Da piccola volevo fare la scenografa, ma poi ho scelto di studiare architettura, anche su consiglio di mio padre. Ho esercitato la professione sempre su piccola scala, da sola, svolgendo incarichi che per tutti gli anni '90 arrivavano facilmente, permettendomi anche di conciliarli con la vita di famiglia.
Negli ultimi anni, però, un certo declino della classe media ha ristretto il numero di persone che si rivolgono ad una professionista come me, che non si trova esattamente nel giro degli attori di Hollywood. Chi ha un reddito basso non ci pensa affatto a chiamare un architetto. Quanto agli incarichi pubblici, meglio non parlarne. Ma il quadro non è poi così fosco. Infatti negli ultimi anni, accanto al mio lavoro di architetto, ho cominciato a produrre stampe fotografiche artistiche per l’arredamento e la comunicazione visiva.
Ho aperto un sito web che si chiama Quiddivinum.it e lì mostro tutti i miei lavori e le mie collezioni di immagini. Se qualcuno mi chiede il perché di questo nome ("qualcosa di divino") non mi stanco di spiegare come la meraviglia che provo, quando colgo la bellezza nelle cose, abbia davvero “qualcosa di divino”, ed è quello che cerco di catturare per mezzo della fotografia.
Il mio modo di lavorare, che si tratti di progettazione architettonica o di decorazione, (ma anche di cucina, vista la bella famiglia che ho!), si basa sempre sullo studio delle relazioni tra elementi diversi. Se progetto una casa studio prima i dintorni, la storia, le vedute, l'esposizione, metto insieme tutto questo con i materiali, i colori e soprattutto le esigenze dei committenti, cercando di capire bene di cosa hanno bisogno. Solo dopo questa analisi elaboro le soluzioni. Non invento praticamente niente, metto in relazione cose diverse e questo produce effetti sempre nuovi. E lo stesso avviene nell'organizzare la casa, nel preparare da mangiare.
Ho la certezza che ogni cosa che faccio, dal preparare la lasagna a firmare un progetto, è lavoro professionale, cioè un lavoro in cui “professo” me stessa, mettendoci la testa e il cuore. Questo è conciliare la famiglia con il lavoro, magari abbandonando la pretesa di garanzie materiali e scommettendo sul vero bene della famiglia. Certo a tutti piacerebbe che anche le istituzioni civili premiassero questo investimento. In Italia non è così, a differenza di altri paesi. Ma questo è un altro discorso.
Quanto alla mia fede, posso dire di essere sempre stata credente, eppure c'è stato un momento della mia vita in cui mi sono convertita. E’ stato quando sono passata dalla semplice convinzione personale derivata dall'educazione cattolica alla consapevolezza dell'impegno nella ricerca della santità.
Nella vita concreta della mia famiglia e in ogni incarico di lavoro ho continuamente bisogno dell'aiuto di Dio. Già sapere di non poter fare niente senza l'aiuto di Dio è cominciare a vivere di fede! Ho capito questo quando ho trovato l'amicizia di persone che vivono da veri cristiani al servizio della Chiesa, nell'Opus Dei. Senza il loro esempio non avrei trovato ragioni sufficienti a sostenere scelte cristiane nella mia vita.
Per esempio avere cinque figli, cosa difficile da difendere nell'ambiente da cui provengo. Perfino nella mia famiglia di origine e tra i miei vecchi amici, riguardo a questo le frecciatine si sprecavano!
Vorrei che tutti i miei amici capissero quello che ho imparato anche io da san Josemaría Escrivá: che non c'è nessuna attività bella nella mia vita nella quale io non mi possa unire a Gesù, per la santità mia e di tutta la Chiesa. L'Opus Dei esiste per aiutare me e tutti a diventare santi. Anche mio marito fa le stesse scelte di vita, di lavoro e di fede.
I nostri figli amano fare i "cattivi" nei buoni ambienti che frequentano (famiglia, scuola), e i “buoni” in mezzo alla gente che ha una formazione diversa. Grazie a Dio hanno ereditato, da me e da mio marito, un robusto spirito di contraddizione.