Erano le sue azioni ad arrivare al cuore

"Dalla visita in Polonia all’ultima benedizione: il Pontefice sapeva provocare un impatto profondo". Articolo del Prelato dell'Opus Dei pubblicato su "Il Messaggero" il 3 aprile 2006.

Manteniamo nella memoria l'immagine incancellabile del vento che agita le pagine di una Bibbia aperta su di un semplice féretro di legno, davanti alla basilica di S. Pietro. Possiamo dire che lì attorno si era radunato il mondo intero: cardinali, re, presidenti, normali fedeli, leaders religiosi, giornalisti e, soprattutto, giovani giunti da tutti gli angoli della terra. Moltissime altre persone contemplavano la scena dalle loro case.

Giovanni Paolo II ha consumato la sua vita andando a incontrare la gente, e il mondo intero al suo funerale ha voluto ricambiare il suo gesto: è corsa da lui. Con l'unica forza di una vita indiscutibilmente santa, il Papa defunto era riuscito ad attirare persino molti di coloro che non la pensavano come lui. Come una silenziosa calamita, si era trasformato in un punto di convergenza dell'unità, della carità, del rispetto reciproco e della buona volontà.

È ancora troppo presto per fare un bilancio di una vita tanto ricca; tuttavia, quando si esaminano gli avvenimenti di quel mese di aprile, è inevitabile domandarsi: Qual è la permanente eredità di Giovanni Paolo II? Lo storico Christopher Dawson disse una volta che “per cambiare il mondo, a un cristiano è sufficiente essere, e non ci sembra precipitoso affermare che, in quanto cristiano, Giovanni Paolo II è stato.

"...l'incontro in carcere con Alí Agca; la spontanea comprensione con i bimbi e gli ammalati; la consuetudine di baciare la terra di una nazione non appena sceso dall'aereo; il silenzio eloquente alla finestra papale a causa della sua sofferenza… Erano se

È chiaro che Giovanni Paolo II ha cambiato il ruolo del papato nel mondo. A Roma la sensazione della sua presenza è ancora viva e reale nell'interminabile fila dei pellegrini che pregano davanti alla sua tomba e nelle folle che accorrono per ascoltare il suo successore.

Anche se è stato un Papa di molte parole (omelie, discorsi, encicliche, poemi, libri e perfino opere teatrali), Giovanni Paolo II sapeva perfettamente che l'impatto più profondo non sarebbe stato prodotto dai suoi testi o dalle parole, per quanto fossero valide. Infatti, ciò che più ricordiamo noi sono le sue azioni simboliche: la prima visita in Polonia; l'incontro in carcere con Alí Agca; la spontanea comprensione con i bimbi e gli ammalati; la consuetudine di baciare la terra di una nazione non appena sceso dall'aereo; il silenzio eloquente alla finestra papale a causa della sua sofferenza… Erano segni tangibili di qualcosa di molto profondo.

Una volta, dopo essere stato ricoverato, parlò della necessità di predicare “il vangelo della sofferenza”. E quando, in silenzio, arrivò ai suoi ultimi giorni –durante la Settimana Santa, che commemora il mistero della morte e la speranza nella vita eterna–, furono proprio la sua sofferenza e la sua morte a captare e a trattenere l'attenzione di tutto il mondo. La personalità, l'amore e il sacrificio hanno un linguaggio proprio, e grazie a questo milioni di uomini e di donne che non leggeranno mai un'enciclica “hanno ascoltato” chiaramente il suo messaggio durante quei giorni.

Giovanni Paolo II ha saputo però soprattutto preparare la Chiesa per servire l'umanità nel nuovo Millennio. Il papa sapeva molto bene che il più grande regalo che la Chiesa può offrire al mondo non è altro che la santità "incarnata" nelle persone: cioè i santi, sempre necessarie e sempre troppo pochi.

"Il papa sapeva molto bene che il più grande regalo che la Chiesa può offrire al mondo non è altro che la santità "incarnata" nelle persone: cioè i santi, sempre necessarie e sempre troppo pochi".

Uno dei santi da lui canonizzati, Josemaría Escrivá, ha scritto: “Queste crisi mondiali sono crisi di santi”. Conosciamo bene l'impatto che sulla storia hanno causato le vite di Agostino, di Benedetto, di Francesco d'Assisi, di Tommaso d'Aquino o di Giovanna d'Arco. Invece, quanti sono in grado di ricordare i nomi dei papi o degli imperatori che hanno dominato il mondo quando essi erano in vita? Attraverso i secoli sono i santi coloro che per davvero arricchiscono la vita intellettuale e spirituale della Chiesa e del mondo, modellando le intelligenze, i cuori e le vite di milioni di persone.

È molto importante il fatto che Giovanni Paolo II abbia canonizzato più santi di tutti i suoi predecessori messi assieme. In vista del nuovo millennio, scrisse: “Ringrazio il Signore che mi ha concesso di beatificare e canonizzare, in questi anni, tanti cristiani e tra loro molti laici che si sono santificati nelle condizioni più ordinarie della vita. È ora di riproporre a tutti con convinzione questa "misura alta" della vita cristiana ordinaria: tutta la vita della comunità ecclesiale e delle famiglie cristiane deve portare in questa direzione". (Novo millennio ineunte).

Queste canonizzazioni non sono state un semplice riconoscimento del servizio eroico e delle virtù dei santi, bensì anche un pressante ricordo della vocazione a cui è chiamato ogni cristiano. I santi canonizzati da Giovanni Paolo II –uomini e donne che davvero furono cristiani e dunque cambiarono il mondo– sono, insieme, un regalo e una sfida per un mondo al quale i problemi non mancheranno mai. Sono una impressionante eredità di santità, forse l'eredità più importante che Giovanni Paolo II ci ha lasciato, per lo meno fino a quando egli stesso non sarà contato nel numero dei santi: quel giorno, la sua grande eredità non saranno più i santi che egli ha canonizzato, ma il santo che egli stesso è stato.

+ Javier Echevarría

    Mons. Javier Echevarría // Il Messaggero