È l’ora del tu per tu personale

Cosa spetta a Dio in queste circostanze come quella di una pandemia? Un comportamento pienamente responsabile, ma anche un ricorso a lui attraverso la preghiera. Una riflessione di don Michelangelo Pelàez.

I nostri vescovi italiani, hanno recepito tempestivamente tutte le misure del governo nella campagna di prevenzione e contagio del corona virus tra cui quella di sospendere le messe pubbliche in tutta Italia. Il precetto evangelico, “a Cesare ciò che è di Cesare” è stato applicato fedelmente. Non dimentichiamo però, come cristiani, di “dare a Dio ciò che è di Dio”con la sicurezza che l’ubbidienza a Cesare darà così migliori risultati.

Non dimentichiamo però, come cristiani, di “dare a Dio ciò che è di Dio”

E cosa spetta a Dio in queste circostanze di pandemia oramai dichiarata? Un comportamento pienamente responsabile, che comprende non solo l’osservanza delle regole fissate dalle autorità sanitarie tradotte in legge dallo Stato, ma anche il ricorso a Dio, Padre provvidente, mediante la preghiera; consapevoli che senza di lui possiamo fare ben poco.

Certamente, la preghiera di maggior valore è l’Eucarestia, preghiera sacrificale di Gesù Figlio di Dio che intercede incessantemente per noi, che non mancherà di essere celebrata privatamente, senza popolo, avendo come intenzione principale le necessità di un’umanità afflitta dalla epidemia del corona virus.

Frutto della celebrazione eucaristica è la presenza reale di Gesù nel tabernacolo. Le nostre chiese restano abitate, sono luogo non soltanto di celebrazioni comunitarie ma anche di incontro personale con Cristo Pane: perciò i nostri vescovi hanno ricordato che vanno lasciate aperte. E rispettando le regole fissate dal governo, è da augurarsi che la pietà eucaristica e quindi la vita di fede ne escano rafforzate. Fare di necessità virtù è proprio del cristiano che di fronte alle contrarietà e prove della vita non si ribella né si sente frustrato, ma coglie l’occasione di un amore più puro e creativo ai disegni di Dio.

la fede e l’amore non trovano barriere per unirsi spiritualmente a Dio

Più volte i cristiani si sono trovati impediti a celebrare o partecipare all’Eucarestia e hanno dimostrato che la fede e l’amore non trovano barriere per unirsi spiritualmente a Dio se si dedica il tempo e l’attenzione necessaria a una preghiera che può essere sempre sostanzialmente eucaristica. Il Magistero solenne della Chiesa ha dichiarato nel Concilio di Trento che “i nostri padri distinsero giustamente e saggiamente tre modi di ricevere l’eucarestia . Insegnarono, infatti, che alcuni ricevono questo sacramento solo spiritualmente come i peccatori; altri solo sacramentalment, e sono quelli che, mangiando quel pane solo con un atto di desiderio, per la fede viva che opera per mezzo della carità (Gal 5,6) ne traggono frutto e vantaggio; i terzi lo ricevono sacramentalmente e insieme spiritualmente, e sono coloro che prima si esaminano e si preparano in modo da accostarsi rivestiti dell’abito nuziale a questa mensa divina (cfr. Mt 22,11s)”.

“Vorrei Signore riceverti con la purezza, umiltà e devozione con cui ti ricevette la tua santissima Madre, con lo spirito e il fervore dei santi.”

Molte sono le parole ed espressioni della comunione spirituale conosciute dalla tradizione della Chiesa. San Josemaría ne diffuse in tutto il mondo una molto breve, quella che imparò da un padre scolopio che lo preparava a ricevere la prima comunione; e dice così: “Vorrei Signore riceverti con la purezza, umiltà e devozione con cui ti ricevette la tua santissima Madre, con lo spirito e il fervore dei santi.” Quel vorrei al condizionale detto “con fede viva che opera per mezzo della carità” esprime un fervente desiderio di ricevere l’Eucarestia che non viene deluso, nonostante la consapevolezza della propria indegnità.

La comunione spirituale, può essere dunque la orazione frequente che alimenta la pietà eucaristica e dà la forza per condurre una vita coerentemente cristiana, fatta di serena attenzione alle necessità degli altri. Recitate poi davanti al Tabernacolo -durante una sosta in cui si rivivono i momenti della Messa, si medita la Parola di Dio e si recitano alcune preghiere della liturgia eucaristica- nutrirà specialmente la vita del cristiano.

È l’ora di riscoprire l’importanza della preghiera personale in Chiesa e nel “segreto” della propria stanza

Questi sono tempi in cui siamo chiamati a vivere con particolare responsabilità personale tutte le amabili esigenze della vita cristiana, a intensificare con esemplarità l’amicizia personale, la convivenza famigliare con momenti di preghiera più intima e di aiuto reciproco senza dimenticare di invocare l’aiuto di Dio per chi è contagiato, per gli operatori sanitari e per quanti sono in prima linea proteggendo la popolazione dal diffondersi della pandemia. È l’ora di riscoprire l’importanza della preghiera personale in Chiesa e nel “segreto” della propria stanza, l’ora dell’apostolato e della pastorale a tu per tu. Nessuna passività né trascuratezza sono giustificate.

di don Michelangelo Pelàez