La canonizzazione vista da un volontario

“La sera del 1° ottobre arrivavo al centro che avrebbe ospitato la maggior parte di noi volontari e iniziavano così le suggestioni di quella splendida esperienza”. Inizia così una delle testimonianze degli oltre 2000 volontari che hanno partecipato alla canonizzazione di Josemaría Escrivá. Eccone il testo.

Due volontari in Piazza San Pietro nelle prime ore dell'alba del 6 ottobre 2002.

Arrivato in sala mensa mi accorgevo che mi stavano attorno centinaia di persone provenienti da tutto il mondo, dal Kenya fino alle Filippine, che parlavano lingue diverse ma che si capivano con la forza dell’amore. Un amore fraterno, palpabile, discreto e che mi faceva sentire a casa. Il numero grandissimo di questa splendida famiglia che ha vissuto al centro della Protezione Civile di Castelnuovo di Porto non era da ostacolo alla realizzazione di un clima di intima condivisione.

Assegnati gli incarichi e formate le squadre mi davano da svolgere il mio servizio a Fiumicino. Una volta lì mi ponevano agli arrivi internazionali che per me sarebbero stato teatro di una serie di circostanze che mi avrebbero portato a riflettere sulla importanza della canonizzazione di Josemaría Escrivá.

Da quella posizione privilegiata avevo modo di vedere il mondo che festeggiava la persona cui devo tanto. Ero incaricato di seguire i pellegrini extracomunitari e la commozione è stata tanta nello stare in contatto con 400 persone dal Kenya, un migliaio dalle Filippine, 200 dalla Costa d’Avorio, ancora dalla Nigeria, Uganda, Stati Uniti, Canada, America centrale e del sud. E’ stata una cosa non di poco momento a livello spirituale considerare che tanti pellegrini avevano fatto sacrifici enormi per poter essere presenti in quei giorni a Roma e mi ha fatto capire quanto fosse importante il nuovo santo non solo per me e per le poche persone dell’Opera che conosco, ma per tutta la Chiesa.

La cosa più commovente era quando dei pellegrini mi chiedevano come mi chiamassi per pregare per me…ancora una volta è stato sentirsi in famiglia, incontrarsi con parenti stretti che non vedi perché stanno lontano e tornano solo per le occasioni importanti.

Un’altra cosa che mi ha colpito è la grande disponibilità delle forze dell’ordine con le quali collaboravo all’aeroporto (per questioni riguardanti i passaporti degli extracomunitari) che erano affascinati dalla figura di Josemaría Escrivá e che spesso chiedevano informazioni, pubblicazioni e quant’altro potesse essere loro utile per conoscerlo.

Altra emozione molto forte l’ho vissuta il 3 ottobre. In mattinata mi recavo a Roma, a Villa Tevere, e mi accorgevo che stavano per essere traslate le spoglie del nuovo santo, così, senza alcuna previsione, mi trovavo ad arginare la folla a pochissimi centimetri dal suo corpo e, dopo qualche minuto, passava accanto a me mons. Javier Echevarría.

Che grazia immensa che ho ricevuto…

Il giorno della canonizzazione prestavo servizio prima in metropolitana e poi in Piazza San Pietro dove ho accompagnato uno dei 1040 sacerdoti a distribuire l’Eucaristia. Fantastico è stato costatare al momento della consacrazione che tutti i pellegrini erano nel massimo silenzio contemplativo…sembrava di stare in cinque in una cappella, non in trecentomila in piazza San Pietro, così anche il giorno successivo.

Una esperienza senza paragoni, indimenticabile e che cambierà la mia vita.