Viene spontaneo abbinare una musica alla figura materna: sarà la filastrocca che cantavamo insieme, i ricordi di una festa, le parole toccanti di una canzone. Ed è normale che siano stati molti gli autori ad aver messo in musica il loro rapporto con la madre, per raccontare, rimpiangere, onorare. In questa selezione di dieci brani prevale il tono intimo, con le naturali diversità provenienti da storie e situazioni personali. Si canta della propria vita, con circostanze diverse, momenti di gioia e di grande sofferenza; e in tutte queste, una presenza imprescindibile.
“Viva la mamma” è la prima cosa da dire, e lo facciamo con il gioioso rock’n’roll di Edoardo Bennato che rappresenta uno scenario di festa, di celebrazione, dando continuità alle varie canzoni tradizionali italiane dedicate alla mamma. I toni allora erano sentimentali e la musica totalmente diversa; Bennato si immerge con la memoria negli anni Cinquanta della sua infanzia, con la sua mamma dalla gonna lunga che gli insegnava le buone maniere. Ma lui era troppo preso dal rock.
Chi invece abbandona il rock per cantare alla madre è Bruce Springsteen. La chitarra acustica introduce a una ballata nella quale l’autore ripercorre alcuni momenti dell’infanzia e della giovinezza, tutti vissuti con lei al suo fianco, con il pensiero fisso di proteggerlo dalle insidie del mondo. Parlando da adulto, Bruce ha un desiderio in particolare (“The Wish”) dedicato a lei: farla salire in macchina e portarla a ballare.
Un programma analogo è quello di Luca Barbarossa: “Portami a ballare” è un classico del romanticismo italiano, con un figlio che invita la madre a una serata speciale, per stare insieme, dimenticare il tempo che passa, i rimpianti e le rughe. “Io ti sento sempre accanto / anche quando non ci sono” dice il ragazzo, spesso portato lontano dal suo lavoro, “Ma se ti senti troppo sola / allora ti porto via”. Nel cuore del figlio c’è il desiderio che la mamma sia più felice.
Un po’ diverso il rapporto madre-figlia raccontato da Carmen Consoli nella canzone “In bianco e nero”, perché nel suo caso si sono sviluppate le dinamiche di rivalità, che hanno un po’ allontanato dalla madre una ragazza ansiosa di crescere, di conquistare i suoi spazi con atteggiamento “inflessibile, inaccessibile e fiero”. Rivedendo le foto della mamma in bianco e nero, il pensiero di Carmen torna ai felici anni della fanciullezza vissuti a Catania, e a quella donna felice che abbraccia la sua bimba. In quelle immagini, la cantante ritrova uno sguardo come il suo, e in definitiva ritrova se stessa.
Molto più problematica la situazione di Roger Waters, leader dei Pink Floyd che ha dedicato un intero disco alla vicenda autobiografica di un cantante rock che si chiude in se stesso, costruendo intorno a sé un muro (“The Wall”). Alcuni mattoni lui li attribuisce alla madre - “Mother” - con la quale era cresciuto da solo dopo la morte del padre in guerra. Anche per questo la donna è stata con il figlio iper-protettiva, e il ragazzo si è sentito bloccato, con le paure della madre riversate su di lui, che ai suoi occhi rimaneva sempre un bambino. E come un bambino lui fa domande sulle sue paure nelle varie tappe della vita: “Mamma pensi che sganceranno la bomba? / Mamma pensi che gradiranno questa canzone?”. Il muro intanto viene costruito e il figlio fa l’ultima domanda alla madre: “Mamma, doveva essere così alto?”.
L’amore per la musica e quello per la madre sembrano le uniche luci nella vita di Tupac Shakur, consumata drammaticamente a contatto con la malavita, guerre tra gang, violenza e traffico di droga. Dopo aver partecipato a una rissa venne “punito” con un agguato armato e partì per il suo lungo viaggio, all’età di 25 anni. Ha fatto in tempo con la canzone “Dear mama” a dare il meglio di sé come uomo e come musicista hip-hop. Il ritmo è un po’ rallentato, il flusso rap è privo di conflittualità, anche se il racconto parla delle difficoltà di vita di una ragazza-madre, che tra mille errori ha un cuore dedicato al figlio e impegnato per lui in mille sacrifici. “Non c'è modo in cui possa ripagarti” le canta il figlio “ma desidero mostrarti che capisco… che ti apprezzo”. E in quella donna si rivela il vertice dell’amore vissuto da un uomo, e racchiuso nella frase “Nessuna donna vivente può prendere il posto di mamma”.
Altra vita conclusa con un colpo di pistola è stata quella del grande cantautore italiano Luigi Tenco, vittima non della malavita ma dei suoi tormenti esistenziali. Nella canzone “Vedrai, vedrai” c’è la preoccupazione di aver deluso la madre, scegliendo una carriera “non sicura”, sulla quale anche lui ha i suoi dubbi. Ma lo sguardo della mamma lo spiazza, e fa fatica a fissare quella tenerezza e quella dolcezza. Dà l’idea che il celebre ritornello “Vedrai che cambierà / Forse non sarà domani / Ma un bel giorno cambierà” sia ispirato proprio da quello sguardo fiducioso della madre.
John Lennon perse sua madre “Julia” quando aveva diciotto anni ed entrò in profonda crisi. Trovò una ragione di vita nella nascita dei Beatles e nell’amicizia con Paul McCartney, che pure aveva subito lo stesso lutto in età adolescenziale. La canzone apparve verso la fine della parabola dei Fab Four: le corde della chitarra pizzicate e una voce intensa sono sufficienti per aprire la propria intimità di uomo alla ricerca di amore. Non c’è più la rabbia di un tempo per quella perdita, ma una nuova serenità di chi ha trovato un nuovo personaggio femminile a cui fare riferimento, e a Julia parla di una “Figlia dell’oceano” che è il significato del nome Yoko in giapponese. L’equilibrio dell’artista si fonda ormai su Yoko Ono, ma l’amore per Julia rimane al centro della sua vita.
Un altro rapporto viscerale con la madre viene raccontato da Zucchero con un blues energico nel quale emerge una persona in crisi. Si sente lontano da Dio, come se avesse perso l’anima, e non gli rimane altro che aggrapparsi alla propria madre, che chiama “Madre dolcissima”. La canzone si regge soprattutto sul ritornello cantato a squarciagola “Mamma, salvami l’anima”, invocazione struggente per un’esigenza vitale, che acquista ulteriore spessore nel lungo finale strumentale. L’unico dubbio è se l’autore faccia riferimento alla madre biologica o a qualcosa di spirituale.
Nessun dubbio invece per “Holy Mother”, nella quale Eric Clapton compone una vera e propria preghiera diretta alla Madre che è in cielo. Egli confessa di aver sfogato su di lei la rabbia per i passati travagli, ma adesso è a lei che si rivolge, è lei che aspetta con ansia. La recente morte di un amico fa riversare sulla Holy Mother le ansie di una persona alla fine del percorso, di chi sente che la fine è arrivata e che il suo unico desiderio è di rimanere lì disteso nelle Sue braccia.
In questa playlist puoi ascoltare tutte le canzoni:
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