Resoconto dettagliato della guarigione

Sommario. Sin dagli inizi dell’esercizio della professione come medico traumatologo, nel 1956, il dottor Nevado utilizzava con molta frequenza i Raggi X. All’epoca le apparecchiature radiologiche, che venivano usate per lunghi periodi e alla massima potenza, non consentivano un’adeguata protezione dai danni delle radiazioni. Nel 1962 erano comparsi i primi segni della malattia sulle mani: depilazione, arrossamento della pelle e alcune macchie scure. Da allora il medico prese delle precauzioni, però la malattia proseguì il suo sviluppo: le macchie aumentarono, la pelle divenne spessa e squamosa, con comparsa di verruche e piaghe sulle parti laterali delle dita.

A partire dal 1982, oltre al dolore causato dal più piccolo urto, cominciò a perdere la sensibilità. La difficoltà ad articolare le dita e i fastidi divennero così rilevanti che nel 1984 fu costretto ad abbandonare la chirurgia maggiore. Di fronte al progredire delle lesioni, consultò vari colleghi che stabilirono la diagnosi di radiodermite cronica, contro la quale non esisteva alcuna cura. L’unico sollievo temporaneo e palliativo poteva essere ottenuto con l’uso della vaselina. Fu suggerito al paziente, per impedire o ritardare lo sviluppo della malattia, la possibilità di pensare a un innesto cutaneo. Il dottor Nevado preferì limitarsi a usare la vaselina, rinviando l’innesto. Nel 1992, quando la radiodermite era ormai irreversibile ed era comparso un carcinoma sulla mano sinistra, una persona gli diede un’immaginetta del Beato Josemaría e l'invitò a pregare per la sua guarigione. Prima di quindici giorni, si ritrovò completamente guarito dalle ferite e dall’invalidità funzionale, e poté ricominciare a fare il chirurgo.

Manuel Nevado Rey è nato a Herrera de Alcántara (provincia di Cáceres, Spagna), il 21 maggio 1932. Laureatosi in Medicina presso l’Università di Salamanca nel 1955, entrò nello stesso anno come medico interno al Dipartimento di Chirurgia Generale dell’ospedale "Marqués de Valdecilla", di Santander, dove frequentò i corsi di specializzazione in Chirurgia Generale e Traumatologia.

Esposizione alle radiazioni

Fin dall’inizio della pratica medica aveva cominciato a utilizzare spesso nella sala operatoria la radioscopia per la riduzione di fratture ossee. Gli strumenti di radioscopia all’epoca non avevano sufficienti misure di protezione contro le radiazioni. Veniva usata la cosiddetta “Bolla di Siemens”. Fra il punto di emissioni delle radiazioni e lo schermo radioscopico il chirurgo metteva la parte lesionata, che manipolava poi con le proprie mani per ridurre la frattura e allineare i frammenti ossei. La capacità di definizione dello schermo era molto scarsa, per cui i medici erano obbligati a utilizzare lo strumento alla massima potenza e prolungare il tempo dell’esposizione. La mano più esposta alle radiazioni era in genere la sinistra, con la quale il medico sosteneva il membro lesionato davanti al punto di irradiazione.

Alla fine del 1956 il dottor Nevado si trasferì a Badajoz per fare il servizio militare e fu destinato all’ Ospedale Militare, dove divenne responsabile del Reparto di Traumatologia. Continuava a usare la radioscopia per la riduzione di fratture, estrazione di corpi estranei e altri interventi.

Alla fine del servizio militare il dottor Nevado entrò nel Presidio Sanitario della Previdenza Sociale di Badajoz, dove rimase fino al 1962. Anche lì utilizzava con continuità i Raggi X per la radioscopia durante le operazioni.

Primi sintomi della malattia nel 1962

Nel dicembre 1962 egli si sposò con Consuelo Santos Sanz, laureata in Lettere e Filosofia e Infermiera specializzata in sala operatoria, da lui conosciuta anni prima nell’Ospedale "Marqués de Valdecillas". La moglie è testimone della ininterrotta esposizione ai Raggi X delle mani del marito, in una condizione di assenza di adeguata protezione e ricorda che già quando si erano sposati egli presentava i primi sintomi di ciò che sarebbe poi diventata la radiodermite cronica: caduta della peluria dal dorso delle dita delle mani e apparizione di alcune zone di iperpigmentazione cutanea e di eritema (macchie e arrossamento della pelle).

Anche il dott. Isidro Parra, Professore universitario di Dermatologia, che aveva conosciuto il dott. Nevado nel 1963, ricorda bene come allora egli presentasse già le lesioni tipiche dell’esposizione continuata all’azione dei Raggi X.

Dopo le nozze, il dottor Nevado si stabilì ad Almendralejo (Badajoz). Dal 1962 al 1980 ha lavorato come Direttore Medico e capo del Dipartimento di Chirurgia Generale e Traumatologia dell’Ospedale "Nuestra Señora del Pilar" di Almendralejo, diretto dalle Religiose Mercedarie. Nonostante il fatto che cominciasse a prendere maggiori precauzioni e che, non appena possibile, smettesse di usare la “Bolla di Siemens” per la riduzione delle fratture, sostituendola con apparecchi che garantivano maggior protezione, le ferite sulla pelle del dorso delle mani e delle dita peggiorarono progressivamente. Gli eritemi (zone di arrossamento) si trasformarono in placche di ipercheratosi (dove lo spessore dell’epidermide si ingrossa esageratamente) e in ferite verrucose, a piccoli focolai sparsi, in maggior quantità sul dorso della mano sinistra, in particolare nelle parti laterali delle dita, assieme a piaghe di diversa grandezza.

Nel 1980 lasciò l’Ospedale "Nuestra Señora del Pilar" di Almendralejo e da allora, a parte la clientela privata, ha lavorato nel Centro di Assistenza Sanitaria di Zafra (Badajoz), della Previdenza Sociale.

Progressiva inabilità delle mani

A partire dal 1982, le ferite cominciarono a dargli continui fastidi e un forte dolore quando venivano toccate. Nello stesso tempo avvertiva una certa perdita di sensibilità e difficoltà a muovere le dita, a motivo del dolore causato dagli urti e anche dal piegarle.

L’infermiera che abitualmente l’assisteva nella sala operatoria, Suor Carmen Esqueta Cabello, si accorgeva della difficoltà con cui il dottor Nevado maneggiava alcuni strumenti chirurgici, a motivo del forte dolore che avvertiva. Ricorda anche che, a causa del dolore, non poteva lavarsi le mani, com’è abituale per i chirurghi prima delle operazioni, con forti detergenti e utilizzando delle spazzole. E’ noto inoltre che i chirurghi calzano guanti di gomma con all’interno del talco. Ma il dottor Nevado non tollerava neppure il talco, poiché gli irritava le ferite e si poteva mettere solo dei guanti sterili di lino sotto quelli di gomma per poterseli infilare senza utilizzare il talco.

Il fastidio giunse a essere tanto intenso che dal 1984 o 1985 dovette smettere di operare e poteva solo fare visite mediche o piccoli interventi nei quali non è richiesta la meticolosa asetticità delle sale operatorie.

Diagnosi unanime: radiodermite cronica

Davanti al peggioramento, il dottor Nevado era seriamente preoccupato per il futuro delle sue mani e aveva cominciato a dire a sua moglie che forse si vedeva costretto a farsi fare innesti di pelle sulle dita e sulle mani. Consultati informalmente, vari specialisti di Dermatologia, amici suoi e docenti universitari, avevano dato la diagnosi unanime di radiodermite cronica, senza alcuna possibilità di cura. Gli consigliarono, come unico rimedio palliativo, l’applicazione di vaselina allo scopo di tenere la pelle unta, oltre all’innesto di pelle.

Nel 1992 vari dermatologi, docenti universitari, verificarono la presenza di rilevanti ulcere nell’epidermide delle mani. La cosa più evidente era un ampia e lunga piaga, dal diametro di due centimetri, nel dorso e interno del dito medio della mano sinistra, dai bordi infiltrati, con vicino altre ulcere più piccole, alternate con placche ipercheratosiche su una pelle iperpigmentata e squamosa.

Tutti gli specialisti consultati sono stati d’accordo nel diagnosticargli un carcinoma epidermoide: conoscendo tutti loro il paziente e la storia della sua radiodermite cronica, non ebbero alcun dubbio. Si trattava di una conseguenza inevitabile dei lunghi anni di evoluzione della malattia. Seguendo il proprio corso progressivo, la malattia era degenerata fino alla complicazione più seria e irreversibile. In un caso così, il giudizio clinico di diversi specialisti, attraverso un attento studio di diagnosi differenziale, è assolutamente certo.

La fase successiva del processo patologico faceva prevedere la formazione di metastasi attraverso i gangli linfatici, con un chiaro rischio per la vita. In questo caso, l’unico rimedio è l’amputazione della mano colpita - o perfino del braccio - al momento opportuno.

Il ricorso all’intercessione del Beato Josemaría Escrivá

Nella prima settimana del mese di novembre 1992, il dottor Nevado dovette recarsi per lavoro negli uffici di un Ministero a Madrid. Il funzionario che lo ricevette, dopo avergli dato le informazioni di cui aveva bisogno, si accorse dello stato delle sue mani e gliene chiese la causa. Il dottor Nevado gli disse che si trattava di una malattia professionale, incurabile e progressiva. Il funzionario lo incoraggiò a ricorrere all’aiuto di Dio e gli diede un’immaginetta del Beato Josemaría Escrivá, e gli suggerì di chiedere al Signore la propria guarigione, attraverso l’intercessione del Beato.

Appena in possesso dell’immaginetta, il dottor Nevado cominciò a chiedere la guarigione delle mani. Alcuni giorni dopo, il 12 novembre 1992, si recò in viaggio a Vienna per motivi professionali e fu molto colpito dal trovare, in varie chiese da lui visitate, altre immaginette del Beato Josemaría. Ciò gli servì per ravvivare la fede nella sua intercessione e invocarla con maggior insistenza.

Una guarigione senza spiegazione scientifica

Pochi giorni dopo aver cominciato a chiedere la guarigione, notava i primi sintomi di miglioramento. La regressione completa delle ferite si produsse in una quindicina di giorni. Era avvenuto qualcosa di veramente inspiegabile in una malattia cominciata trent’anni prima e che fino ad allora era costantemente peggiorata.

Anche la moglie si rese conto subito del sorprendente e veloce miglioramento delle ferite. Le ulcere profonde si stavano cicatrizzando e stavano scomparendo le placche di ipercheratosi. Il dottor Nevado ormai non chiedeva più il rinnovo delle garze.

I disturbi precedenti - l’intenso dolore provocato dall’urto più lieve e le alterazioni della sensibilità - diminuirono spontaneamente e scomparve anche l’inabilità funzionale precedente. A partire dal mese di gennaio 1993 poté tornare a operare, svolgendo con la massima normalità ogni tipo di operazioni.

Attualmente la guarigione permane stabile e lo dimostra con evidenza la semplice osservazione delle mani.

Riassunto

Le testimonianze del protagonista e degli altri testimoni al corrente della malattia, compresi gli specialisti in dermatologia o radiologia, sottolineano con chiarezza che il dott. Nevado presentava una grave radiodermite cronica sul dorso delle mani e sulle dita. Il processo patologico era in corso da circa trent’anni, dal momento che i primi sintomi erano apparsi nel 1962. Con il passare degli anni, la malattia lo aveva costretto a limitare il proprio lavoro di chirurgo e a limitarsi all’attività ambulatoriale.

E’ stato possibile dimostrare senza alcun dubbio la relazione esistente fra le gravi lesioni cutanee e la prolungata esposizione alle radiazioni ionizzanti.

La radiodermite cronica professionale è un’affezione perfettamente descritta, che colpisce soprattutto traumatologi e radioterapeuti che hanno iniziato l’attività quando ancora gli apparecchi a Raggi X non avevano le attuali protezioni. Si tratta di una lesione lenta, cronica e progressiva, che non regredisce mai spontaneamente e per la quale non esiste cura adeguata. Nella sua fase più avanzata, in presenza di ulcere di carattere carcinomatoso, l’unica cura efficace è quella chirurgica - amputazione delle zone dove è impiantato il tumore- per cercare di evitare la diffusione a distanza di possibili lesioni metastasiche.

Per questo appare non solo sorprendente, ma anche medicamente inspiegabile, la guarigione delle mani del dottor Nevado, che ha patito una radiodermite cronica con più di trent’anni di evoluzione, dopo essere ricorso all’intercessione del Beato Josemaría Escrivá alla fine del mese di novembre del 1992.

Ecco il commento della persona guarita: “Come avvenne la guarigione della mia radiodermite l’ho appena raccontato. Avevo una gran paura che si producessero delle metastasi, che avrebbero comportato una prognosi infausta, però non si verificarono. In poche parole, la radiodermite risultò guarita ed io non posso fare a meno di attribuirlo all’intercessione del Beato Josemaría Escrivá ”.

Basandosi sulle testimonianze processuali e la documentazione raccolta, la Consulta Medica della Congregazione delle Cause dei Santi ha formulato all’unanimità la seguente diagnosi: “Cancerizzazione da radiodermite cronica grave al terzo stadio, in fase d’irreversibilità”.

Lo stesso organismo vaticano ha classificato la prognosi come “infausta”, giustificando tale valutazione con il livello di gravità cui era giunta la malattia.

La guarigione totale delle lesioni, intervenuta in un lasso di tempo di quindici giorni scarsi e confermata dagli esami obbiettivi eseguiti sul paziente nel 1992, 1994 e 1997, fu definita dalla Consulta Medica “molto rapida, completa e durevole”. Pertanto, considerando che un processo di guarigione spontanea da radiodermite cronica cancerizzata non può spiegarsi dal punto di vista biologico e non ha precedenti nella letterature medica, la Consulta ha concluso che il caso del dottor Manuel Nevado Rey è “scientificamente inspiegabile”.

Attualmente il dottor Manuel Nevado risiede nel paese di Almendralejo (Badajoz) e lavora come chirurgo generale nel Centro Assistenziale della Previdenza Sociale di Zafra.