II sottosviluppo sarà vinto dal lavoro

“Josemaría Escrivá, nel corso del suo lungo impegno pastorale, ha ribadito in continuazione che l'uomo si realizza pienamente soltanto attraverso il suo lavoro, che costituisce anche il banco di prova della sua santificazione. Occorre, dunque, muoversi con impegno sul piano della formazione.” Riportiamo l’articolo del professor Roberto Panizza uscito su “Il Sole 24 ore” l’11/11/2001.

E’ dai documenti ufficiali delle Nazioni unite che si coglie la denuncia sul crescente peggioramento, negli ultimi dieci anni, delle condizioni di vita di circa 2 miliardi di persone e di oltre 80 Paesi tra i più poveri del mondo. Diversi sono stati i tentativi di spiegare questo peggioramento. che vede responsabili soprattutto coloro che, come noi, hanno avuto la fortuna di nascere nelle zone più prospere del pianeta. Su questi temi, l'Istituto per ricerche e attività educative ha organizzato un convegno, a Napoli, in cui membri del Governo come il ministro per le Attività produttive Antonio Marzano, imprenditori come Cesare Romiti, economisti e formatori hanno portato le loro testimonianze. Dalle opinioni espresse è emersa la necessita di combattere contro la piaga del sottosviluppo con strumenti nuovi rispetto a quelli utilizzati — senza molto successo — nel passato. In particolare, non sono assolutamente più sufficienti né gli interventi che spingono verso ulteriori liberalizzazioni dei mercati, ne quelli che propongono il completamento dei processi di globalizzazione. Anzi, molte volte queste politiche sono funzionali soltanto agli interessi delle multinazionali che, come primo valore da difendere, hanno soltanto quello della tutela dei loro profitti. Anche se la scelta rischia di compromettere il diritto di milioni di persone a una esistenza dignitosa e non condizionata dallo spettro della fame.

D'altra parte, anche il trasferimento a pioggia di aiuti in denaro, se e vero che ha consentito di affrontare le più drammatiche emergenze, non contribuisce tuttavia a risolvere il problema dell'arretratezza economica alla radice. L'inutilità di molte di queste iniziative verticistiche, facilmente strumentalizzabili dai grandi potentati economici della terra, ha dimostrato l'importanza di uno dei grandi principi della dottrina sociale della Chiesa, secondo la quale l'uomo può realizzarsi e conseguire quella libertà a cui aspira, esclusivamente attraverso il proprio lavoro, che non solo gli consente di risolvere il secolare problema del suo sostentamento, ma anche quello di gran lunga più importante della propria realizzazione. Sono certamente importanti le costruzioni delle grandi infrastrutture che aiutano nella loro crescita i Paesi più poveri, ma e senza dubbio ancora più significative e fondamentale il discorso che sottolinea la rilevanza dei micro interventi, a livello di messa a disposizione delle comunità più povere, sia di tecnologie appropriate che consentano — per esempio — l'approvvigionamento idrico nei villaggi più sperduti, sia di strutture creditizie elementari, che forniscano anche agli individui meno fortunati l'opportunità di poter attingere a quelle modeste risorse finanziarie, che rivestono tuttavia per loro un'importanza fondamentale. Soprattutto occorre lavorare nel campo della formazione sulla base del principio che a chi soffre di fame non si deve regalare il pesce, ma si deve insegnare il modo con cui pescarlo.

E per questo che il pensiero di Josemaría Escrivá, fondatore dell'Opus Dei, recentemente portato all'onore degli altari, è di particolare attualità. Egli, nel corso del suo lungo impegno pastorale, ha ribadito in continuazione che l'uomo si realizza pienamente soltanto attraverso il suo lavoro, che costituisce anche il banco di prova della sua santificazione. Occorre, dunque, muoversi con impegno sul piano della formazione, che sola mette in condizione l'uomo di gestire con impegno il proprio destino: e unicamente attraverso questa via che si riesce ad assicurare agli individui più emarginati di riappropriarsi anche di quella libertà che spetta loro e che si sono, invece, visti sistematicamente negare.

Non sono, infatti, esseri liberi coloro la cui unica libertà è quella di scegliere il modo meno traumatico con cui morire di fame.

Il Sole 24 ore // Roberto Panizza