La pandemia vissuta nel Covid Center del Campus Bio-Medico di Roma

Il Campus Bio-Medico ha trasformato il suo pronto soccorso, appena costruito, in uno spazio dedicato alla cura dei contagiati dal coronavirus. In questo articolo sono raccolte le testimonianze di chi ha lavorato sfidando le mille incognite di un virus sconosciuto.

L’altra faccia di ogni crisi si chiama opportunità. Difficile però scorgerle nelle settimane in cui il nuovo coronavirus falcidiava l’Italia e l’Europa riempiendo gli ospedali di malati che i medici non sapevano come curare. Arrivavano in centinaia ogni giorno con sintomi diversi e polmoniti difficili da gestire tanto che la pandemia sembrava dovesse non aver fine. Papa Francesco in più occasioni, durante l’omelia della Messa a Santa Marta, ha chiesto di pregare per il personale sanitario e per i malati, soprattutto nei momenti più devastanti della pandemia: “che siano medici, personale ospedaliero, volontari della salute o le autorità, in questo momento sono colonne che ci aiutano ad andare avanti e ci difendono in questa crisi. Preghiamo per loro”.[1]

Papa Francesco in più occasioni ha chiesto di pregare per il personale sanitario e per i malati

Ma proprio in quei giorni di marzo al Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma l’opportunità si affacciò chiara: mettere a disposizione dei malati di Covid-19 uno spazio appena allestito, moderno ed efficiente come quello destinato al futuro pronto soccorso che di lì a poco sarebbe stato inaugurato. Fedele alla sua missione e pronto a impegnarsi ancora e di più per il benessere delle persone il Policlinico Universitario Campus Bio-Medico rispondendo all’appello della Regione Lazio, ha aperto il suo Covid Center.

90 professionisti hanno aderito volontariamente e si sono lanciati con passione in una sfida inedita.

“Abbiamo deciso - racconta Felice Barela, presidente del Campus Bio-Medico - di trasformare rapidamente i locali destinati al pronto soccorso per accogliere anche noi i pazienti bisognosi di un ricovero in terapia intensiva e il primo aprile abbiamo aperto il Covid Center”

Una struttura con 37 posti letto, di cui 13 di terapia intensiva, che ha accolto pazienti, alcuni molto gravi, provenienti da tutti quartieri di Roma e anche da altre città. Medici, infermieri e personale sanitario, 90 professionisti in tutto, hanno aderito volontariamente e si sono lanciati con passione in una sfida inedita.

Mentre la parola d’ordine era, per tutti, “io resto a casa”, loro hanno deciso di rimanere in ospedale: hanno imparato a lavorare vestiti di pesanti tute, guanti e di tutti i dispositivi di protezione individuale su turni di oltre sei ore, sfidando le mille incognite di un virus sconosciuto. Intanto il policlinico ha continuato a lavorare. Un ospedale sicuro, rispettoso delle limitazioni previste dalla legge e attento a far sì che la salute delle persone e la prevenzione delle malattie rimanessero al primo posto anche durante la pandemia.

Mentre la parola d’ordine era, per tutti, “io resto a casa”, loro hanno deciso di rimanere in ospedale

“Il Campus Covid Center è totalmente separato dal resto del policlinico – ricordava in quei giorni Paolo Sormani Direttore generale del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico - Potremo gestire il paziente Covid totalmente isolato dal punto di vista strutturale, impiantistico e del personale”.

Da quel momento in poi il Campus Covid Center ha vissuto momenti di grande intensità nella cura delle persone che hanno dovuto passare giorni in completo isolamento. Qualcuno non ce l’ha fatta.

Emozionante l’arrivo del primo paziente da Bergamo nella notte del 4 aprile: “È stato trasferito in elicottero a Ciampino e poi in ambulanza per essere curato in terapia intensiva – spiega Felice Eugenio Agrò, Direttore Area Intensiva del Covid Center del Policlinico Campus Bio-Medico di Roma - È la testimonianza sul campo di come il Paese stia affrontando unito e solidale l'emergenza Covid-19 per garantire anche alle aree più esposte in questo momento cure intensive alle persone che ne hanno più bisogno”.

E la vicinanza a tutti i malati è una delle esperienze più forti che il personale medico e infermieristico, insieme al sacerdote che ha assunto il ruolo di cappellano del Covid center, hanno sperimentato in una formula del tutto inedita, come testimonia don Luca Fantini, che dal primo aprile segue i pazienti del Covid Center. “Per dare conforto ai pazienti ed essere loro vicini abbiamo allestito una piccola cappella all’interno del Covid Center. Ma più di tutto mi sono reso conto che la loro solitudine era così grande che per dare un aiuto bastava la presenza, una preghiera insieme o un piccolo gesto di umanità, come a quel paziente solo al quale ho trovato un pigiama nuovo o un giovane al quale ho portato un quaderno e le penne”.

è stata allestita una piccola cappella per dare conforto spirituale ai pazienti del Covid Center

Una missione, quella di essere vicini ai malati, abituale per le infermiere e gli infermieri, da sempre protagonisti delle cure e della vita del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico e in questa esperienza custodi di tanti momenti toccanti. Si tratta, infatti, di una missione che è la naturale conseguenza della ricerca di quello spirito di servizio di cui parlava il beato Álvaro descrivendo i caratteri fondanti del Campus Bio-Medico.[2]

“Abbiamo avuto pazienti ricoverati anche per più di 40 giorni – racconta la coordinatrice infermieristica del Covid Center Tiziana Marano – per questo il Covid Center è diventato da subito una piccola comunità. Come operatori siamo orgogliosi di aver costruito in pochissimo tempo una squadra molto motivata. Abbiamo aderito volontariamente e senza conoscere i rischi cui andavamo incontro: grazie a professionisti validi e giovani appassionati ci siamo integrati tantissimo, siamo diventati capaci di collaborare al massimo riuscendo ad aiutarci l’un altro e a sostituirci quando necessario.

Lavoriamo in un ambiente molto stressante chiusi nelle nostre tute e maschere con situazioni al limite che ci hanno portato a soccorrere pazienti già in difficoltà ridotti improvvisamente dal virus in gravi condizioni. Oggi siamo un team forte e un gruppo di persone che sta crescendo molto in questa esperienza nuova e a volte dolorosa”.

Uno dei gesti più commoventi legati alla vita del Covid Center è stata la donazione fatta alla vigilia di Pasqua da parte dei 300 detenuti del carcere di Lanciano in Abruzzo. I fondi da loro raccolti sono stati un piccolo contributo economico e un grande esempio di umanità per tutti.

Toccante è stata infine la testimonianza del primo paziente che ha lasciato il Covid Center, don Rafael Martínez, vice rettore della Pontificia Università della Santa Croce, raccontata nel giorno della Pasqua, quando è stato dimesso. “In questi giorni ho potuto ripensare al valore della Speranza cristiana, ho potuto sperimentare l’amore che Dio ha per noi, innanzitutto attraverso l’opera del personale sanitario, nella dedizione e attenzione con cui anche in condizioni difficili sono stati sempre vicini a noi pazienti seguendo ogni nostra necessità. Nel modo in cui le persone venivano trattate ho potuto sperimentare che Dio non ci lascia con le nostre sofferenze ma scende da noi, prende su di se i nostri dolori e ci apre a una nuova vita”.

Francesco Unali


[1] Papa Francesco, Omelia 20 marzo 2020.

[2] Cfr. beato Álvaro del Portillo, Omelia 15 ottobre 1993.