Meditazioni: Martedì della 17a settimana del Tempo Ordinario

Riflessioni per meditare nel martedì della diciassettesima settimana del Tempo Ordinario. I temi proposti sono: La zizzania del maligno; L’esperienza della tentazione; Seminare pace e gioia.

La zizzania del maligno

L’esperienza della tentazione

Seminare pace e gioia


QUANDO LA FOLLA che ascoltava Gesù si è allontanata, i discepoli gli chiedono di spiegare loro la parabola del grano e della zizzania. Il Signore, nel raccontarla, aveva posto l’accento sul fatto che il bene e il male saranno sulla terra sino alla fine dei tempi. Adesso, però, sviluppa altri aspetti, facendo intendere che la parabola contiene anche una dimensione allegorica: il buon seme è il Figlio dell’uomo, il campo è il mondo, il buon seme sono i figli del Regno, mentre la zizzania son i figli del Maligno. Anche la zizzania ha avuto un seminatore, che non è altro che il diavolo, che Cristo chiama «il nemico» (Mt 13, 39).

Il male che è presente nel mondo, e nella nostra stessa vita, non è semina di Dio, ma del diavolo. La sua astuzia più grande è farci credere che non esiste. Come il nemico della parabola, semina quando gli altri dormono, senza richiamare l’attenzione, «come il serpente che porta il veleno silenziosamente»[1]. Per questo facciamo bene a vigilare sul nostro cuore e sulle nostre azioni, dato che il più delle volte ci tenta nelle piccole cose di ogni giorno per allontanarci dal Signore.

Il diavolo mette un impegno particolare nel seminare la zizzania nei campi del mondo; cioè, nel distruggere la carità e la comunione tra le persone per fare emergere la sfiducia e la divisione. Nel merito, abbiamo alcuni appunti personali di san Josemaría nei quali è riflessa la sua lotta per impedire al maligno di seminare zizzania nel suo cuore: «Metterò molta attenzione a tutto ciò che tende a dare giudizi sulle persone, senza consentire un cattivo pensiero per nessuno, anche se le parole o le opere dell’interessato danno motivo per giudicarlo razionalmente»[2]. E, subito dopo, annotava una serie di propositi pratici: «1/ Prima di cominciare una conversazione o di fare una visita, alzerò il cuore a Dio. 2/ Non insisterò, per quanto possa avere piena ragione, Soltanto, se è per la gloria di Dio, dirò la mia opinione, ma senza insistere. 3/ Non farò critiche negative: quando non potrò parlare, starò zitto»[3]. Anche noi, per rendere infeconda la semina del maligno, possiamo riflettere su come coltiviamo nel nostro mondo interiore e intorno a noi la carità e la comunione con gli altri.


ABBIAMO TUTTI esperienza delle insinuazioni che il demonio mette nel cuore. Gesù stesso ha vissuto nella propria carne le tentazioni quando si ritirò nel deserto. Sappiamo, però, che il potere e l’influsso del maligno hanno un limite, perchè Dio è venuto sulla terra «per ridurre all'impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita» (Eb 2, 14-15). Cristo è l’unico Signore. Satana, alla fin fine, non è altro che una creatura. È certo che gli è permesso di fare il male, per motivi che magari non riusciamo a capire del tutto e che alla fine sono legati al mistero della libertà, ma è anche vero che Dio ci dà la forza sufficiente per superare qualunque tentazione e che, anche quando cadiamo, la sua misericordia è più grande di qualunque peccato.

LE TENTAZIONI, in se stesse, non sono male: sono prove con le quali possiamo crescere nell’amore di Dio o in una determinata virtù. Per questo, quando le affrontiamo per quello che sono, opportunità per unirci di più a Dio, non lasceremo che ci prenda la paura o la sorpresa. La vittoria del demonio non consiste sempre nel farci cadere, ma nel farci vivere nell’inquietudine, nel farci pensare che non è possibile vivere accanto al Signore avendo queste inclinazioni. San Josemaría diceva di sentirsi «capace di tutti gli errori e di tutti gli orrori, nei quali possono cadere le persone più disgraziate»[4]. E aggiungeva che proprio nel riconoscimento della nostra debolezza troviamo la nostra forza: ci porta a essere sinceri e a chiedere aiuto al Signore e agli altri, ad essere più comprensivi con i difetti e le lotte degli altri, e a confidare nell’amore misericordioso di Dio.

La vita cristiana non si riduce a lottare contro il male. A san Josemaría piaceva considerare che i primi cristiani erano seminatori di pace e di gioia: «Famiglie che vissero di Cristo e che fecero conoscere Cristo; piccole comunità cristiane che furono come centri di irradiazione del messaggio evangelico. Focolari come tanti altri di quei tempi, ma animati da uno spirito nuovo che contagiava chi li avvicinava e li frequentava»[5]. Effettivamente, erano coscienti dell’azione del maligno nel mondo, e anche la sperimentarono nella loro stessa vita, ma tale realtà non li portò al pessimismo o alla paura. Negli Atti degli Apostoli vediamo infatti come gli attacchi cui erano sottoposti da parte delle autorità cittadine li spingevano a predicare il Vangelo in altri posti (cfr. At 8, 1-4).

I primi cristiani sapevano di non lottare da soli. Erano parte di una comunità che li animava a seminare pace e gioia. Condividendo il Pane e la Parola trovavano la forza che li aiutava a rimanere uniti. Sapevano che potevano ricevere sollievo da un altro fratello e, allo stesso tempo, sentivano la responsabilità di far meglio quei gesti quotidiani che rinforzavano l’appartenenza a una famiglia. «La comunità che custodisce i piccoli particolari dell’amore, dove i membri si prendono cura gli uni degli altri e costituiscono uno spazio aperto ed evangelizzatore, è luogo della presenza del Risorto che la va santificando secondo il progetto del Padre. A volte, per un dono dell’amore del Signore, in mezzo a questi piccoli particolari ci vengono regalate consolanti esperienze di Dio»[6]. Maria ci può aiutare ad avere un cuore sensibile a tali gesti, per poter essere seminatori di pace e di gioia nelle anime di chi ci sta intorno.


[1] Francesco, Udienza, 15-V-2019.

[2] San Josemaría, Appunti intimi, n. 389, 14-XI-1931. Citato in Camino, edición crítico-histórica, p. 607.

[3] San Josemaría, Appunti intimi, n. 399, 18-XI-1931. Citato in ibidem.

[4] San Josemaría, In dialogo con il Signore, n. 163.

[5] San Josemaría, È Gesù che passa, n. 30.

[6] Francesco, Gaudete et exsultate, n. 145.