Cetti: da giovane atea alla ninnananna Avemaria

Cetti, sposata con Giovanni, ha lavorato quasi dieci anni in una grande azienda di abbigliamento, viaggiando spesso, soprattutto in Cina. Con l’arrivo dei figli e il Covid, si è reinventata come libera professionista. Ecco la sua testimonianza.

Cetti ha conosciuto Giovanni durante una vacanza a Sorrento. «Giovanni mi ha ispirato fiducia sin da subito. Quando abbiamo iniziato a frequentarci più seriamente, mi ha chiesto: “Tu da un ragazzo cosa ti aspetti?” Io ho voluto puntare in alto subito, senza perdere tempo, e gli ho risposto che cercavo una persona seria, con un progetto a lungo termine, e lui non si è spaventato».

Un amore estivo che oggi è un matrimonio

All'inizio i due pensavano di star vivendo un “amore estivo”, ma in poco tempo hanno intuito che poteva essere qualcosa di più serio. «Entrambi eravamo già grandi - spiega Cetti-, intorno ai trent’anni, e venivamo da diverse relazioni che erano finite male. Dopo sei mesi che ci frequentavamo, Giovanni non mi aveva nemmeno detto “ti amo”. Io sono più romantica, impulsiva, e già ero completamente presa da lui».

Quando la mamma di Cetti si è ammalata di cancro, Giovanni le è stato vicino e ha assistito a dei momenti molto significativi: «Un giorno, mentre ero in villeggiatura per un weekend fuori porta - ricorda Cetti -, mi misi a piangere in un momento di sconforto per la recente diagnosi di mia mamma. Entrò la signora delle pulizie della struttura in cui alloggiavo e mi aprii con lei, una perfetta sconosciuta: mi raccontò che lei qualche anno prima aveva avuto la stessa diagnosi. Si trattava di un cancro in stato avanzato ma senza metastasi, e perciò operabile. L’incontro con questa donna, che stava bene e lavorava senza problemi, mi è sembrato un chiaro dono del Signore, e mi diede molta pace».

Mantenere Gesù al centro

Dopo il matrimonio, sono arrivati i figli, e con loro le sfide del bilanciamento tra lavoro e famiglia. Il Covid ha avuto un grande impatto sull’attività professionale di Cetti, che si recava spesso in Cina per conto dell’azienda di abbigliamento per cui lavorava. In quella circostanza, dopo averne parlato a lungo anche con Giovanni, Cetti decise di lasciare il proprio impiego per dedicarsi del tutto alla famiglia: «Avremmo potuto scegliere anche un’altra strada - sottolinea Cetti -, ma sentivamo che questa sarebbe stata la via da percorrere insieme. Ammetto che a volte mi sento giù, demotivata, e in quei casi mio marito Giovanni non sa che pesci prendere. Quest’estate ho avuto un vero e proprio burnout da vacanze dei figli, un’esperienza che credo sia comune a tanti genitori».

Nonostante le difficoltà, il dialogo e la stima reciproca tra lei e Giovanni sono una forza nella loro relazione. «Giovanni si è innamorato di me proprio nel momento di massima fragilità. Oggi sono più io il “pilastro” nella coppia. Ci sopportiamo e ci supportiamo ogni giorno. Parliamo tanto e cerchiamo di mantenere Gesù al centro della nostra famiglia, in particolare con i bambini». Ogni sera fanno una preghiera insieme davanti alla Sacra Famiglia esposta in casa, e Cetti canta l'Ave Maria come ninnananna. «Quando andiamo a Messa, portiamo dei disegni da lasciare vicino alla croce, e spiego loro che quando il sacerdote alza l'ostia è Gesù che è diventato piccolo come una pappa».

Credi in Dio? No

Cetti ha conosciuto l'Opus Dei durante l'ultimo anno di liceo grazie a sua sorella, che frequentava il centro Villalta a Napoli: «Da giovane ero atea - racconta Cetti, che oggi è una fedele soprannumeraria -, non credevo in Dio e andavo a Messa solo per obbedire ai miei genitori, che ci tenevano molto. Una delle prime volte che andai a Villalta per un’attività di orientamento universitario, Irene, una delle tutor, mi chiese se credevo in Dio. Io risposi semplicemente “no”. Non sentivo di credere in Dio, ma frequentando il centro e le persone lì, qualcosa è cambiato. Ho visto che queste persone avevano una luce diversa da me. Quando ho lasciato andare la mia rabbia, ho iniziato a vedere Dio nelle piccole cose quotidiane».

Dopo la laurea in archeologia, Cetti ha vissuto per tre anni a Milano, in un centro dell’Opus Dei di numerarie, per studiare fashion design: «Metà delle persone della casa erano studentesse come me, e per pagare il vitto e l’alloggio lavoravamo a turni di mezze giornate nell’amministrazione della residenza Viscontea. In questo periodo ho imparato sul serio che fare le cose bene è più importante che farle e basta, perché il Signore mi guarda».

Anche se la sua attività professionale è ridimensionata, Cetti trova il tempo e le energie per dedicarsi a piccoli progetti lavorativi come libera professionista: «Sono molto stanca in questo periodo, ma affido al Signore la mia stanchezza e le mie difficoltà. A volte la stanchezza e la pigrizia prevalgono, ma cerco sempre di fare un po' di orazione, anche solo per “lamentarmi un po’” con il Signore».