Tema 15. La Chiesa fondata da Cristo

Durante la sua vita Cristo ha cercato di chiarire come avrebbe desiderato che fosse la sua Chiesa. La Chiesa è la comunità di tutti quelli che hanno ricevuto la grazia rigeneratrice dello Spirito per la quale sono figli di Dio. Tutti i battezzati partecipano del sacerdozio comune: sono chiamati a mettere Dio e gli altri in relazione. Il movimento ecumenico è un’attività ecclesiale mediante la quale si cerca l’unità visibile tra i cristiani nell’unica Chiesa fondata da Cristo.

1. Cristo ha fondato la Chiesa?

    La Chiesa è un mistero, vale a dire, una realtà nella quale entrano in contatto e in comunione Dio e gli uomini. Chiesa viene dal greco “ekklesia”, che significa assemblea dei convocati. Nell’Antico Testamento fu utilizzata per tradurre il “quahal Yahweh”, o assemblea riunita da Dio con un proposito di culto. Sono esempi di ciò l’assemblea sinaítica e quella che si riunì ai tempi del re Giosia al fine di lodare Dio e per ritornare alla purezza della Legge (riforma). Nel Nuovo Testamento ha varie accezioni, in continuità con l’Antico Testamento, ma designa in particolare il popolo che Dio convoca e riunisce da tutti gli angoli della terra per costituire l’assemblea di tutti quelli che, mediante la fede nella sua Parola e il Battesimo, sono figli di Dio, membra di Cristo e tempio dello Spirito Santo[1].

    «La Chiesa trova origine e compimento nel disegno eterno di Dio. Fu preparata nell'Antica Alleanza con l'elezione d'Israele, segno della riunione futura di tutte le nazioni. Fondata dalle parole e dalle azioni di Gesù Cristo, fu realizzata soprattutto mediante la sua Morte redentrice e la sua Risurrezione. Fu poi manifestata come mistero di salvezza mediante l'effusione dello Spirito Santo a Pentecoste. Avrà il suo compimento alla fine dei tempi come assemblea celeste di tutti i redenti»[2].

    La Chiesa non è stata fondata dagli uomini, e non è neppure una nobile risposta umana a una esperienza della salvezza compiuta da Dio in Cristo. Nei misteri della vita di Cristo, l’unto dallo Spirito, si sono compiute le promesse annunciate nella Legge e nei profeti. La Chiesa si è fondata nella sua vita tutta intera. Non c’è un unico momento nel quale Cristo ha fondato la Chiesa, l’ha fondata nell’intera sua vita: dall’incarnazione fino alla morte, risurrezione, ascensione e con l’invio del Paraclito. In tutta la sua vita Cristo, nel quale abitava lo Spirito, ha fatto vedere come doveva essere la sua Chiesa. Dopo la sua Ascensione, lo Spirito fu inviato a tutta la Chiesa e in essa rimane ricordando tutto quello che il Signore ha detto agli apostoli e guidandola nel corso della storia verso la sua pienezza. Egli è la causa della presenza di Cristo nella sua Chiesa attraverso i sacramenti e attraverso la Parola e la arricchisce continuamente con diversi doni gerarchici e carismatici[3]. Con la sua presenza trova compimento la promessa del Signore di essere sempre con i suoi sino alla fine dei tempi[4].


    2. Il popolo di Dio, corpo di Cristo e comunione dei santi

      Nella Sacra Scrittura la Chiesa riceve nomi diversi, ognuno dei quali sottolinea alcuni aspetti particolari del mistero della comunione di Dio con gli uomini. “Popolo di Dio” è un titolo attribuito a Israele. Quando si applica alla Chiesa, nuovo Israele, si vuol dire che Dio non ha voluto salvare gli uomini isolatamente, ma costituendoli in un unico popolo riunito dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, che lo conoscesse nella verità e lo servisse santamente[5].

      Significa anche che la Chiesa è eletta da Dio. Il Popolo è di Dio e non è proprietà di nessuna cultura, governo o nazione. Inoltre è una comunità visibile che è in cammino - tra le nazioni - verso la patria definitiva. In quest’ultimo senso si può dire che «Chiesa e sinodo sono sinonimi»[6]. Tutti camminiamo insieme verso una stessa destinazione comune, tutti siamo chiamati a una stessa missione, tutti siamo uniti in Cristo e nello Spirito Santo con Dio Padre. In questo popolo tutti hanno la comune dignità di figli di Dio, una missione comune di essere sale della terra, un fine comune che è il Regno di Dio. Tutti partecipano delle tre funzioni di Cristo[7].

      Quando diciamo che la Chiesa è il “corpo di Cristo” vogliamo sottolineare che, mediante l’invio dello Spirito Santo, Cristo unisce intimamente a sé i fedeli, soprattutto nell’Eucaristia, perché in essa i fedeli rimangono e crescono uniti nella carità formando un solo corpo nella diversità dei membri e delle funzioni. Inoltre si afferma che la salute e la malattia di un membro si ripercuote in tutto il corpo[8] e che i fedeli, come membra di Cristo, sono suoi strumenti per operare nel mondo[9]. La Chiesa è chiamata anche “Sposa di Cristo”[10], e questo mette in evidenza, nell’unione che la Chiesa ha con Cristo, la distinzione tra Cristo e la sua Chiesa. Inoltre ribadisce che l’Alleanza di Dio con gli uomini è definitiva: Dio è fedele alle sue promesse e la Chiesa gli corrisponde con fedeltà come Madre feconda di tutti i figli di Dio.

      Il Concilio Vaticano II ha ripreso un’antica espressione per indicare la Chiesa: “comunione”. Con ciò si afferma che in essa si espande tra gli uomini l’intima comunione della Santissima Trinità; che già su questa terra essa è comunione con la Trinità divina, benché non ancora manifestata nella sua pienezza. Oltre che di comunione, la Chiesa è segno e strumento di tale comunione per tutti gli uomini. Grazie ad essa siamo partecipi della vita intima di Dio e facciamo parte della famiglia di Dio come figli nel Figlio[11] mediante lo Spirito. Questo avviene in modo specifico nei sacramenti, soprattutto nell’Eucaristia, chiamata spesso anche comunione[12].

      La Chiesa è communio sanctorum: comunione dei santi, vale a dire, la comunità di tutti quelli che hanno ricevuto la grazia rigeneratrice dello Spirito grazie alla quale sono figli di Dio, uniti a Cristo e chiamati santi. Alcuni camminano ancora su questa terra, altri sono già morti e si purificano anche con l’aiuto delle nostre preghiere. Altri, infine, godono già della visione di Dio e intercedono per noi. La comunione dei santi vuole anche dire che tutti noi cristiani abbiamo in comune i doni santi, al centro dei quali c’è l’Eucaristia, tutti gli altri sacramenti che ad essa si ordinano e tutti gli altri doni e carismi.

      Attraverso la comunione dei santi, i meriti di Cristo e di tutti i santi che ci hanno preceduti sulla terra ci aiutano nella missione che lo stesso Signore ci chiede di adempiere nella Chiesa. I santi che stanno in Cielo non assistono con indifferenza alla vita della Chiesa peregrinante e sono in attesa che la pienezza della comunione dei santi avvenga con la seconda venuta del Signore, il giudizio e la risurrezione dei corpi. La vita concreta della Chiesa pellegrina e di ognuno dei suoi membri ha una grande importanza per la realizzazione della sua missione, per la purificazione di molte anime e per la conversione di tante altre: «Dal fatto che tu e io ci comportiamo come Dio vuole - non dimenticarlo - dipendono molte cose grandi»[13].

      Nello stesso tempo, purtroppo può succedere che i fedeli non rispondano come Dio vuole, a causa delle loro limitazioni, dei loro errori o del peccato che commettono. Alcune parabole del Regno spiegano che il frumento convive con la zizzania, i pesci buoni con i cattivi, sino alla fine del mondo. San Paolo riconosceva che gli Apostoli tenevano il grande tesoro in vasi di creta[14] e nel Nuovo Testamento vi sono parecchie ammonizioni contro i falsi profeti e contro chi scandalizza gli altri (per esempio, Ap 2 e 3)[15]. Come nella Chiesa primitiva, anche ora i peccati dei cristiani (ministri o fedeli non ordinati) hanno ripercussioni sulla missione e sugli altri cristiani. Esse sono più grandi quando chi pecca - per azione o per omissione - è un ministro o ha la responsabilità di vegliare sugli altri, provocando scandalo, cioè invito a peccare. Pure quando i peccati danneggiano la comunione, a volte in modo molto evidente, mai essi potranno offuscare del tutto la santità della Chiesa né annullare completamente la sua missione, perché questo equivarrebbe ad affermare che il male è più potente dell’amore che Dio ha profuso e continua a profondere per gli uomini. Inoltre, la ripercussione del bene che tanti cristiani fanno, benché meno visibile, è molto più grande di quella del peccato. Le preghiere di tutti i cristiani per il Papa, per i vescovi, per tutto il clero, per i religiosi e per i laici è una risposta di fede a questa situazione che la Chiesa vivrà fino a quando il suo mistero si compirà nella Patria. Pur riconoscendo la presenza dei peccatori nella Chiesa, nostro Padre affermava che «non per questo siamo autorizzati a giudicare la Chiesa con criteri umani, senza fede teologale, fondandoci solamente sulle qualità più o meno esemplari di taluni ecclesiastici o di taluni cristiani. Chi fa così rimane alla superficie. La cosa più importante da scorgere nella Chiesa non è il modo con cui rispondono gli uomini, ma l’azione di Dio. La Chiesa è questo: Cristo presente in mezzo a noi, Dio che viene incontro all’umanità per salvarla, chiamandoci con la sua rivelazione, santificando con la sua grazia, sostenendoci con il suo costante aiuto nelle piccole e grandi battaglie della vita quotidiana. Possiamo anche arrivare a non avere fiducia negli uomini; anzi, ciascuno di noi è tenuto a non fidarsi di se stesso e a concludere le sue giornate con un mea culpa, con un atto di contrizione profondo e sincero. Ma non abbiamo il diritto di non fidarci di Dio. E non aver fiducia nella Chiesa, nella sua origine divina, nell’efficacia salvifica della sua predicazione e dei suoi sacramenti, è come non aver fiducia in Dio stesso e non credere pienamente nella realtà della discesa dello Spirito Santo»[16].

      Sulla terra la comunione dei santi è organicamente strutturata, perché Cristo e lo Spirito l’hanno fondata e la mantengono come sacramento della Salvezza, vale a dire, mezzo e segno con il quale Dio offre la Salvezza all’umanità. La Chiesa è strutturata internamente secondo le relazioni che si stabiliscono tra quelli che, in virtù del Battesimo, hanno il sacerdozio comune e quelli che hanno ricevuto in aggiunta il dono del sacerdozio ministeriale mediante il sacramento dell’Ordine. Inoltre la Chiesa è strutturata esternamente nella comunione delle Chiese particolari, formate a immagine della Chiesa universale e ognuna presieduta da un proprio vescovo. Analogamente tale comunione avviene in altre realtà ecclesiali. La Chiesa, così strutturata, serve allo Spirito di Cristo per la missione[17].


      3. Il sacerdozio comune

        Entrando nella Chiesa, il cristiano rinasce in Cristo e, con Lui, è fatto re e sacerdote mediante il segno della Croce; mediante l’unzione dello Spirito è consacrato sacerdote. Inoltre alcuni ricevono il sacramento dell’Ordine, con il quale sono abilitati a rendere Cristo sacramentalmente presente agli altri fedeli, loro fratelli, a predicare la Parola di Dio e a guidare i loro fratelli in ciò che concerne la fede e la vita cristiana. Con questa distinzione tra la condizione comune cristiana e i ministri consacrati, Dio ci fa vedere che desidera comunicare la sua grazia attraverso altri, che la salvezza non proviene da noi stessi e non dipende dalle nostre capacità personali. Nella Chiesa di Dio vi sono pertanto due modi essenzialmente diversi di partecipare al sacerdozio di Cristo, che sono reciprocamente ordinati tra loro; quest’ordinamento reciproco non è una semplice condizione morale per lo svolgimento della missione, ma il modo in cui il sacerdozio di Cristo si rende presente su questa terra[18].

        Il sacerdozio non si riduce, pertanto, a un servizio specifico all’interno della Chiesa, perché tutti i cristiani hanno ricevuto un carisma specifico e si riconoscono membri di una stirpe regale e partecipi della funzione sacerdotale di Cristo[19]. È una condizione comune a tutti i cristiani, uomini e donne, laici e ministri consacrati, che è stata ricevuta con il Battesimo e rafforzata con la Confermazione. Su questa base, tutti i cristiani hanno in comune la condizione di fedeli, ovvero di essere «incorporati a Cristo mediante il Battesimo, sono costituiti membri del popolo di Dio. Resi partecipi, secondo la propria condizione, della funzione sacerdotale, profetica e regale di Cristo, sono chiamati ad attuare la missione affidata da Dio alla Chiesa. Tra loro sussiste una vera uguaglianza nella loro dignità di figli di Dio»[20]. Il sacerdozio comune si esercita nella risposta alla chiamata alla santità e a continuare la missione di Cristo, che tutti hanno ricevuto con il Battesimo.

        Nell’ebraismo, nelle religioni che sono sorte intorno a Israele e in molte altre religioni è il sacerdote che fa da mediatore. Pertanto, colui che vuole entrare in relazione con Dio deve chiedere al sacerdote che lo faccia a suo nome. La funzione del sacerdote è di mediazione: unire gli uomini con Dio e Dio con gli uomini, offrire sacrifici e benedire. Per spiegare il sacerdozio dei fedeli i Padri della Chiesa sottolineavano che ogni cristiano ha un accesso diretto a Dio. Visto che tutti partecipiamo del sacerdozio di Cristo, tutti i cristiani si rapportano a Dio in modo diretto.

        In sostanza, il cristiano, data la sua unione a Cristo, è in grado di offrire sacrifici spirituali, portare il mondo a Dio e Dio al mondo. Tutti i battezzati sono chiamati e mettere Dio e gli altri in relazione. C’è una dimensione ascendente e un’altra discendente del sacerdozio comune. Quella ascendente ci rende capaci di elevare a Dio la nostra vita con tutto ciò che comporta, insieme con Cristo. In Lui, nella Santa Messa, le nostre piccole attività e i sacrifici acquistano un valore di eternità. Più avanti, nel Cielo, li vedremo trasfigurati.

        La dimensione discendente del sacerdozio comune comporta che il sacerdote comunichi i doni di Dio agli uomini. È quello che ci fa strumenti della santità degli altri, per esempio, con il nostro apostolato. Questo accade nella missione dei genitori quando aiutano i loro figli a crescere nella fede, nella speranza e nella carità, oppure nella santificazione del matrimonio e della vita in famiglia. Accade anche quando avviciniamo a Dio i nostri amici e i nostri colleghi di lavoro: «Mentre svolgete la vostra attività nel cuore stesso della società, lasciandovi coinvolgere in tutte le nobili aspirazioni e in tutte le rette attività degli uomini, non dovete perdere di vista il profondo senso sacerdotale che ha la vostra vita: dovete essere mediatori in Cristo Gesù per portare a Dio ogni cosa e perché la grazia divina vivifichi tutto»[21]. Questa missione santificatrice dei cristiani non ordinati è intimamente unita alla missione santificatrice dei ministri consacrati e alle relative necessità. San Josemaría lo spiegava quando parlava in particolare dell’apostolato dei suoi figli, chiarendo che «ognuno si sforza di essere apostolo nel proprio ambiente di lavoro e avvicina le anime a Cristo mediante il proprio esempio e la propria parola: il dialogo. Ma nell’apostolato, nel condurre le anime sulla strada della vita cristiana, ci si imbatte nel “muro sacramentale”. Il ruolo santificatore del laico ha bisogno del ruolo santificatore del sacerdote, il quale amministra il sacramento della Penitenza, celebra l’Eucaristia e proclama la parola di Dio in nome della Chiesa»[22].

        Il sacerdozio comune comprende anche la missione regale di Cristo, per la quale tutti i cristiani fanno in modo che Cristo regni nella loro vita e nel loro ambiente, servendo gli altri, specialmente nei poveri, nei malati e in tutti quelli che hanno bisogno di aiuto. Il servizio è la modalità di esercizio della dignità regale dei cristiani. Inoltre ci aiuta a scoprire quello che Dio ha pensato per il mondo e a portarlo verso il suo compimento.

        Dio ha pensato il sacerdozio comune e quello ministeriale reciprocamente ordinati tra loro nella Chiesa. Il sacerdozio si presenta sulla terra all’interno di questa reciproca articolazione. Il clericalismo è uno squilibrio di questo reciproco ordinamento. Esso si verifica quando i ministri invadono il campo degli altri fedeli in questioni e cose che non li riguardano o quando i fedeli non ordinati invadono il campo del sacerdozio ministeriale compiendo funzioni che sono dei ministri.


        4. La diversità delle vocazioni nella Chiesa fondata da Cristo

          La Chiesa deve annunciare e instaurare fra tutti i popoli il Regno di Dio inaugurato da Cristo. Sulla terra essa è il germe e l’inizio di questo Regno. Dopo la sua Risurrezione, il Signore inviò gli Apostoli ad annunciare il Vangelo, a battezzare e a insegnare come compiere tutto quello che Egli aveva comandato[23]. Il Signore lasciò alla sua Chiesa la stessa missione che il Padre aveva affidato a Lui[24]. Sin dai primi tempi della Chiesa questa missione è stata realizzata da tutti i cristiani[25], che molte volte per compierla sono arrivati al sacrificio della propria vita. Il mandato missionario del Signore ha la sua sorgente nell’amore eterno di Dio, che ha inviato suo Figlio e il suo Spirito perché «vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità»[26].

          In questo invio missionario sono contenute le tre funzioni della Chiesa sulla terra: il munus profeticum (annunciare la buona notizia della salvezza in Cristo), il munus sacerdotale (fare effettivamente presente e trasmettere la vita di Cristo che salva attraverso i sacramenti e attraverso la grazia) e il munus regale (aiutare i cristiani a compiere la missione di portare il mondo a Dio e di crescere in santità). Benché tutti i fedeli condividano questa stessa missione, non tutti svolgono il medesimo ruolo. Alcuni sacramenti e carismi configurano e rendono i cristiani idonei a determinate funzioni legate alla missione.

          Come abbiamo visto, quelli che hanno il sacerdozio comune e quelli che in più hanno il sacerdozio ministeriale sono reciprocamente ordinati tra loro, in modo tale che fanno presente il sacerdozio e la mediazione di Cristo sulla terra, i doni della grazia, la forza e la luce di cui tutti hanno bisogno per poter svolgere la missione. Alcuni di essi sono stati conformati a Cristo capo della Chiesa in un modo specifico, diverso dagli altri. Avendo ricevuto il sacramento dell’Ordine, essi possiedono il sacerdozio ministeriale per rendere sacramentalmente presente Cristo a tutti gli altri fedeli. Coloro che hanno ricevuto la pienezza del sacramento dell’Ordine sono i vescovi, successori degli Apostoli. Quanti hanno ricevuto il sacramento dell’Ordine nel suo secondo grado sono i presbiteri, che aiutano direttamente i vescovi. Il terzo grado del sacramento dell’Ordine, quello diaconale, rende il cristiano conforme a Cristo servitore, per aiutare il vescovo e i presbiteri nella predicazione, nella carità e nella celebrazione di alcuni sacramenti.

          Per ciò che riguarda la missione di portare il mondo a Dio, vi sono due grandi condizioni di vita che sono legate a questo compito. Alcuni hanno la peculiare vocazione di portare il mondo a Dio dall’interno, e sono i laici. Lo fanno ordinando secondo Dio le realtà temporali di cui la loro esistenza è come intessuta[27]. Dato che partecipano del sacerdozio di Cristo, i laici partecipano della sua missione santificatrice, profetica e regale[28]. Partecipano alla missione sacerdotale di Cristo quando offrono come sacrificio spirituale, soprattutto nell’Eucaristia, la propria vita con tutte le sue opere. Partecipano alla missione profetica di Cristo quando accolgono nella fede la Parola di Cristo e la annunciano al mondo con la testimonianza della loro vita e della loro parola. Partecipano alla missione regale di Cristo perché ricevono da Lui il potere di vincere il peccato in loro stessi e nel mondo, per mezzo dell’abnegazione e della santità della propria vita, impregnando di valori morali tutte quante le attività temporali dell’uomo e le istituzioni della società.

          Altri hanno la peculiare vocazione di allontanarsi dalle realtà e dalle attività secolari, vivendo secondo uno stato di vita specifico che somiglia, sul piano umano, alla condizione di vita che gli uomini avranno alla fine (non si sposano e spesso vivono come fratelli in comunità, non possiedono beni, molte volte cambiano nome per dimostrare così che “muoiono” alla loro vita precedente, ecc.). Per entrare in questo stato di vita si consacrano in modo speciale a Dio con la professione dei consigli evangelici: castità (nel celibato o nella verginità), povertà e obbedienza. La vita consacrata è uno stato di vita riconosciuto dalla Chiesa, alla cui missione partecipa mediante una piena donazione a Cristo e ai fratelli, dando testimonianza della speranza del Regno celeste[29]. In sostanza, con il loro stato di vita ricordano a tutti gli altri che non hanno in questo mondo un domicilio permanente, danno una pubblica testimonianza che tutte le conquiste umane dovranno essere trasfigurate nel giorno della venuta del Signore, e portano il mondo a Dio come per attrazione, dal di fuori delle attività e delle incombenze dalle quali si sono allontanati[30].

          Laici e religiosi portano il mondo a Dio da due posizioni diverse: i primi, dall’interno e promuovendo lo sviluppo della creazione secondo la disposizione divina[31]; i secondi, dall’esterno, attraendo la creazione verso la sua consumazione, che essi anticipano simbolicamente nel loro modo di vivere. I primi hanno bisogno che i secondi ricordino loro che non si può condurre il mondo a Dio senza lo spirito delle beatitudini, i secondi hanno bisogno che i primi ricordino loro che la vocazione originaria dell’uomo è quella di portare la creazione alla perfezione che Dio ha pensato per essa; gli uni e gli altri, in comunione servono all’edificazione del Regno di Dio. In ogni caso la vita consacrata offre un grande contributo per dare un’impronta cristiana al mondo attraverso le opere di carità, beneficenza e assistenza sociale, alle quali si dedica con generosità.

          Inoltre, nella vita della Chiesa vanno sorgendo molte vie e molte modalità per portare a buon fine la missione comune. Il secolo XX ha visto nascere molte realtà, i movimenti, le nuove comunità monastiche e altre istituzioni più recenti, e tutte collaborano alla evangelizzazione attraverso i carismi che sono loro propri.


          5. La settimana di preghiera per l’unità dei cristiani

            La Chiesa è Una perché sua origine e modello è la Santissima Trinità; perché Cristo, suo fondatore, ristabilisce l’unità di tutti in un solo corpo; perché lo Spirito Santo unisce i fedeli con il Capo, che è Cristo. Questa unità si manifesta nel fatto che i fedeli professano una stessa fede, celebrano gli stessi sacramenti, sono uniti in una stessa gerarchia, hanno una speranza comune e la stessa carità.

            La Chiesa sussiste come società costituita e organizzata nell’ambito della Chiesa Cattolica, governata dal successore di Pietro e dai vescovi in comunione con lui[32]. Soltanto in essa è possibile ottenere la pienezza dei mezzi di salvezza, dato che il Signore ha conferito tutti i beni della Nuova Alleanza solo al Collegio apostolico, a capo del quale c’è Pietro. Cristo ha dato l’unità alla Chiesa ed essa sussiste nella Chiesa Cattolica. Questa unità non si perde a causa della disunione dei cristiani. Le separazioni tra cristiani causano, comunque, una ferita nella Chiesa, possono suscitare scandalo e ritardano l’evangelizzazione.

            Quelli che sono nati in uno stato di separazione dalla Chiesa Cattolica non possono essere considerati, senza possibilità d’appello, scismatici o eretici. Nelle loro comunità o Chiese possono ricevere la grazia attraverso il Battesimo. In esse vi sono molti beni di santificazione e di verità che provengono da Cristo e spingono all’unità cattolica, e lo Spirito Santo si serve di esse come strumenti di salvezza, dato che la loro forza proviene dalla pienezza di grazia e verità che Cristo ha dato alla Chiesa cattolica[33].

            I membri di queste Chiese e comunità si incorporano in Cristo col Battesimo e per questo li riconosciamo come fratelli. Ci troviamo in una certa comunione di preghiere e di altri benefici spirituali con i cristiani che non appartengono alla Chiesa Cattolica[34]. Ci lega a loro, in qualche modo, una vera unione nello Spirito Santo. Si può crescere in unità: avvicinandoci di più a Cristo e aiutando gli altri cristiani a stare più vicini a Lui; promuovendo l’unità nelle cose essenziali, la libertà nelle cose accidentali e la carità in tutto; rendendo più abitabile agli altri la casa di Dio; crescendo in venerazione e rispetto per il Papa e per la gerarchia, aiutandoli e seguendo i loro insegnamenti.

            Il movimento ecumenico è un compito ecclesiale attraverso il quale si cerca l’unità visibile tra i cristiani nell’unica Chiesa fondata da Cristo. È un desiderio del Signore[35]. Si realizza con la preghiera, con la conversione del cuore, la reciproca conoscenza fraterna e il dialogo sul piano teologico.

            La settimana di preghiera per l’unità dei cristiani è una delle attività proprie del movimento ecumenico, nell’ambito del cosiddetto ecumenismo spirituale. È nato negli Stati Uniti d’America nel 1908, per iniziativa dell’episcopaliano Paul Watson, che si unì in seguito alla Chiesa Cattolica. I papi Pio X e Benedetto XV elogiarono e incoraggiarono tutti i cattolici a unirsi a questa iniziativa. Viene celebrata dal 18 al 25 gennaio, festa della Conversione di san Paolo. Oltre che nella Chiesa Cattolica, essa viene vissuta in varie Chiese ortodosse e in molte comunità cristiane. In alcuni luoghi può includere incontri di preghiera o anche una preghiera liturgica, come i Vespri, con la presenza di cristiani che non sono in piena comunione con la Chiesa Cattolica. Tuttavia, la più diffusa fra tutte è la preghiera personale per questa intenzione comune, a favore dell’unità visibile dei cristiani, negli otto giorni indicati.

            Miguel de Salis


            Bibliografia di base

            - Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 748-945.

            - Compendio del Catechismo della Chiesa cattolica, nn. 147-193.

            - San Giovanni Paolo II, Ut unum sint, 25-V-1995.


            [1] Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 777; cfr. Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 147.

            [2] Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 149; cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 778.

            [3] Cfr. Lumen gentium, nn. 4 e 12.

            [4] Mt 28, 20.

            [5] Cfr. Lumen gentium, 4 e 9; San Cipriano, De Orat Dom. 23; CSEL 3, p. 285.

            [6] San Giovanni Crisostomo, Explicatio in Psalmum 149: PG 55, 493.

            [7] Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 782-786.

            [8] Cfr. 1 Cor 12, 1-24.

            [9] Cfr. Ivi, nn. 787-795.

            [10] Cfr. Ef 5, 26-32.

            [11] Cfr. Gaudium et spes, n. 22.

            [12] Cfr. 1 Cor 10, 16.

            [13] San Josemaría, Cammino, n. 755.

            [14] 2 Cor 4, 7.

            [15] «Parecchie volte, da oltre venticinque anni a questa parte, quando recito il Credo e affermo la mia fede nella divinità della Chiesa una, santa, cattolica e apostolica, aggiungo: malgrado tutto... E se qualcuno, quando parlo di questa mia abitudine, mi domanda a che cosa intendo alludere, rispondo: Ai tuoi peccati e ai miei» (San Josemaría, È Gesù che passa, n. 131).

            [16] San Josemaría, È Gesù che passa, n. 131

            [17] Cfr. Lumen gentium, n. 8.

            [18] Cfr. Lumen gentium, nn. 10 e 11.

            [19] Cfr. San Leone Magno, Sermones, IV, 1: PL 54, 149.

            [20] Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 177.

            [21] San Josemaría, Cartas, Roma, 28-III-1955, n. 4.

            [22] San Josemaría, Colloqui con Monsignor Escrivá, n. 69. «La santità - quando è vera - trabocca, per riempire altri cuori, altre anime, della sua sovrabbondanza. Noi figli di Dio ci santifichiamo, santificando. - Fiorisce intorno a te la vita cristiana? Pensaci ogni giorno» (Forgia, n. 856).

            [23] Cfr. Mt 28, 18 e ss.

            [24] Cfr. Gv 20, 21.

            [25] Cfr. At 8, 4; 11, 19.

            [26] 1 Tm 2, 4.

            [27]Cfr. Lumen gentium, n. 31.

            [28] Cfr. Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 189-191.

            [29] Cfr. Ivi, nn. 192 s. «La nostra missione di cristiani è di proclamare la regalità di Cristo, annunciandola con le nostre parole e le nostre opere. Il Signore vuole che i suoi fedeli raggiungano ogni angolo della terra. Ne chiama alcuni nel deserto, lontano dalle preoccupazioni della società umana, per ricordare agli altri, con la loro testimonianza, che Dio esiste. Ad altri affida il ministero sacerdotale. Ma i più li vuole in mezzo al mondo, nelle occupazioni terrene. Pertanto, questi cristiani devono portare Cristo in tutti gli ambienti in cui gli uomini agiscono: nelle fabbriche, nei laboratori, nei campi, nelle botteghe degli artigiani, nelle strade delle grandi città e nei sentieri di montagna» (San Josemaría, È Gesù che passa, n. 105).

            [30] Cfr. Lumen gentium, , n. 44; PC, n. 5.

            [31] Cfr. Gen 2, 15.

            [32] Cfr. Lumen gentium, n. 8.

            [33] Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 819.

            [34] Cfr. Lumen gentium, n. 15.

            [35] Cfr. Gv 17, 21.