Meditazioni: Mercoledì della 1ª settimana di Quaresima

Riflessioni per meditare nel mercoledì della prima settimana di Quaresima. I temi proposti sono: Dio ci ama, qualunque cosa succeda; Spirito d’esame per pentirsi; Il dolce momento della confessione.

- Dio ci ama, qualunque cosa succeda

- Spirito d’esame per pentirsi

- Il dolce momento della confessione


«Pietà di me, o Dio, nel tuo amore – esclama il salmista, rivolto al cielo –; nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità» (Sal 51, 3). Si compie una settimana da quando abbiamo cominciato la Quaresima, che Dio ci regala per convertirci e godere nuovamente del suo amore. San Giovanni Crisostomo, nel tentativo di cercare il motivo che spingeva san Paolo a donarsi a Cristo, diceva: «Godere dell’amore di Cristo rappresentava per lui la vita, il mondo, la compagnia degli angeli, i beni presenti e futuri, il regno, le promesse, l’insieme di ogni bene»[1]. Uno dei più grandi beni che possiamo sperimentare specialmente in questo tempo è il perdono di Dio, la sua misericordia, la libertà con la quale ci ama. «Chi potrà spiegare nel debito modo la bontà di Dio? Invece di ricevere il castigo dovuto per i nostri delitti, riceviamo i premi promessi alla virtù»[2].

«Dio continua ad amare ogni uomo [...]. Dio non ti ama perché pensi giusto e ti comporti bene; ti ama e basta. Il suo amore è incondizionato, non dipende da te. Puoi avere idee sbagliate, puoi averne combinate di tutti i colori, ma il Signore non rinuncia a volerti bene. Quante volte pensiamo che Dio è buono se noi siamo buoni e che ci castiga se siamo cattivi? Non è così. Nei nostri peccati continua ad amarci. Il suo amore non cambia, non è permaloso; è fedele, è paziente»[3]. Davanti a una realtà così sorprendente, e d’altra parte tanto diversa al nostro cuore, non possiamo che riempirci di gratitudine. Affinché non ci rimanga alcun dubbio circa il suo perdono, ce lo fa ascoltare mediante la voce di un sacerdote: «Io ti assolvo dai tuoi peccati». Non possiamo trascinarci dietro la colpa, perché Gesù Cristo l’ha cancellata.


«Uno spirito contrito è sacrificio a Dio; un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi» (Sal 51, 19). Il nostro pentimento spalanca le porte a Dio. Noi non gli diciamo come deve amarci né osiamo mettere condizioni. «Siamo liberi perché siamo stati liberati, liberati per grazia – non per pagamento –, liberati dall’amore, che diventa la legge somma e nuova della vita cristiana»[4]. Scopriamo che a Dio è facile perdonare perché ha amato «fino alla fine» (Gv 13, 1). L’amore di Dio per noi non dipende dai nostri meriti o dalla nostra condotta. Esiste un solo modo di frenarlo: quando non ci lasciamo perdonare. Questa, in qualche modo, è l’unica barriera insuperabile per quel Dio onnipotente che ci ha dato il grande potere della libertà.

In questo senso si potrebbe dire che abbiamo bisogno di conoscerci bene e, conoscendo anche Dio, pentirci dei nostri peccati, renderci conto che sarebbe stato meglio per noi comportarci diversamente. Sappiamo che la santità non consiste semplicemente nel compiere certi obblighi, ma che si identifica con la vita dello Spirito Santo nella nostra anima. Cercare dentro di noi quello che ostacola il suo compito può sembrare semplice, ma non sempre riusciamo a farlo, non sempre siamo sufficientemente coraggiosi e onesti per giudicare. Alcune volte troviamo delle scuse per non esaminare la nostra vita. San Josemaría assicurava che «l’esame di coscienza quotidiano ci procurerà la conoscenza di noi stessi, la vera umiltà, e, di conseguenza, ci otterrà dal Cielo la perseveranza»[5]. Da parte sua, sant’Agostino era realista e perciò sapeva che si tratta di una questione che dura tutta la vita: «Non c’è altro da fare che perdonare; siamo uomini»[6].


«Non ti preoccupare, mai più, di scoprire dentro di te certi abissi di viltà – raccomandava san Josemaría –. Grida, prega, percorri le tappe del figlio prodigo. Tuo Padre Dio ti viene incontro appena ti confessi peccatore, in quello che la superbia ti nascondeva come peccato. Comincia per te una grande festa – la profonda gioia del pentimento – e puoi sfoggiare un abito pulito: una carità più profonda, più divina e più umana»[7].

Quale strano meccanismo non ci permette di riconoscere i nostri peccati? Forse è il timore di non essere amato, la vergogna di riconoscerci deboli o la frivolezza di non voler abbandonare questi apparenti rifugi. Ad ogni modo, Gesù ci offre sempre un rimedio straordinario: la confessione sincera dei nostri peccati davanti al sacerdote, che fa presente Cristo. «Non c’è migliore atto di penitenza e di riparazione di una buona confessione. Lì riceviamo la fortezza che ci occorre per lottare»[8]. Gesù ci aspetta pazientemente. Sa che abbiamo nostalgia della casa paterna, sa che abbiamo nostalgia del suo calore.

San Paolo VI diceva che «forse i momenti di una confessione sincera figurano tra i più dolci, i più confortanti e i più decisivi della vita»[9]. Proprio per questo, contagiare il nostro amore per la confessione è «il miglior favore che potete fare a un vostro amico, la migliore dimostrazione di affetto»[10]. Allo Spirito Santo possiamo chiedere di aiutarci a viverla meglio, in modo da poter essere testimoni di quel cammino di felicità. E anche a Maria, rifugio dei peccatori, possiamo chiedere di portare questa gioia anche ai nostri amici e ai nostri familiari.


[1] San Giovanni Crisostomo, Omelia 2 sulle lodi di san Paolo.

[2] San Gregorio Magno, Omelia 20 sui Vangeli.

[3] Papa Francesco, Omelia, 24-XII-2019.

[4] Papa Francesco, Udienza, 13-X-2021.

[5] San Josemaría, Lettera 2, n. 35a.

[6] Sant’Agostino, Sermone 57.

[7] San Josemaría, Lettera 14-II-1974, n. 7.

[8] San Josemaría, In dialogo con il Signore, “Tempo di riparare”, n. 7h.

[9] San Paolo VI, Allocuzione, 27-II-1975.

[10] San Josemaría, Appunti di una riunione familiare, 1-VII-1974.