Che cos’è la filiazione divina

"Dio ci ama non soltanto quando rispondiamo alle sue richieste, ma anche quando non lo facciamo. Quando ci allontaniamo da Dio, Lui cerca il modo di venirci incontro perché ritorniamo a Lui." In questa nuova puntata della serie di testi con domande sulla fede cristiana si parla del dono della filiazione divina.

Sommario

1. Che cosa è la filiazione divina

2. La filiazione come dono

3. Filiazione e impegno verso gli altri

4. Il dono di pietà


    Che cosa è la filiazione divina

    La vita cristiana è fondata sulla realtà di Dio che ci ama. Questa è la realtà fondamentale che ordina la nostra vita. Dio ci ama non soltanto quando rispondiamo alle sue richieste, ma anche quando non lo facciamo. Quando ci allontaniamo da Dio, Lui cerca il modo di venirci incontro perché ritorniamo a Lui.

    Chiamiamo senso della filiazione divina questa consapevolezza dell’amore di Dio per noi. Sapere che ci ama come un padre ama i suoi figli e dà la vita per loro. Questa convinzione si basa su una realtà soprannaturale: la nuova relazione che Dio Padre stabilisce con noi mediante la grazia, per la quale ci rende suoi figli nel suo Figlio Gesù, donandoci lo Spirito Santo.

    Questo è un grande mistero. Per questo motivo ci risulta difficile renderci conto di questa verità: siamo realmente figli di Dio. Cristo con la sua Passione e morte ci ha ottenuto questo dono incommensurabile.

    È audace per noi, povere persone, rivolgerci a Dio come Padre. Ma lo stesso Cristo ci ha insegnato a dialogare con Lui in questo modo, e così facciamo ogni volta che recitiamo il Padre Nostro. Gesù ci ha insegnato questa preghiera e, con il battesimo, ci ha resi partecipi della sua stessa vita, la vita della grazia: grazie a essa siamo figli di Dio per adozione.

    Così lo spiega il Catechismo della Chiesa Cattolica: «Ciò che l’uomo non può concepire, né le potenze angeliche intravvedere, cioè la relazione personale del Figlio nei confronti del Padre (cfr. Gv 1,1), ecco che lo Spirito del Figlio lo comunica a noi, a noi che crediamo che Gesù è il Cristo e che siamo nati da Dio (cfr 1 Gv 5,1)» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2780).

    Tutti abbiamo un concetto, una certa idea di cosa sia la paternità, in parte influenzata dalla relazione che abbiamo avuto con i nostri genitori. Questa immagine di padre che portiamo dentro di noi può essere molto positiva, però, a volte, può risultare carente, semplicemente perché il rapporto con il nostro padre terreno è stato tale. Tuttavia, Dio è il Padre perfetto; in Lui non c’è alcuna mancanza, nessuna distorsione. In Lui si realizzano pienamente le caratteristiche della paternità: il suo amore infinito, la cura per ogni persona, la provvidenza con cui dispone nel miglior modo possibile gli eventi. Il senso della filiazione divina può quindi sanare qualsiasi ferita lasciata nel nostro cuore da un legame paterno-filiale non del tutto riuscito.

    Meditare con san Josemaría

    «Vivrai così (con la filiazione divina) un autentico programma di vita interiore che ha come perno quelle norme di pietà con Dio — poche, ripeto, ma costanti —, che ti permetteranno di acquisire i sentimenti e le maniere di un buon figlio.» (Amici di Dio, 150).

    «Riposa nella filiazione divina. Dio è un Padre — tuo Padre! — pieno di tenerezza, di infinito amore. — Chiamalo Padre molte volte, e digli — a tu per tu — che gli vuoi bene, che gli vuoi bene moltissimo!: che senti l’orgoglio e la forza di essere figlio suo.» (Forgia, 331).

    «La gioia è conseguenza necessaria della filiazione divina, del saperci amati con predilezione da nostro Padre Dio, che ci accoglie, ci aiuta e ci perdona.

    — Ricòrdatelo bene e sempre: anche se qualche volta sembra che tutto crolli, non crolla niente!, perché Dio non perde battaglie.» (Forgia, 332).

    «Un figlio di Dio non ha paura della vita e non ha paura della morte, perché il fondamento della sua vita spirituale è il senso della filiazione divina: Dio è mio Padre, egli pensa, ed è l’Autore di ogni bene, è tutta la Bontà. — Ma tu e io, agiamo davvero da figli di Dio?» (Forgia, 987).

    La filiazione come dono

    Ciò che potremmo chiamare “senso della filiazione divina” non è qualcosa di teorico, non è il possesso di un concetto. «È una grazia destinata a orientare il pensare e il volere, il sentire e l’operare (...). Perché possa irradiare luce e calore al comportamento del cristiano, però, tale dono ha bisogno di essere ravvivato come una brace» (Vita quotidiana e santità nell’insegnamento di san Josemaría, II, p. 21).

    Per san Josemaría, la filiazione divina è una verità che serve da fondamento per la nostra vita. Il fondatore dell’Opus Dei aveva ben presenti le parole di san Paolo nella lettera ai Romani, quando l’Apostolo ricorda che non siamo servi, ma figli, che non agiamo per timore, ma che abbiamo lo spirito di adozione (cfr Rom 8, 15.27). E poiché siamo figli, siamo anche eredi: la nostra meta è arrivare in Cielo e partecipare eternamente alla vita divina. Questo può essere il tono del nostro rapporto con Dio: Egli ci ha affidato un compito che impegna tutta la nostra vita e ci assiste costantemente. Ci guida per mano, come un padre fa con il figlio che ancora non sa camminare da solo. Per questo non temiamo nulla e nessuno, nemmeno noi stessi, la nostra debolezza o le nostre ribellioni: Dio Padre le conosce, ne tiene conto e ci aiuta ad andare avanti. Possiamo sempre ricominciare.

    Essere figli di Dio comporta il desiderio e la volontà di assomigliare a Lui. Siamo stati creati a Sua immagine e somiglianza, e desideriamo che la bellezza del Padre si imprima nella nostra anima (cfr Catechismo, n. 2784). L’esperienza della filiazione divina si realizza anche quando si presenta nella nostra vita la sofferenza, la croce. È in quei momenti che avviene l’identificazione con Cristo, che ha sofferto ed è morto per noi per compiere la volontà del Padre.

    San Josemaría considera la filiazione divina adottiva alla luce del mistero dell’Incarnazione. Grazie a questa realtà divina, tutte le attività nobili possono essere considerate come azioni di un figlio di Dio, perché tutte sono state assunte da Cristo.

    Un altro atteggiamento legato alla filiazione è l’umiltà e la fiducia che ci rende come bambini. Lo stesso Gesù ha detto che il Padre si rivela «ai piccoli» (cfr Mt 11,25; cfr Catechismo, n. 2785).

    Meditare con san Josemaría

    «La filiazione divina è il fondamento dello spirito dell’Opus Dei. Tutti gli uomini sono figli di Dio. Ma un figlio si può comportare con suo padre in diverse maniere. Bisogna rendersi conto che il Signore, volendoci suoi figli, ci ha ammessi a vivere nella sua casa, in mezzo al mondo: ha voluto che fossimo della sua famiglia, che tutte le cose sue fossero nostre e le nostre sue, che lo trattassimo con tanta familiarità e fiducia da chiedergli, come fa il bambino, la luna!

    Un figlio di Dio tratta il Signore come Padre. Non con ossequio servile né con riverenza formale, ma con sincerità e fiducia. Dio non si scandalizza degli uomini, non si stanca delle nostre infedeltà. Il Padre del Cielo perdona qualsiasi offesa, quando il figlio torna a Lui, quando si pente e chiede perdono. Anzi, il Signore è a tal punto Padre da prevenire il nostro desiderio di perdono: è Lui a farsi avanti aprendoci le braccia con la sua grazia.» (È Gesù che passa, 64).

    «Il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò paura? (Sal 26, 1). Di nessuno. Parlando in questo modo con il Padre celeste, non avremo paura di niente e di nessuno.» (Amici di Dio, 95).

    «Non si può dire che ci siano realtà — buone, nobili, e anche indifferenti — esclusivamente profane: perché il Verbo di Dio ha stabilito la sua dimora in mezzo ai figli degli uomini, ha avuto fame e sete, ha lavorato con le sue mani, ha conosciuto l’amicizia e l’obbedienza, ha sperimentato il dolore e la morte.» (È Gesù che passa, 112).

    Filiazione e impegno verso gli altri

    La consapevolezza della filiazione divina, unita a questa fiducia nel nostro Padre Dio, ci spinge a donarci agli altri e a voler condividere questo dono con tutti gli uomini, poiché abbiamo trovato il senso della nostra esistenza.

    Il desiderio di rendere partecipi altre persone della grazia divina fa parte della filiazione e ci porta a sentirci più fratelli degli uomini, sviluppando la capacità di donarci agli altri non contando solo sulle nostre forze, ma su quelle che derivano dalla consapevolezza di essere figli di Dio. Il senso della filiazione divina ci spinge a riporre tutta la nostra fiducia nella cura amorevole del nostro Padre Dio e a diffondere questa realtà tra le persone che ci circondano, affinché anche loro possano vivere animate da questa fiducia. Il vero senso apostolico nasce dalla certezza che il braccio di Dio non si è accorciato, che Egli è sempre accanto a noi.

    La fiducia che deriva dalla filiazione divina ci permette di porci obiettivi elevati. In modo molto bello, sant’Agostino dice: «Che cosa può, infatti, negare alla preghiera dei suoi figli Colui che ha già permesso loro di essere suoi figli?» (Serm. Dom. 2, 4, 16). Nel salmo II, Dio Padre si rivolge a Cristo dicendo: “Chiedimi e ti darò in eredità le genti”. Questa fiducia in Dio può applicarsi a tutte le situazioni della nostra vita: quelle più piccole e quelle più rilevanti. La nuova condizione che l’uomo raggiunge con la grazia battesimale culminerà nella gloria del Cielo, che non è altro che «la pienezza della filiazione divina”» (san Josemaría, Lettera 2-II-1945, n. 8).

    Meditare con san Josemaría

    «Iesus Christus, Deus homo: ecco i magnalia Dei (At 2, 11), le opere meravigliose di Dio, dinanzi alle quali dobbiamo meditare e di cui dobbiamo rendere grazie al Signore, a colui che è venuto a portare la pace in terra agli uomini di buona volontà (Lc 2, 14), a tutti coloro che vogliono unire la loro volontà alla Volontà santa di Dio: non soltanto ai ricchi, né soltanto ai poveri, ma a tutti gli uomini, a tutti i fratelli. Perché tutti siamo fratelli in Gesù, tutti figli di Dio e fratelli di Cristo; e sua Madre è nostra Madre.

    Sulla terra non c’è che una razza: quella dei figli di Dio. Tutti dobbiamo parlare la stessa lingua, quella che ci insegna il Padre nostro che è nei cieli, la lingua del dialogo di Gesù col Padre, la lingua che si parla col cuore e con la mente, quella stessa che usate ora nella vostra orazione. È la lingua delle anime contemplative, di coloro che sanno essere spirituali perché consapevoli della loro filiazione divina; una lingua che si esprime in mille mozioni della volontà, in tante illuminazioni radiose dell’intelligenza, negli affetti del cuore, nelle decisioni di condurre una vita retta, santa, lieta e pervasa di pace.» (È Gesù che passa, 13).

    «Frater qui adiuvatur a fratre quasi civitas firma —Il fratello aiutato dal fratello è forte come una città murata. —Rifletti un momento e deciditi a vivere la fraternità che sempre ti raccomando.» (Cammino, 460).

    «Per questo vi ripeto oggi con san Giovanni: Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! (1Gv 3, 1). Figli di Dio, fratelli del Verbo fatto carne, di colui di cui fu detto: In lui era la vita, e la vita era la luce degli uomini (Gv 1, 4). Figli della luce, dunque, e fratelli della luce; portatori dell’unica fiamma capace di accendere i cuori degli uomini.» (È Gesù che passa, 66).

    Il dono di pietà

    Il dono di pietà, uno dei sette doni dello Spirito Santo, ci aiuta a rapportarci a Dio come Padre, a stabilire questa relazione filiale in modo abituale. In concreto, il dono della pietà «è una disposizione a essere mossi dallo Spirito Santo e a comportarsi da figli di Dio» (Ernst Burkhardt - Javier López, Vita quotidiana e santità nell’insegnamento di San Josemaría. Studio di teologia spirituale, Vol. 2., Rialp 2011, p. 103. San Paolo ci dice: «Tutti quelli infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio.» (Rm 8,14).

    Nella filiazione divina troviamo anche la base per una vera libertà, perché il figlio non agisce per dovere, ma per il desiderio di compiacere i propri genitori, per la fiducia che ciò che gli viene chiesto è buono per lui. L’amore, che è il vero motore della libertà, si esprime nel desiderio di vivere secondo la volontà di Dio, di far sì che gli insegnamenti di Cristo facciano parte della propria vita e di accogliere docilmente le ispirazioni dello Spirito Santo.

    Infine, la filiazione divina è anche il fondamento della nostra gioia. Ciò che può rattristare di più una persona è la solitudine. A volte possiamo sentirci soli al lavoro o nella nostra famiglia, ma se riflettiamo bene, in tutte queste situazioni siamo molto accompagnati dal Signore. Sapere che possiamo sempre contare su di Lui è la più grande fonte di fiducia, serenità e gioia.

    Come crescere in questo fondamento della nostra vita spirituale? Possiamo chiedere la grazia di crescere in questa consapevolezza di essere figli, ma è anche alla nostra portata coltivare il nostro rapporto con Dio, confermarci in Lui, fidarci di Lui, anche nelle cose più piccole. Dobbiamo diffidare un po’ di noi stessi, delle nostre opinioni, delle nostre forze. Che il piatto della bilancia di Dio pesi sempre molto di più del nostro. Dobbiamo renderci conto e apprezzare i tanti aiuti divini che abbiamo ricevuto nella nostra vita e che Dio ci dà ogni giorno. A volte sono cose molto piccole, ma che riflettono il suo affetto di Padre per noi.

    La maternità della Vergine Maria è partecipazione della paternità di Dio: siamo figli di Dio anche grazie alla sua maternità: il «Donna, ecco tuo figlio» (Gv 19, 26) ci ha resi fratelli di Cristo e quindi figli nel Figlio. Vivere la filiazione mariana è un aspetto della filiazione divina: «sarete allattati, sarete portati in braccio, accarezzati sulle ginocchia. Come un uomo consolato da sua madre così io consolerò voi» (Is 66,12-13).

    Meditare con san Josemaría

    «Questa lotta di chi sa di essere figlio di Dio non comporta tristi rinunce, tetre rassegnazioni, o privazioni della gioia: essa è il modo di reagire dell’innamorato che, nel lavoro e nel riposo, nella gioia e nella sofferenza, pensa alla persona amata, e per lei affronta volentieri le difficoltà. Nel nostro caso, inoltre, poiché Dio — insisto — non perde battaglie, uniti a Lui saremo vincitori.» (Amici di Dio, 219).

    «L’evangelista San Luca racconta che Gesù stava pregando…: che orazione sarà stata quella di Gesù! Contempla con calma questa realtà: i discepoli frequentano Gesù e, nelle loro conversazioni, il Signore insegna — anche con l’esempio — come devono pregare, e il grande portento della misericordia divina: il nostro essere figli di Dio e il poterci rivolgere a Lui come un figlio parla a suo Padre.» (Forgia, 71).

    «La vita d’orazione e di penitenza e la consapevolezza della nostra filiazione divina, ci trasformano in cristiani di profonda pietà, simili a bambini davanti a Dio. La pietà è la virtù dei figli, e perché il figlio possa abbandonarsi nelle braccia di suo padre, deve essere e sentirsi piccolo, bisognoso di tutto. Ho meditato frequentemente sulla vita di infanzia spirituale: essa non è in contrasto con la fortezza; anzi, richiede una volontà forte, una maturità ben temprata, un carattere fermo e aperto.» (È Gesù che passa, 10).

    «Poiché Maria è Madre, la sua devozione ci insegna a essere figli: ad amare sul serio, senza misura; a essere semplici, senza tutte le complicazioni che nascono dall’egoismo di pensare solamente a se stessi; a essere allegri, sapendo che nulla può distruggere la nostra speranza.» (È Gesù che passa, 143).