La forza della fede latina per l’Europa in ritirata

Intervista al cardinal Juan Luis Cipriani, pubblicata da “Avvenire” il 19 marzo 2013.

Nel cognome sono impresse le origini italiane, e i parenti lontani spesso lo reclamano a Prato. Il cardinale Juan Luis Cipriani Thorne è l'arcivescovo di Lima. Nelle congregazioni che hanno preceduto il Conclave sedeva, distanziato di un posto, accanto al cardinale Bergoglio. Tornerà in Perù convinto di portare con l'elezione di papa Francesco un cielo più bello. Nei sinodi latinoamericani e nelle riunioni dei cardinali si è spesso incontrato con lui. Può farne un ritratto preciso. Usa – ed è un complimento per un argentino di Baires sentirselo dire – il termine porteño riferendosi a Papa Francesco.

Eminenza, un suo ritratto del Papa per come lo ha conosciuto da cardinale.

È un uomo molto semplice, umile, molto vicino alla gente. Spontaneo, con una forte personalità e con decisioni personali chiare. Sempre accogliente, non è un uomo di polemiche. È un argentino vero. Direi un porteño. Come quelli del porto di Buenos Aires, spontanei e schietti.

Questo stile da Buenos Aires lo ritroveremo a Roma?

È già successo. Dopo l'elezione nella Sistina è andato a salutare il cardinale Dias che non si poteva muovere e venerdì scorso è andato a visitare il cardinale Mejia già anziano e ammalato. Questa è vicinanza. Il Papa lo farebbe anche verso un semplice sacerdote ammalato o un uomo nella tribolazione. Direi che è un uomo che vuole stare con tutti senza mostrarsi superiore. Dopo l'elezione è sempre stato con noi nell'autobus da Papa, da Santa Marta fino a San Damaso. Ha detto alle persone della macchina di voler stare con i confratelli cardinali. Nella concelebrazione alla Sistina, appena eletto, si è vestito davanti a noi con l'abito bianco. Quelli del cerimoniale erano un po' spiazzati...Questi episodi mostrano la sua vicinanza alle persone. È un segnale del suo modo di lavorare. Avrà il cuore vicino alla gente che soffre. Sarà semplice.

Un Papa buono?

Ma anche di grande personalità e sicurezza. Non è indeciso. Non ha paura di prendere iniziative. Dunque, affettuoso ma allo stesso tempo con le redini nelle sue mani.

Tutto questo gli viene dall'essere cardinale, gesuita o sudamericano?

Lo dico con l'orgoglio di noi sudamericani: è così perché è sudamericano. Sappiamo essere più vicini, più caldi, più spontanei. Papa Francesco sarà così.

Senza violare segreti, pensa che il cardinale Bergoglio s'aspettasse in Conclave di essere chiamato al Soglio pontificio? Secondo me no. Non se lo aspettava. Ero a pranzo con lui dopo l'elezione e mi ha detto: «Ho dovuto chiamare Buenos Aires perché ho lasciato sulla scrivania il lavoro che avrei dovuto fare per la Pasqua. C'è anche l'abbozzo della lettera per la Messa della Risurrezione». L'elezione era assolutamente fuori dal suo calcolo e dal suo orizzonte. Penso che si può parlare veramente di movimento dello Spirito. Sorprendere voi giornalisti è quasi impossibile, ma lo abbiamo fatto.

Lo Spirito Santo pone l'attenzione sull'America Latina. Cosa può fare il Papa per questa sua Terra?

La sua nomina ha già generato un entusiasmo grande. L'America Latina ha la grande ricchezza della religiosità popolare. Penso che questa Terra sentirà il dovere di una maggior formazione dottrinale per rinforzare il suo animo cattolico. Un sapore vivo. Qui in Europa c'è bisogno di riprendere la forza di quella cultura popolare che è stata cattolica.

Dobbiamo imitare l'America Latina?

Non so se a voi piace la parola imitare, ma si deve fare qualcosa per svegliare la gente. La povertà, la sofferenza, la solitudine nella quale vive molta gente in America Latina diventa una forza per avvicinarsi a Dio. Questo potrebbe essere un cammino dell'Europa per lasciare il consumismo, il secolarismo, che rendono difficile avvicinarsi al Signore. In America Latina le leggi difendono ancora la vita e la famiglia, invece qui c'è un attacco costante a questi valori. In qualche modo l'America Latina e il Papa Francesco possono rafforzare l'entusiasmo di una fede con una dottrina seria sulla famiglia, la vita e il rispetto della libertà religiosa. Per noi questo è normale. Non abbiamo paura di esprimere la nostra fede. L'Europa si trova in una fase di ritirata, di fatica e di timore. Questo nostro entusiasmo della fede può essere, come diceva Giovanni Paolo II, la nuova primavera. Noi non cerchiamo scorciatoie.

Gesù chiese a Francesco di riparare la sua Casa. Papa Francesco, che prende il nome del Santo di Assisi, è chiamato a un compito simile? Non si tratta di una riparazione esterna, ma interna. Dobbiamo ritornare alla semplicità della fede e alla coerenza della vita. In questo sì che dobbiamo ricostruire, curare meglio, edificare la Casa. Papa Francesco sarà il Papa della coerenza eucaristica: colui che riceve l'Eucarestia ha l'obbligo nella sua vita di coerenza e onestà. Nella Chiesa c'è l'obbligo di non fare carrierismo. Dobbiamo ripulirla di questo sentimento. Penso che il messaggio del Santo si adatti bene a questo Papa.

Dalla Loggia delle Benedizioni si è subito presentato come uomo di preghiera...

È un uomo quasi mistico, di grandi silenzi, di poche parole. Il suo è atteggiamento di bontà, di accoglienza e di vicinanza. La rivoluzione di cui parla San Francesco è la rivoluzione dell'orazione, del Vangelo, dell'Eucarestia, della confessione. Tutto questo nella semplicità.

Con quale animo torna a Lima?

È un tempo molto bello per tutta la Chiesa, perché la misericordia di Dio ci ha guardato con molto amore e ci ha inviato un Papa in modo sorprendente. Questo è un motivo di grande speranza. Le parole con le quali ha accettato sono significative. Ha detto di essere peccatore prima di tutto e poi ha parlato di infinita misericordia e pazienza di nostro Signore che gli hanno permesso di dire «accetto!». Peccato, misericordia, pazienza e Cristo. E poi la Croce dalla quale viene la gioia della Resurrezione. Non c'è bisogno più di tante parole. Basta. Adesso è il tempo della testimonianza. La fede si deve vedere con atti di misericordia. Questa è la sfida di adesso. Dire a tutti: «Mostrami la tua fede con atti di misericordia, di giustizia e di onestà».

    Giovanni Ruggero // Avvenire