L’idea di fare il commissario non mi dispiaceva anche se avevo una concezione piuttosto romantica del poliziotto che scaturiva dai romanzi gialli o dalle fiction.
Quando ho cominciato a lavorare mi sono trovata immersa in una realtà che mi ha colpito per la sua durezza. Innanzitutto perché per una persona come me abituata non solo a frequentare persone oneste ma addirittura persone che si sono impegnate con Dio a cercare la santità nelle loro giornate, il passaggio a frequentare persone che normalmente delinquono non è stato facile. Anzi è stato come prendere un pugno in faccia, sul naso dove fa più male.
In secondo luogo perché i rapporti interpersonali con i superiori, i colleghi e il personale nel nostro ambiente sono improntati ad una certa durezza paramilitare. Comunque a parte il normale sbandamento dei primi anni, ho imparato a muovermi con disinvoltura in quello che ormai è il mio ambiente, a volte soffro molto, a volte mi diverto moltissimo, a volte sono delusa, ma il rapporto che si crea con i propri uomini è qualcosa di unico, qualcosa che non si può spiegare che lo capisci solo se lo vivi in prima persona. Le persone con cui lavori quando sono in gamba in genere sono eccezionali.
Amo i colori della nostra bandiera e della mia uniforme, credo nell’impegno delle persone buone e nobili per il bene di tutti e di ciascuno. Per questo scelgo il mio lavoro ogni giorno, anche se a volte la tentazione di lasciare perdere tutto e di nascondersi nel comodo anonimato del pubblico impiego è molto forte, soprattutto quando ti accorgi che il male non viene solo dall’esterno, ma proprio da coloro che come te dovrebbero lavorare per il bene di tutti.
Il mio lavoro consiste in un’attività di indagine preventiva nel settore dei pubblici appalti per evitare che si possano aggiudicare gli appalti imprese infiltrate dalla mafia ed eventualmente estromettere quelle che pure infiltrate o colluse continuano a lavorare guadagnando il denaro pubblico.
Ci tengo a sottolineare che mio marito non lo ho conosciuto in polizia. Ci siamo conosciuti molto prima che la Polizia di Stato entrasse a far parte delle nostre vite. Ci siamo conosciuti a Roma ad un corso per la preparazione al concorso di Uditore Giudiziario. Siamo diventati amici, lui poi mi faceva ridere tantissimo, con lui mi divertivo un mondo. Sta di fatto che di quanto fosse stupendo mio marito non me ne sono accorta subito. Mi sono innamorata di lui, anzi io mi innamoro continuamente di lui. Sinceramente parlando io lo amo infinitamente di più adesso di quando l’ho conosciuto 15 anni fa. Con questo non voglio negare che a volte litighiamo, solo che penso che siamo proprio l’uno la famiglia dell’altro, che ci vogliamo un bene profondo. E’ proprio come mi disse una volta il mio amico don Flavio Capucci: “per voi i giorni non passeranno invano”. Detto in breve lui è uno dei più bei doni che Dio mi abbia fatto.
La fede è la dimensione in cui vivo. Non so quando ho cominciato a credere, forse grazie alla mia famiglia è una dimensione in cui ho sempre vissuto. E’ bello avere Qualcuno da ringraziare perché è una bella giornata, per i monti, il mare, gli amici, i figli, il mondo, per l’amore. E’ bello sapere che c’è Qualcuno a cui chiedere aiuto, con cui arrabbiarti se le cose non vanno come vorresti a cui chiedere un miracolo che serve. Qualcuno con cui parlare sempre e comunque, Qualcuno a cui chiedere la pace del cuore, a cui chiedere scusa se hai sbagliato, Qualcuno capace di rendere il tuo cuore in grado di amare.
Nella mia famiglia, mia madre è una fedele dell’Opus Dei di quelle che definirei storiche. L’Opera è stata sempre presente nella mia vita. Da piccola pensavo che l’Opus Dei e la Chiesa fossero proprio un unica cosa e di fatto è così. Inoltre pensavo che il sacerdote sull’immaginetta (san Josemaría) fosse il mio parroco, si assomigliavano da morire. A parte questo ci tengo a sottolineare che io sono molto diversa da mia mamma, che amo moltissimo, e la mia vocazione all’Opus Dei è stata una scelta presa in assoluta autonomia. Sono entrata nell’Opus Dei perche Dio mi ha chiamata e io avevo voglia di esserlo. Anzi ti dirò che l’Opera è uno dei miei grandi amori.
L’insegnamento che mi piace di più di san Josemaría non è un insegnamento ma il suo sorriso. Le persone intorno a noi hanno bisogno di vedere volti sorridenti e che gli vogliamo bene con i fatti. L’amore è l’unica cosa che conta.
Non so come si vive in una famiglia di poliziotti, io so come si vive nella mia: c’è un grande caos molto ordinato. L’ordine è dato dal fatto che ci vogliamo tutti molto bene. Il più bravo di tutto è Antonio, mio marito che ci ha sempre tenuto a che restassimo sempre molto uniti Nella famiglia c’è il segreto della felicità. Il marito, i figli, noi tutti insieme siamo quello che resta, quello che conta davvero. Non contano le soddisfazioni o le delusioni del lavoro. Sono situazioni estremamente importanti che ci danno gioia o dolore, ma che devono essere assolutamente relativizzate. Gli amori, l’amore, non deve essere maltrattato a seconda delle vicende lavorative. La famiglia deve venire al primo posto per essere l’ago della bilancia, ciò che ti fa restare con i piedi per terra quando le cose vanno molto bene o molto male.
Con i miei figli gioco alla lotta oppure li porto fuori a giocare a calcio o in bici e, se non ci sono amichetti, io sono parte attiva nei loro giochi. Loro vorrebbero che ogni giorno gli leggessi delle favole, ma il più delle volte sono troppo stanca per farlo e mi dispiace perché questi anni volano come il vento, ma io la sera a volte non mi ricordo nemmeno come mi chiamo e vorrei solo che dormissero. La mattina però non vedo l’ora che mi parlino.
Per i miei figli, sogno che siano felici nella misura del possibile, che crescano sereni, capaci di scegliere fra il bene e il male, che sappiano rendere felice chi gli sta accanto.
Sicuramente prego meno di quello che vorrei, comunque prego continuamente. Certo ci sono momenti dedicati proprio all’orazione, altri in cui la paura o la gioia ti fanno pregare di più e con più consapevolezza e poi prego sempre con la testa con il cuore con le labbra, per tutti e tutto.
Un poliziotto che lavora bene è stressato come quello dei film, in certi momenti si diverte come quello dei film, ha difficoltà ad arrivare a tutto e si dimentica molte delle cose normali, tipo l’appuntamento dal pediatra, il dentista, a che ora c’è la recita della scuola, ma come quello dei film arriva miracolosamente a tutto. I film però non mostrano la noia di certi momenti interminabili, la difficoltà di sbarcare il lunario con i pochi soldi che ti arrivano a fine mese e soprattutto quanto è difficile avere il coraggio della verità. Cercare e volere la verità nel nostro ambiente è assolutamente eroico.
Anche io, come può capitare a tutti, ho rischiato di rovinare tutto per dei problemi sul lavoro e me la sono presa davvero con mio marito come se anche lui fosse la causa di tutto il male scatenato contro di me. E il mio matrimonio, invece di essere fonte di forza, lo sentivo come un macigno di cui volermi liberare. Una sera ero molto triste sono entrata in camera mia mi sono inginocchiata e ho chiesto: “Signore cambia il mio cuore”. E Lui me lo ha cambiato e oggi più che mai sento che l’amore per mio marito e per i miei figli è la chiave di tutto, protezione contro il male e leva nella mia lotta contro il male.
In quella circostanza sono diventata forte perché mai come in quel momento mi sono vista "un niente" e bisognosa di tutto l’aiuto di Dio. Anzi vorrei proprio sottolineare che questo sapermi e sentirmi così fragile mi aiuta anche a non scoraggiarmi: quando combino qualcosa di grosso, in senso sbagliato, mi rivolgo a Dio e “gli do la colpa”. Gli dico: è che non mi hai aiutata abbastanza!