40° anniversario della consegna della Costituzione Apostolica "Ut sit"

Il 28 novembre 1982 san Giovanni Paolo II eresse l'Opus Dei a prelatura personale con la Costituzione apostolica "Ut sit", che fu consegnata al beato Álvaro del Portillo (allora primo prelato dell'Opus Dei) il 19 marzo 1983.

Nel 2022, papa Francesco ha modificato gli articoli V e VI della Costituzione Apostolica Ut sit con il Motu Proprio Ad charisma tuendum (14 luglio 2022) e ha confermato gli aspetti essenziali di questa Costituzione Apostolica.

In questo anniversario, offriamo alcune risposte di mons. Fernando Ocáriz rilasciate in alcune recenti interviste ai giornali, riguardanti il Motu Proprio "Ad charisma tuendum" e la conseguente revisione degli Statuti dell'Opus Dei.


Sappiamo che sono iniziati i lavori con il Dicastero per il Clero per preparare la proposta di modifica degli Statuti da presentare al Santo Padre. Come si sta vivendo questo tempo?

Si cerca di seguire le indicazioni del santo Padre con sincera obbedienza filiale e con il desiderio, come ha ricordato anche papa Francesco, che servano a rafforzare gli aspetti essenziali del carisma dell’Opus Dei. È ciò che ho chiesto espressamente in diversi messaggi rivolti alle persone dell’Opus Dei: un grande impegno unitario per obbedire sinceramente, seguendo l’esempio di san Josemaría e dei suoi due primi successori. È lo Spirito Santo a guidare la Chiesa. Pertanto, anche questi sono momenti da vivere con pace e serenità.

(Agencia Ecclesia, Portogallo, 19-10-2023)


Il rapporto dei laici con l’Opera potrà cambiare? Questa “specifica chiamata vocazionale” dovrà trovare un proprio statuto teologico-canonico nella Chiesa?

Nella Chiesa, prima c’è la vita e dopo la norma: cioè, per usare le parole di papa Francesco, la realtà è superiore all’idea.

Dio piantò il seme di un messaggio nel cuore di san Josemaría. Quale messaggio? Quello della riscoperta del valore vocazionale della vita ordinaria dei fedeli: Dio ha affidato agli uomini il compito divino di costruire il mondo (la famiglia, il quartiere, il progresso, il lavoro, le arti, i divertimenti) come figli di Dio in Cristo.

D’accordo con l’ispirazione ricevuta dal fondatore, questo messaggio doveva essere annunciato e vissuto secondo un determinato spirito, con l’aiuto di un’istituzione, l’Opus Dei. Sin dal principio e nel suo successivo sviluppo, questa istituzione si è configurata come una famiglia all’interno del Popolo di Dio, costituita da donne e uomini, laici e sacerdoti, in unità di vocazione, formazione e spirito, che opera in modo complementare e non competitivo con le diocesi e le parrocchie, delle quali i membri laici restano fedeli a pieno titolo. Pertanto, questa realtà è anteriore all’inquadramento canonico ed è la ragion d’essere dell’Opus Dei.

(Agencia Ecclesia, Portogallo, 19-10-2023)


Il documento [Motu Proprio] sembra dissolvere la specificità dell'Opera all'interno della Chiesa cattolica, è così?

Mi permetta di dissentire educatamente. La specificità dell'Opus Dei risiede nel suo carisma o spirito, piuttosto che nella sua veste giuridica. Alla base c'è la chiamata universale alla santità attraverso il lavoro e le realtà ordinarie della vita. Il Papa, nella lettera Ad charisma tuendum, si riferisce a questo messaggio come a un "dono dello Spirito ricevuto da san Josemaría", cioè come a un carisma. Ripeto: questa è la specificità veramente rilevante. Di fatto, con questo Motu Proprio Papa Francesco conferma la bolla Ut sit, con cui Giovanni Paolo II erigeva l'Opus Dei a prelatura: modifica due aspetti accidentali e conferma il carisma essenziale.

Caratteristico dell'Opus Dei è un tratto tanto ordinario quanto il lavoro: in particolare, la rilevanza del lavoro come luogo di incontro con Dio, sia nella Silicon Valley che nei sobborghi di Kinshasa, che si lavori come macchinista nella metropolitana di Madrid o come insegnante in una scuola alla periferia di qualsiasi metropoli.

D’altra parte, l'Opus Dei non vuole essere un'eccezione. Le proposte giuridiche hanno cercato la formula che meglio si adatta alla realtà dei laici che, attraverso una chiamata vocazionale e con la cura pastorale dei sacerdoti, vogliono seguire Cristo nelle realtà della famiglia, del lavoro, della società, ecc, nell'ambito delle rispettive chiese particolari. Il fatto che finora l’Opera sia stata l'unica prelatura personale potrebbe essere stato percepito come 'eccezione', ma non è così: penso, invece, che sarebbe molto bello se ci fossero altre prelature personali per contribuire all'evangelizzazione di tanti ambiti particolarmente bisognosi di ispirazione cristiana.

(Dall’intervista concessa a El País Semanal, 27-8-2023)


Sui media e nei social alcuni membri della Prelatura hanno proposto interrogativi e preoccupazioni al riguardo in modo, per così dire, non sempre sereno. Comprende queste esternazioni, soprattutto quelle che parlano di un attacco? Teme che qualcuno possa strumentalizzare l’Opus Dei per alimentare opposizioni al pontificato?

È comprensibile che sorgano domande, dubbi e preoccupazioni, anche in seguito alla pubblicazione di alcune interpretazioni date in chiave mondana, come se si trattasse di una questione di “conquistare o perdere potere”, il che nella Chiesa non ha senso.

Nella prima lettera che ho inviato come Prelato, scrivevo: “Far crescere l’apprezzamento reciproco tra i fedeli della Chiesa, e tra i più diversi gruppi che possono esistere, fa parte della nostra missione nella grande famiglia dei figli e delle figlie di Dio”. E citavo una frase del fondatore: “L’apostolato principale che noi cristiani dobbiamo svolgere nel mondo, la migliore testimonianza di fede, è contribuire a far sì che all’interno della Chiesa si respiri il clima della carità autentica”.

A questo proposito, talvolta ho proposto l’esempio, del quale sono stato testimone diretto, dell’allora cardinale Ratzinger, il cui amore per la Chiesa e per il Papa era forte e fondato sulla fede, ben al di là delle emozioni. In un momento delicato per l’unità della Chiesa, che alcuni mettevano a rischio, gli udii dire dal profondo del cuore: “Non si rendono conto che senza il Papa non sono nulla!”.

(Agencia Ecclesia, Portogallo, 19-10-2023)


Alcuni vedono l'eliminazione di un privilegio, un certo declino e un gesto di una Chiesa più progressista verso un mondo più conservatore, riferendosi anche a un vecchio conflitto tra gesuiti e Opus Dei.

Quando gli fu posta una domanda analoga, il Papa affermò che si trattava di un'interpretazione mondana, estranea alla dimensione religiosa. Credo che troppo spesso si tenda a leggere la realtà in termini di potere e polarizzazione, di gruppi che si contrappongono senza cercare di capirsi. Tuttavia, la logica che deve prevalere nella Chiesa è quella del servizio e della collaborazione. Remiamo tutti sulla stessa barca, disposti a essere aiutati a migliorare.

Riguardo al vecchio conflitto che menziona, personalmente posso dirle che sono un ex studente della scuola della Compagnia di Gesù di Madrid e che sono molto grato della formazione e dell'esempio che ho ricevuto dai gesuiti.

(Dall’intervista concessa a El País Semanal, 27-8-2023)


Qual è il progetto degli Statuti che avete sottoposto al Papa e come avete lavorato su questo tema? Cosa cambierà d'ora in poi?

Ad aprile abbiamo tenuto a Roma un congresso generale dell'Opus Dei, nel quale abbiamo elaborato una proposta di adeguamento degli Statuti, secondo l'espressa richiesta del Papa, da sottoporre alla Santa Sede. In questo lavoro ci siamo ispirati a due criteri fondamentali: la fedeltà al carisma di san Josemaría e l'adesione alla volontà espressa dal Santo Padre. Come richiesto dal Papa nel Motu Proprio, abbiamo cercato di esprimere più chiaramente la dimensione carismatica dell'Opus Dei, che viene vissuta e realizzata in comunione con le chiese particolari e con i vescovi che le presiedono. Ma spetta alla Santa Sede approvare e promulgare questi cambiamenti, quindi è logico che non aggiunga ulteriori dettagli.

(Dall’intervista concessa a El País Semanal, 27-8-2023)


Questo momento può servire a recuperare il carisma originario, proposto da san Josemaría Escrivá?

Non si tratta di recuperare, perché non c’è nulla che si sia perso o alterato, ma di approfondire e di proseguire nello sforzo per viverlo fedelmente. È in questa prospettiva che intendiamo rispondere alla chiamata del Santo Padre: custodire il carisma dell’Opus Dei per poterlo tramandare alle generazioni future con la stessa freschezza con la quale ce l’ha trasmesso san Josemaría, ovvero impegnarci ancora di più a “diffondere la chiamata alla santità nel mondo, attraverso la santificazione del lavoro e degli impegni familiari e sociali” (Motu Proprio Ad charisma tuendum).

(Agencia Ecclesia, Portogallo, 19-10-2023)


Come hanno interpretato il cambiamento del legame con la Santa Sede che il Papa stabilisce con il Motu Proprio Ad charisma tuendum? Il Papa assicura che vuole che l'autorità sia "basata più sul carisma che sull'autorità gerarchica".

Carisma e gerarchia si completano a vicenda nella Chiesa, non sono due termini alternativi ma complementari. I carismi hanno la loro ragion d'essere nel servizio che rendono alla Chiesa nel suo insieme. Quindi, per diffonderli nella Chiesa e nel mondo, vengono solitamente tradotti in realtà istituzionali.

Il discernimento dei carismi corrisponde all'autorità della Chiesa e l'Opus Dei ha fatto affidamento sull'autorità della Chiesa in ogni suo passo istituzionale. Con la riforma della curia, papa Francesco ha promosso cambiamenti in numerose istituzioni e organismi per favorire un'evangelizzazione più dinamica. Questo è lo scopo del Motu Proprio che lei cita. Pertanto, stiamo lavorando per rispondere fedelmente a questa richiesta del Papa, sapendo, ad esempio, che l'essenziale non è che il prelato porti o meno la croce pettorale, ma che i fedeli dell'Opus Dei e altre persone possano vivere pienamente questo carisma all'interno della Chiesa.

(Dall’intervista concessa a El País Semanal, 27-8-2023)