17. Cosa sono i manoscritti di Qumràn?

Quasi in ogni pagina del Vangelo ci imbattiamo in personaggi che si chiedono qualcosa su Gesù: da dove viene, come mai insegna con tanta autorità, da dove deriva il suo potere, perché fa miracoli, perché sembra opporsi alle tradizioni, perché le autorità lo respingono. Sono domande che si fecero allora e si sono continuate a fare lungo i secoli. A queste domande se ne sono aggiunte altre sul Gesù storico: che lingua parlava, che rapporto aveva con Qumran, è esistito davvero Ponzio Pilato?

Nell’anno 1947 nel Wadi Qumràn vicino al Mar Morto, furono rinvenuti in alcune grotte, undici in totale, delle giare che contenevano un gran numero di documenti scritti, in ebraico, aramaico e greco. Si sa che furono redatti fra il II secolo a.C. e l’anno 70 d.C., in cui ebbe luogo la distruzione di Gerusalemme.

Oltre ai pochi che si sono conservati in modo integro, ne sono stati ricomposti circa altri 800, dalle varie migliaia di frammenti ritrovati. Ci sono parti di tutti i libri dell’Antico Testamento, eccetto Ester, di molti libri giudaici non canonici già conosciuti e anche di altri fino allora sconosciuti; si sono trovati sono anche scritti originali del gruppo di esseni che si era ritirato nel deserto.

I documenti più importanti sono senza dubbio i testi della Bibbia. Fino alla scoperta dei testi di Qumràn, i manoscritti in ebraico più antichi che si possedevano erano dei secoli IX-X d.C. per cui si poteva sospettare che si fossero operati tagli, aggiunte o che fossero state modificate parole o frasi scomode degli originali. Con le nuove scoperte si è verificato che i testi trovati coincidono con quelli medioevali, sebbene siano precedenti di quasi mille anni, e che le poche varianti che presentano coincidono in gran parte con varianti già testimoniate dalla versione greca chiamata dei Settanta e dal Pentateuco samaritano. Altri documenti hanno contribuito a dimostrare che c’era un modo di interpretare la Scrittura (e le norme legali) differente da quanto facevano i sadducei o i farisei.

Nei ritrovamenti di Qumràn non c’è nessun testo del Nuovo Testamento né alcuno scritto cristiano. Alcuni anni fa è stato oggetto di discussione tra gli studiosi se alcune parole scritte in greco su due piccoli frammenti di papiro lì ritrovati potessero appartenere al Nuovo Testamento (in particolare al Vangelo di Marco), ma la maggioranza degli esegeti si è espressa in modo negativo su questo possibile collegamento. Al di fuori di questo caso controverso, in quelle grotte non furono rinvenuti reperti attribuibili a nessuna possibile fonte cristiana canonica o gnostica.

Non sembra nemmeno che si possano rilevare influenze degli scritti rinvenuti a Qumran sull’insieme dei libri che compongono il Nuovo Testamento. Oggi gli specialisti sono d’accordo che questo gruppo non influì per nulla sulle origini del cristianesimo, giacché era esclusivista, minoritario, e appartato dalla società, mentre Gesù e i primi cristiani vissero immersi nella società del loro tempo, giudaica ed ellenistica, e dialogarono con i loro contemporanei. Questi documenti sono serviti soprattutto per chiarire alcuni termini o espressioni abituali in quell’epoca.

Nella prima metà degli anni novanta del XX secolo, si diffusero due miti che con il tempo si sono completamente dissolti. Uno, che i manoscritti contenessero dottrine che contraddicevano o il giudaismo o il cristianesimo e che, di conseguenza, il Gran Rabbinato e il Vaticano si sarebbero messi d’accordo per impedirne la pubblicazione. Ora che sono stati pubblicati tutti i documenti, è risultata evidente la falsità di quelle notizie e si è preso atto che le difficoltà di pubblicazione non erano frutto dell’ennesimo complotto del Vaticano, ma erano di ordine tecnico e organizzativo.

Il secondo mito legato a Qumran è più sottile, data la sua apparente scientificità: la prof. Barbara Thiering di Sydney e il prof. Robert Eisenman della State University di California hanno sostenuto in vari libri che, confrontando i documenti qumranici con il Nuovo Testamento, si arriva alla conclusione che entrambi furono scritti in codice, e quindi non dicono quello appare, ma che bisogna scoprirne il significato segreto. I due autori azzardarono l’ipotesi che il Maestro di Giustizia, fondatore del gruppo di Qumràn, sia stato Giovanni Battista e il suo “oppositore” Gesù (secondo B. Thiering), o che il Maestro di Giustizia sia stato Giacomo e il suo “oppositore” Paolo. Questi due studiosi hanno basato le loro tesi sul fatto che nei documenti originali della setta che abitò Qumran e li depositò nelle grotte in cui furono rinvenuti, vengono designati personaggi con termini il cui significato ci sfugge, come il Maestro di Giustizia, il Sacerdote empio, il Bugiardo, il Leone furioso, i cercatori di interpretazioni facili, i figli della luce e i figli delle tenebre, la casa della abominazione, ecc. Attualmente nessuno specialista condivide tali affermazioni. Se non conosciamo il significato di questa terminologia non è perché contenga dottrine esoteriche, ma perché ci mancano informazioni. È evidente che, per i contemporanei dei qumraniti, queste espressioni risultavano familiari e che i documenti del Mar Morto, sebbene contengano dottrine e norme differenti da quelle osservate dal giudaismo ufficiale, non hanno nessun codice segreto né nascondono teorie inconfessabili. Nel loro insieme i manoscritti di Qumran sono una fonte inestimabile di dati sull’ambiente religioso e sociale del I secolo d.C., così variegato, in cui nacque il cristianesimo.