Ricristianizzare la società

"Lo Spirito Santo con la forza del Vangelo fa ringiovanire la Chiesa e continuamente la rinnova. Riempita col dono del Paraclito, la Chiesa è santa e questa santità della Chiesa costantemente si manifesta e si deve manifestare nei frutti della grazia che lo Spirito produce nei fedeli". Riportiamo uno stralcio di un intervento del Card. Ruini, che sarà pubblicato sull’inserto dell’Osservatore Romano domenica 6 ottobre.

Ricordiamo l'invito perentorio di Gesù: "Duc in altum! — Prendi il largo". È un'esortazione che sta risuonando nei nostri cuori, dopo che ci è stata ripetuta dal Santo Padre all'inizio del nuovo millennio. Dinanzi a tale prospettiva, lo spirito predicato e testimoniato per ispirazione divina da Josemaría Escrivá è un sicuro riferimento per addentrarsi lungo le strade del terzo millennio senza perdere di vista la prima delle "priorità pastorali" segnalate da Giovanni Paolo II, ovvero la santità.

Viene qui indicato un compito: scuotere le anime di tutti i fedeli dalla mediocrità, ammonirle sulla sterilità di una religiosità superficiale, metterle in guardia contro l'incoerenza tra i contenuti della fede e la condotta quotidiana. Ebbene, penso che la figura di Josemaría Escrivá sia un faro orientatore. Fondo tale persuasione sul fatto che l'esempio, gli insegnamenti e l'opera del nuovo Santo sono "un'eminente testimonianza di eroismo cristiano nell'esercizio delle comuni attività umane".

L'espressione "La Grandezza della vita quotidiana", centra efficacemente il nucleo vitale dei suoi insegnamenti. Si tratta dell'intuizione soprannaturale del Fondatore dell'Opus Dei secondo la quale ognuno di noi è chiamato a scoprire "quel qualcosa di divino nascosto nelle situazioni più comuni": le circostanze ordinarie della nostra vita sono allo stesso tempo una chiamata di Dio e il luogo dell'incontro con Lui. La scoperta della dimensione divina che eleva le realtà umane, non è una meta riservata a pochi; è un obiettivo cui deve tendere, con l'aiuto della grazia, ogni fedele cristiano, acquistando in modo permanente una nuova prospettiva su quanto lo circonda. È un obiettivo necessario per evitare la tentazione "di condurre una specie di doppia vita: da una parte, la vita interiore, la vita di relazione con Dio; dall'altra, come una cosa diversa e separata, la vita famigliare, professionale e sociale, fatta tutta di piccole realtà terrene".

Questo pericolo resta, malgrado tutto, ancora incombente, perché anche il contesto culturale odierno induce a privilegiare l'attivismo, l'efficacia organizzativa. Ci giova, pertanto, riconsiderare che "vi è una sola vita, fatta di carne e di spirito, ed è questa che deve essere —nell'anima e nel corpo — santa e piena di Dio: questo Dio invisibile, lo troviamo nelle cose più visibili e materiali".

(…) L'insistenza di Josemaría Escrivá sulla necessità di raggiungere un'ininterrotta unione con Dio schiude un panorama inesauribile: "Dall'approfondimento della scienza più astratta, all'abilità manuale degli artigiani, tutto può e deve condurre a Dio. Non c'è lavoro umano che non sia santificabile, che non sia occasione di santificazione personale e mezzo per collaborare con Dio alla santificazione di coloro che ci circondano". Così sarà possibile cambiare la società dall'interno e agire in essa con l'impegno di chi cerca di arrivare "allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo".

Josemaría ha percepito in modo vivissimo il senso della filiazione divina e lo ha messo a fondamento dello spirito dell'Opus Dei. Ne voglio sottolineare soprattutto la capacità di conferire un tono eminentemente positivo all'azione apostolica per ricristianizzare la società. Infatti, il cristiano sa che deve ricondurre a Dio un mondo deturpato dal male e dal peccato, ma non agisce con spirito negativo e inasprito, proprio perché egli ama il mondo creato da Dio suo Padre.

Card. Ruini // L'Osservatore Romano