Meditazioni: 4ª domenica di Avvento (ciclo A)

Riflessioni per meditare nella quarta domenica di Avvento. I temi proposti sono: Maria ha saputo aprirsi all’azione di Dio; Dio si avvicina all’uomo in modo inimmaginabile; Una risposta al nostro desiderio di salvezza.

- Maria ha saputo aprirsi all'azione di Dio

- Dio si avvicina all'uomo in modo inimmaginabile

- Una risposta al nostro desiderio di salvezza


LA VERGINE MARIA aveva ascoltato con sorpresa le parole dell'angelo: «Darai alla luce un figlio e lo chiamerai Gesù» (Lc 1, 31). Ma invece di rimanere paralizzata davanti al disegno divino di cambiare il suo presente e il suo futuro, esclamò con serena convinzione: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1, 38). Ci riempie di meraviglia che parole così semplici siano la porta attraverso la quale Dio ha voluto entrare nel nostro mondo, e siano anche la porta attraverso la quale entriamo in questa settimana di Natale. «Eccomi è la parola-chiave della vita. Segna il passaggio da una vita orizzontale, centrata su di sé e sui propri bisogni, a una vita verticale, slanciata verso Dio. Eccomi è essere disponibili al Signore, è la cura per l’egoismo, è l’antidoto a una vita insoddisfatta, a cui manca sempre qualcosa»[1].

«Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele» (Is 7, 14), ha detto il profeta Isaia. Un'umile donna diventa la madre di Dio; un popolo quasi sconosciuto diventa la culla del Messia. Questo è il modo in cui Dio opera. Anche in noi, una risposta apparentemente piccola e piena di fede può trasformare la nostra vita quotidiana in una grande opera di Dio. Nei momenti più semplici della nostra vita quotidiana possiamo dire di sì a Dio che viene: in un incontro casuale con un amico, nell'andamento a volte monotono delle ore di lavoro o in una piacevole serata in famiglia.

Forse in questi ultimi giorni di Avvento siamo stati impegnati ad armeggiare con i nostri presepi. Abbiamo spostato una pecora che si era smarrita ed era rivolta verso il Bambinello, oppure abbiamo cercato di rendere più accogliente il muschio secco del prato accanto alla stalla. Sono piccoli gesti che vogliamo siano immagine della fede con cui vogliamo rispondere alle continue e sottili chiamate di Dio. Vieni, Signore, non tardare, abbiamo bisogno di te e vogliamo prepararci alla tua venuta con amore.


«Chi potrà salire il monte del Signore? Chi potrà stare nel suo luogo santo?» (Sal 24, 3). Queste parole piene di attesa esprimono uno dei desideri più profondi del salmista: abitare nella casa di Dio e contemplare il suo volto. Tuttavia, il popolo d'Israele sapeva che questo era un desiderio impossibile da realizzare. Anzi, credevano che chi avesse visto Dio sarebbe morto immediatamente, perché l'uomo non sarebbe stato in grado di sopportare la contemplazione di una tale grandezza. Ecco perché siamo così sorpresi che Dio Onnipotente abbia voluto mostrare il suo volto nella tenera figura di un bambino. Vorremmo avvicinarci a Betlemme in questi giorni con due sentimenti che si completano a vicenda: la riverenza per il mistero e l'affetto che lo accoglie nel calore di una casa.

Dio è stato molto più generoso di quanto il cuore umano potesse immaginare. Non ha solo voluto guardarci dal cielo con affetto e visitarci per un po': Dio si è fatto uno con noi ed è stato così coinvolto nella sua vigna da venire a dirci: «Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto» (Gv 15, 5). Tutto può essere alimentato dalla linfa che Cristo ci dona nei suoi sacramenti, nella preghiera, nella sua costante compagnia. Ha voluto vivere una vita umana, affinché la nostra vita umana possa acquisire una dimensione divina.

«Gesù nacque a Betlemme in una grotta, dice la Scrittura, “perché non c'era posto per loro nell'albergo”. Non mi discosto dalla verità teologica, se ti dico che Gesù sta ancora cercando alloggio nel tuo cuore»[2]. Ogni giorno abbiamo l'opportunità di seguire il suggerimento di san Josemaría e di aprire il nostro cuore a Gesù. La fede non è solo un insieme di verità, né un insieme di regole astratte da seguire. Credere in Dio significa, innanzitutto, accogliere suo Figlio dentro di noi e condividere con lui tutta la nostra vita. In breve, trasformare la nostra anima in Betlemme. Se, grazie all'affetto di Maria e Giuseppe e al calore di qualche pecora, ha potuto sentirsi a suo agio nella povertà di quella stalla... perché non dovrebbe sentirsi felice anche nei nostri cuori, se cerchiamo di dargli le gioie e i dolori di ogni nostra giornata?


«Stillate, cieli, dall'alto e le nubi facciano piovere la giustizia; si apra la terra e produca la salvezza» (Is 45, 8). L'antifona di questa quarta domenica di Avvento esprime il bisogno che sentiamo di un Dio che ci salva. In molte occasioni, la nostra preghiera sarà quella di esprimere questi desideri di Dio dal profondo del nostro cuore. Sia quando sentiamo i nostri limiti e il dolore delle nostre ferite, sia quando sperimentiamo la gioia nei piccoli dettagli, vogliamo che tutto sia permeato dall'amore di Dio. Ci rendiamo conto che una vita con lui è radicalmente diversa da un'esistenza chiusa in se stessi.

Il Figlio ha voluto diventare uomo per salvarci. E questa salvezza si spiega solo con il grande amore del Padre per noi. «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3, 16). Quando contempliamo il bambino di Betlemme, come possiamo non essere certi dell'amore di Dio per noi e della sua cura amorevole? In tutti gli eventi che fanno parte della nostra esistenza possiamo essere certi che Dio ci parla e ci salva.

Possiamo immaginare quanto debba essere stato difficile per nostra Madre vedere il suo amato figlio nascere nella povertà di una mangiatoia. Ma anche in quell'evento, così oscuro agli occhi degli uomini, deve aver visto brillare la luce di Dio. «Ciò che è veramente grande passa spesso inosservato e il quieto silenzio si rivela più fecondo del frenetico agitarsi che caratterizza le nostre città»[3]. Possiamo chiederle di farci dono della sua sensibilità e del suo cuore pieno di fede, affinché anche noi possiamo percepire Dio in tutti i dettagli della nostra vita. In questo modo, come san Giovanni Battista saltò di gioia nel grembo di sua madre alla presenza della Vergine incinta, così noi saremo pieni di gioia nel ricordare la nascita di Gesù.


[1] Francesco, Angelus, 8-XII-2018.

[2] San Josemaría, Forgia, n. 274.

[3] Benedetto XVI, Discorso, 8-XII-2012.