9. La strage degli innocenti

Quasi in ogni pagina del Vangelo ci imbattiamo in personaggi che si chiedono qualcosa su Gesù: da dove viene, come mai insegna con tanta autorità, da dove deriva il suo potere, perché fa miracoli, perché sembra opporsi alle tradizioni, perché le autorità lo respingono. Sono domande che si fecero allora e si sono continuate a fare lungo i secoli. A queste domande se ne sono aggiunte altre sul Gesù storico: che lingua parlava, che rapporto aveva con Qumran, è esistito davvero Ponzio Pilato?

La strage degli innocenti appartiene, come l’episodio della stella e dei Magi, al vangelo dell’infanzia di san Matteo. I Magi hanno fatto domande sul re dei Giudei (Mt 2,1) ed Erode –che si considera il legittimo re dei Giudei – ricorre all’inganno per sapere chi sia quel potenziale usurpatore, e raccomanda che lo informino al loro ritorno. Quando si accorge che sono andati via per un’altra strada, «si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi.» (Mt 2, 16).

Il passo evoca un altro episodio, dell’Antico Testamento: anche il Faraone aveva ordinato di uccidere tutti i neonati degli ebrei, ma Mosè, che poi avrebbe liberato il suo popolo, si salvò (cfr. Es 1, 8-2, 10). Per Matteo, con il martirio di questi bambini si compiva un oracolo di Geremia (Ger 31, 15). Il popolo di Israele fu esiliato in Babilonia, ma da lì lo liberò il Signore che, con un nuovo esodo, lo riportò nella sua terra promettendogli una nuova alleanza (Ger 31, 31). Pertanto il senso del brano di Matteo è chiaro: per quanto si impegnino, i potenti della terra nulla possono contro i progetti salvifici di Dio.

In questo contesto si deve esaminare la storicità di questo episodio, che conosciamo solo tramite il racconto di Matteo. Nella logica della ricerca storica vale la regola “testis unus testis nullus”, un solo testimone non basta. Tuttavia è facile pensare che la strage di bambini di Betlemme, una piccola località, non sia stata tale da essere trascritta negli annali. Ciò che è sicuro è che la malvagità e la mancanza di scrupoli di Erode è attestata anche da Flavio Giuseppe: fece affogare il cognato Aristobulo quando questi raggiunse grande popolarità; assassinò il suocero Arcano II, un altro cognato, Costobar e la moglie Mariamne; negli ultimi anni di vita fece assassinare anche i propri figli Alessandro e Aristobulo e cinque giorni prima della sua morte un altro figlio, Antipatro; infine ordinò che prima della sua morte fossero giustiziati alcuni notabili del regno, in modo che la popolazione della Giudea, spontaneamente o meno, piangesse per la morte di Erode (cfr. Antichità giudaiche, capp. 15, 16 e 17).