1,1.

[22] Cfr. Dt 6,5. cfr Mt 22,37; Mc 12,30; Lc 10,27.