1914: Álvaro nasce a Madrid

Si compiono i 100 dalla nascita di Álvaro del Portillo. Fu l’inizio di una vita normale che lasciò un’impronta straordinaria. Riportiamo alcuni episodi della sua infanzia narrati da uno dei suoi biografi.

Una delle prime foto di Álvaro.

(Passi del libro “Álvaro del Portillo. Un uomo fedele” di Javier Medina, Ed. Ares, 2014)

“Álvaro del Portillo y Diez de Sollano nacque a Madrid mercoledì 11 marzo 1914, nella casa dei genitori che si trovava al primo piano in via Alcalá, 75. Sei giorni più tardi fu battezzato nella vicina parrocchia di San Giuseppe, con i nomi di Álvaro, José María ed Eulogio. Quest’ultimo nome gli venne imposto in onore di uno dei santi celebrati in quella data”.

Una delle prime foto di Álvaro.

“Man mano che cresceva imparò dai genitori a praticare alcune consuetudini cristiane, come le preghiere del mattino e della sera, la benedizione a tavola, la recita del rosario e di altre invocazioni mariane, che mantenne devotamente fino alla morte. Per esempio, una che dice: «Dolce madre, non ti scostare, / il tuo sguardo da me non voltare, / accompagnami da ogni parte / e solo mai non mi lasciare. / E siccome così mi proteggi, / da vera Madre qual sei, / fa’ che il Padre mi benedica / col Figlio e lo Spirito Santo»”.

“Quando compì settantacinque anni, monsignor del Portillo rievocò in un’omelia il clima cristiano che regnava in quella famiglia. «Ho dato un rapido sguardo alla mia vita e mi sono venuti alla mente e al cuore tanti benefici ricevuti dal Signore: una famiglia cristiana, dei genitori che mi hanno insegnato a essere devoto, una madre che mi ha trasmesso una devozione speciale al Sacro Cuore e allo Spirito Santo, e una particolare venerazione per la Santissima Vergine col titolo di Madonna del Carmelo, e... tanti altri beni!»”.

“Quanti lo conobbero nell’infanzia l’hanno descritto come un bambino allegro. Secondo la sorella Pilar era «allegro, grazioso, piuttosto in carne, con una faccia da buono, simpatico e pronto al riso». Un bambino come tanti altri: sportivo, giocherellone, divertente e un po’ birichino». La cugina Isabel Carles aggiunge che aveva «una grande predisposizione all’entusiasmo», ma forse sarebbe più esatto dire che manifestava una netta tendenza all’indisciplina”.

Álvaro è quello che si appoggia sull'asino.

“Monsignor Echevarría ricorda una burla che ha appreso dalla bocca del protagonista. «In una certa festa vennero varie visite a casa dei suoi genitori; fra queste persone c’era un signore che portava – com’era frequente allora – i baffi alla Kaiser. Raccontava che quel volto l’aveva colpito, sicché si accostò al padre per dirgli che gli veniva voglia di strofinare un po’ di peperoncino piccante sulla bocca di quell’amico di famiglia. Naturalmente il padre replicò che si togliesse di mente una simile sconsideratezza. Ma il bambino non resistette e mise in pratica il suo progetto. Quel signore non soltanto s’infastidì in maniera evidente, come era logico, ma, scorgendo il sorriso involontario del signor Ramón – innegabilmente la situazione aveva del comico –, montò su tutte le furie e sfidò a duello il padre di Álvaro. Ramón, uomo di cristiana coscienza, oltre a domandare scusa minimizzò la questione e chiarì in maniera netta che arrivare ai termini di un duello non era né appropriato né coerente con la fede: non avrebbe mai accettato quella soluzione, proprio perché sapeva che un cristiano non può comportarsi così. Il confronto si concluse senza altre conseguenze che il raffreddamento dell’amicizia di quell’uomo nei confronti della famiglia»”.

“Altre manifestazioni del suo carattere vivace emersero al momento d’imparare le lingue straniere. Il signor Ramón e la signora Clementina desideravano che i figli imparassero l’inglese e il francese, sicché fin da quando erano piccoli assunsero per loro insegnanti specifiche. Le due maestre – mademoiselle Anne e miss Hoches – erano esigenti e Álvaro, che a quell’età non condivideva l’interesse per le lingue, «a volte si arrabbiava, si buttava per terra e cercava di morderle sulle gambe». Naturalmente a un simile comportamento seguivano sempre le correzioni appropriate da parte di papà Ramón o di mamma Clementina”.

“Il piccolo Álvaro voleva molto bene ai genitori e ai fratelli. Tuttavia sembra che quando, con la nascita della sorellina Pilar, perdette la condizione di «beniamino di casa», manifestasse una certa gelosia per le moine che tutti rivolgevano alla piccina. I genitori gli dicevano che «l’invidia fa venire la faccia gialla». E un giorno lo sorpresero davanti allo specchio di un armadio, mentre si diceva a voce alta: «Dicono che i bambini invidiosi diventano gialli; io sono invidiosissimo e resto bianco».”

A sinistra, con la sua famiglia.