La luce della fede (XIV): Il Bene e il Male: l’ordine morale

La natura ha una finalità e un proprio ordine interno – con sue leggi, ritmi e cicli –. Questo ordine interno, la Morale, è una specie di «grammatica» che dobbiamo imparare e rispettare se vogliamo coltivare un adeguato rapporto con la natura.

La cosiddetta «coscienza ecologica» si accresce ogni giorno. Ci siamo resi conto un po’ per volta che l’ambiente in cui viviamo non è in grado di tollerare tutto, e del resto è facile verificare gli effetti negativi del maltrattamento dell’ambiente naturale.

Oggi nessuno discute più sulla necessità di avere una migliore cura della nostra casa comune. Perciò quando qualcuno arreca un danno all’ambiente a vantaggio dei propri interessi personali, questo è percepito come un atto di egoismo, una ingiustizia e, in definitiva, come un male morale. Non dobbiamo servirci della natura in una maniera qualunque perché, fra le altre cose, ne comprometteremmo il futuro.

Grazie all’esperienza e agli approfonditi studi sull’ambiente, ci accorgiamo che la natura ha una finalità e un proprio ordine interno – con sue leggi, ritmi e cicli –. Quest’ordine interno finisce con l’essere una sorta di «grammatica» che dobbiamo imparare e rispettare se vogliamo coltivare un adeguato rapporto con la natura.

Per citare Benedetto XVI, «l'ambiente naturale non è solo materia di cui disporre a nostro piacimento, ma opera mirabile del Creatore, recante in sé una “grammatica” che indica finalità e criteri per un utilizzo sapiente, non strumentale e arbitrario»[1].

Comprendiamo così che la propria libertà non è assoluta ed è misura per il rispetto di questo ordine iscritto nella natura. Inoltre, si tratta di un dono ricevuto, poiché sappiamo di non essere stati noi a creare il mondo né l’ordine interno che esso possiede. Si tratta di un dono che dobbiamo curare in modo intelligente.

Una «grammatica» per l’essere umano

In tale contesto, ha un senso soffermarci a riflettere su una realtà: noi esseri umani non siamo un elemento artificiale di questo mondo; non abbiamo creato noi stessi né ci siamo sistemati in questo ambiente particolare – il mondo – per una decisione presa liberamente. Facciamo parte del creato. Ma se questo è vero, non sarebbe coerente che anche l’essere umano possedesse un ordine e una finalità interna, come una «grammatica» intrinseca che lo orienti verso un obiettivo che deve raggiungere in maniera intelligente e libera?

L'ESSERE UMANO FA PARTE DEL CREATO, PERTANTO POSSIEDE UN ORDINE E UNA
FINALITÀ INTERNA.

Comprendiamo che esiste un modo adeguato di fare attenzione alla salute del corpo per proteggere la vita umana. Non tutto ciò che a uno sembra buono necessariamente fa bene alla sua salute; non tutti i funghi sono commestibili. Però nell’essere umano c’è qualcosa di più che un’attenzione alla salute. Nel nostro cuore troviamo un irresistibile desiderio di felicità.

Grazie alla fede, noi cristiani sappiamo che siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio, che «è amore» (1 Gv 4, 8), e perciò sappiamo bene che la felicità ha una relazione con l’amore vero; in definitiva, con Dio. In realtà, è qualcosa che non appare estraneo a nessuno perché l’esperienza ci dimostra che tutti abbiamo in noi il desiderio di amore ricevuto e dato. Lo ripeto in termini più espressivi: «Il nostro cuore punta sempre in qualche direzione: è come una bussola in cerca di orientamento. Possiamo anche paragonarlo a una calamita: ha bisogno di attaccarsi a qualcosa»[2].

Molte proposte, molte strade

In che cosa consiste la felicità? Nelle ricchezze, nel piacere, nel divertimento, nel successo professionale, nell’amore? E qual è la strada buona per raggiungerla? Oggi molti sostengono recisamente che non esiste una verità intorno alla bontà o alla malvagità dell’operare in vista dell’eccellenza umana.

Esiste soltanto le verità di ogni individuo, «che consistono nell’essere autentici davanti a quello che ognuno sente nel suo interno, valide solo per l’individuo e che non possono essere proposte agli altri con la pretesa di servire il bene comune»[3]. In questo modo la «grammatica» dell’amore e della felicità umana, ossia, una verità più grande intorno all’agire morale che orienta la vita personale e sociale nel suo insieme verso una vita raggiunta non esisterebbe ed «è guardata con sospetto»[4].

Tuttavia constatiamo che, benché tutti cerchino la felicità, in questo mondo c’è molta infelicità. Ciò è percepito da tutti come un male, ovvero, come la privazione del bene adeguato all’essere umano. Non tutto ciò che l’uomo ama e ritiene sia la chiave della felicità lo è in realtà, né tutte le strade che sembrano portare alla felicità la raggiungono: le apparenze e i miraggi abbondano.

Per esempio, accade spesso che si riponga la felicità nei piaceri, nel benessere fisico o nel possesso e godimento delle ricchezze, orientando di conseguenza la condotta personale. Tuttavia, numerose persone di tutti i tempi che hanno perseguito con successo una vita di piacere, basata sul benessere e le ricchezza, affermano nel più intimo del loro cuore di essere infelici.

Non era questa la loro verità intorno a ciò che era buono per loro? E le opere con le quali perseguivano la felicità non erano moralmente buone, dato che era quella la loro verità?

Se la moralità fosse qualcosa di soggettivo, che cambia in funzione delle persone, delle epoche e delle società, si potrebbe permettere nuovamente, per esempio, la schiavitù in determinati luoghi e circostanze.

Il solo pensiero produce una repulsione, e questo perché l’immoralità della schiavitù è una verità morale indiscutibile per l’umanità; una verità acquisita dopo aver vinto forti resistenze di ragioni ottenebrate da potenti interessi personali e collettivi.

È INUMANO CHE NON VI SIA UNA VERITÀ OGGETTIVA INTORNO AL BENE O AL MALE.

Da un’altra prospettiva, l’esperienza di ogni persona che soffre nella propria carne le stragi del male morale può servire a rendersi conto che esiste un ordine morale non soggettivo.

Come spiegare razionalmente a chi ha perduto l’impiego e il sostentamento suo e della sua famiglia per una calunnia, che in realtà calunniare non è oggettivamente una cosa cattiva? Come convincerlo che è una cosa cattiva per lui o per lei, ma che può essere stato moralmente un bene per l’autore della calunnia perché ora è più felice o perché ne è derivato un bene a terze persone?

Una intuizione si fa avanti dal più profondo: è inumano che non vi sia una verità oggettiva intorno al bene o al male in relazione con l’essere umano e l’anelito del suo cuore. «Presto o tardi arriva un momento in cui l’anima non ne può più, non le bastano più le spiegazioni abituali, non la soddisfano più le menzogne dei falsi profeti»[5].

Ciò che allontana l’essere umano dalla via verso l’autentica felicità gli arreca danno, ed è perciò un male morale; invece, ciò che lo porta su questa strada è un bene. Ogni persona ha davanti a sé il compito di imparare a distinguere la verità intorno al bene e al male in relazione con l’amore e la felicità, e agire di conseguenza: è la sfida di scoprire l’ordine morale o, in altre parole, è la «grammatica» dell’amore e della felicità.

Chi conosce l’ordine morale che conduce alla felicità umana?

Ognuno deve trovare e percorrere la via della felicità con libertà, affidandosi alla propria coscienza. Tuttavia, sarebbe frustrante dover cominciare da zero nella ricerca della via che porta alla felicità. Grazie a Dio, la legge naturale è «presente nel cuore di ogni uomo e stabilita dalla ragione»[6] ed è una cosa alla quale tutti noi abbiamo un accesso diretto perché fa parte della nostra natura.

Inoltre, nessuno è un’isola, e la riflessione su ciò che fa sì che una vita umana sia riuscita ed eccellente – su come ottenere la felicità – è molto antica. Ogni persona si avvale della forza della ragione e del cuore per tale ricerca, ma essendo realisti, siamo anche consapevoli che, con non poca frequenza, l’intelletto si offusca e la volontà diventa vittima dei propri interessi e delle proprie passioni che deformano la verità.

Non è facile imbroccare l’autentico ordine morale che porta alla pienezza umana. Si percepisce un clamore di voci che avanzano proposte molto diverse, voci con innegabili attrattive ma che non sempre trasmettono la verità. Come orientarci?

IL GRANDE TESORO CHE I CRISTIANI POSSEGGONO È CHE, GRAZIE ALLA FEDE, HANNO RICEVUTO UNA BUSSOLA:
GESÙ CRISTO.

Se qualcuno vuole distinguere un buon vino da uno peggiore, potrà orientarsi chiedendo a un sommelier esperto, uno che, come frutto della propria esperienza e del proprio studio, ha raggiunto una notevole capacità di cogliere le qualità di un vino. Sul piano morale accade qualcosa di analogo.

Come diceva san Tommaso d’Aquino, «colui che si comporta rettamente in tutto possiede un retto giudizio intorno ai singoli casi. Invece, chi va soggetto a una mancanza di rettitudine viene meno anche nel giudizio: infatti chi è sveglio giudica rettamente tanto lui che è sveglio come l’altro che dorme; mentre chi dorme non ha un giudizio retto né su se stesso né sugli altri. Pertanto, le cose non sono come sembrano a chi dorme, ma come appaiono a colui che è sveglio»[7].

Il grande tesoro che i cristiani posseggono per offrirlo all’umanità intera è che, grazie alla fede, hanno ricevuto una bussola e una mappa ineguagliabili intorno all’ordine morale, che permette di percorrere la via dell’amore e della felicità. È un ordine creato da colui che ha il «copyright» dell’amore e della felicità: Dio stesso, autore dell’essere umano e del mondo.

In Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo, Dio «svela pienamente l’uomo all’uomo e gli fa notare la sua altissima vocazione»[8]. La vita di Gesù – il Vangelo – si collega con le intuizioni e le esperienze del cuore umano. Non contiene solamente un prezioso orientamento sull’amore e l’autentica felicità, ma è soprattutto l’esempio e la sapienza di Gesù, che ha additato e percorso la via della felicità e si unisce in essa a ogni persona chiamata alla vita: «vi ho dato l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi [...]. Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica» (Gv 13, 15.17).

Le verità sull’ordine morale, la cui rivelazione fu pienamente compiuta in e da Cristo, sono state ricevute e custodite nel corso dei secoli mediante il magistero del Papa e degli altri successori degli apostoli, i vescovi.

La loro missione è consistita nel conservare il deposito della fede e della morale ricevuto da Cristo e trasmetterlo intatto di generazione in generazione. Così la Chiesa offre al mondo una «grammatica» del comportamento umano e lo fa malgrado le forti pressioni che riceve in ogni tempo perché modifichi questi insegnamenti.

Lo possiamo constatare chiaramente ai nostri giorni; per esempio, per ciò che riguarda il matrimonio, l’amore e la sessualità.

A parte gli insegnamenti del Magistero, la Chiesa offre anzitutto la testimonianza ineguagliabile della vita di migliaia e migliaia di uomini e donne che, nel corso della storia, si sono sforzati di vivere in conformità a questo ordine morale. Si tratta di persone che hanno raggiunto una eccellenza umana di vita, un amore e una felicità tali da riscuotere ammirazione dovunque e che è impossibile negare.

Senza dimenticare la miseria dovuta dall’incoerenza rispetto alla vita di Cristo di molti cristiani, la Chiesa è una «fabbrica» collaudata di persone sante, come santa Teresa di Calcutta, san Massimiliano Kolbe o la neo-beata Guadalupe Ortiz de Landázuri, le cui vite dimostrano la solidità e la profonda umanità dell’ordine morale vissuto e insegnato da Cristo.

Chi si preoccupa della questione etica non dovrebbe disprezzare il fatto che l’ordine morale proposto dal cristianesimo è il più collaudato, e per più tempo, in numerose culture del mondo, dimostrando di avere la capacità di aderire al cuore umano in ambiti culturali straordinariamente diversi tra loro.

Infine, quando la Chiesa si pronuncia su questioni relative alla convivenza umana – per esempio, su alcune leggi –, lo fa soltanto se sono in gioco la dignità dell’essere umano, la giustizia o altri beni morali importanti. La Chiesa non vuole assolutamente usurpare la giusta autonomia delle realtà temporali né imporre ciò che essa pensa a coloro che non condividono la sua fede.

Partecipa al dialogo sociale offrendo la propria esperienza etica perché la storia dell’umanità dimostra che la ragione umana «deve sempre di nuovo essere purificata, perché il suo accecamento etico, derivante dal prevalere dell'interesse e del potere che l'abbagliano, è un pericolo mai totalmente eliminabile»[9]. In sostanza, la Chiesa vuole «servire la formazione della coscienza nella politica e contribuire affinché cresca la percezione delle vere esigenze della giustizia e, insieme, la disponibilità ad agire in base ad esse, anche quando ciò contrastasse con situazioni di interesse personale»[10].

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Oggi è facile sentire la chiamata a prenderci cura di noi stessi e del mondo che sta attorno a noi. In realtà questa chiamata si collega alla vocazione all’amore e alla felicità che è propria dell’essere umano.

Qualunque persona che volesse prendere sul serio questo anelito potrà trovare nel Vangelo di Cristo, che risuona nella sua Chiesa, un chiaro orientamento, una «grammatica» adatta a intavolare un dialogo con il cuore umano e con il mondo che sta attorno a noi, alla ricerca dell’autentica felicità.

Gregorio Guitián


[1] Benedetto XVI, Enc. Caritas in veritate, 29-VI-2009, n. 48.

[2] Papa Francesco, Omelia nel Mercoledì delle Ceneri, 6-III-2019.

[3] Papa Francesco, Enc. Lumen fidei, 29-VI-2013, n. 25.

[4]Ibid.

[5] San Josemaría, Amici di Dio, n. 260.

[6]Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1956.

[7] San Tommaso d’Aquino, In I Cor, c. 2, lect. 3, n. 118.

[8] Concilio Vaticano II, cost. Gaudium et spes, 7-XII-1965, n. 22.

[9] Benedetto XVI, Enc. Deus caritas est, 25-XII-2005, n. 28.

[10] Ibid.