Essere uomo, essere donna: quale identità, quali differenze?

L’antropologia contenuta nel Magistero di Giovanni Paolo II risponde ai grandi interrogativi relativi all’essere uomo e all’essere donna oggi. Con il proposito di approfondirne la ricchezza e l’attualità, presso la sala dell’Icef a Roma, sono stati organizzati tre cicli di lezioni rivolte a professioniste e madri di famiglia, dal titolo “L’uomo e la donna negli insegnamenti di Giovanni Paolo II”.

Che senso ha oggi parlare di femminilità? Il cosiddetto secondo sesso ha raggiunto la parità che cercava? Quale dei vari femminismi valorizza davvero la donna? E’ proprio vero che il racconto biblico della costola di Adamo è stato la causa di ogni misoginia?

Per rispondere a questi e altri interrogativi, circa un centinaio di madri di famiglia e giovani professioniste ha partecipato a tre cicli di lezioni organizzati tra gennaio e maggio a Roma, presso la sala dell’Icef (Iniziative Culturali, Educative e Familiari), dal titolo “L’uomo e la donna nel Magistero di Giovanni Paolo II”. I relatori sono stati la dott.ssa Pilar Rio, della Pontificia Università della Santa Croce, la dott.ssa Maria Teresa Russo, dell’Università Campus Bio-Medico e don Michele Diaz, parroco di sant’Eugenio. L’idea è nata dal desiderio di riflettere insieme sui testi in cui il Santo Padre affronta i temi dell’identità maschile e femminile, non per ricavarne ricette, ma per trovare una bussola che consenta di orientarsi nell’attuale pluriverso di valori.

L’analisi degli scritti di Giovanni Paolo II, in particolare della Mulieris Dignitatem e della Lettera alle donne, è stata un’occasione per comprovare che l’antropologia cristiana, lungi dal relegare la donna in una posizione d’inferiorità, riesce a valorizzarla adeguatamente, senza omologarla né contrapporla all’uomo. La mascolinità e la femminilità, infatti, trovano il loro senso profondo nell’originaria apertura della persona umana alla relazione con l’altro: parlano il linguaggio del dono, che è il linguaggio della creazione, per cui solo nell’ottica del dono possono essere comprese adeguatamente. L’umano si realizza attraverso una dualità, quella dell’essere uomo e dell’essere donna, che rappresenta una possibilità di arricchire il mondo e le relazioni, senza esaurirsi nella semplice differenza biologica tra i sessi. Tutte le volte che la donna cerca di adeguarsi a modelli maschili, rinuncia, pertanto, alla possibilità di dare un contributo specifico alla società; tutte le volte che l’uomo pretende di ignorare il valore del “genio femminile”, perde una chance indispensabile per crescere in umanità.

Commentava una giovane professionista statunitense alla fine di una lezione: “Oggi, nel mio Paese, noi donne siamo finalmente presenti in tutti gli ambienti, svolgiamo tutti i tipi di lavori…Ma non siamo più contente…siamo più stanche!”. E aggiungeva di aver capito che di questa stanchezza della donna è responsabile una visione del lavoro altamente competitiva, disegnata su modelli maschili, unita a una scarsa valorizzazione della maternità e della dedicazione alla famiglia. Proprio nella cultura statunitense, infatti, si è fatta strada, per poi diffondersi in Europa, quella distinzione tra sex (sesso) e gender (genere), che ha considerato il gender, l’identità di genere, come una costruzione storica e sociale. Tale distinzione ha condotto a mettere in discussione la famiglia, il cui perno è la relazione stabile e specifica di complementarità e reciprocità tra i due sessi.

Un’altra giovane madre, alla fine del corso, ha deciso di riunire a casa sua un gruppo di amiche, per riflettere assieme sul ruolo della donna nella famiglia e per intervenire attivamente in vista di una pubblicità più a favore dell’immagine della donna e della famiglia. Le era stato di grande aiuto considerare il valore del “genio femminile” negli scritti del Santo Padre, assieme all’invito di san Josemaria Escrivà: “Grazie alle sue doti naturali, la donna può arricchire notevolmente la vita civile...Le doti femminili costituiranno la migliore garanzia che saranno rispettati gli autentici valori umani e cristiani al momento di prendere le misure che interessano in qualche modo la vita della famiglia, l’ambiente educativo, l’avvenire dei giovani” (Colloqui, n.90).