​Le corse di Dio

In questi giorni di quarantena la maggioranza di noi ha grandi difficoltà a confessarsi. Probabilmente è ancora lontano il momento del ritorno alla normalità; tuttavia, quando ci vede pentiti, Egli stesso corre verso di noi, emozionato, felice e orgoglioso di noi, quando ritorniamo a casa.

Gesù pensa che sia arrivato il momento di dimostrare agli uomini fino a che punto ama suo Padre. Vuole introdurli nell’anticamera del Cielo e desidera che godano della felicità che pervade Dio ogni volta che un peccatore decide di tornare a casa. Racconta loro una parabola. Non è facile immaginare l’emozione e lo stupore dei discepoli nell’ascoltare per la prima volta la storia del figlio prodigo (cfr. Lc 15, 11-32). Saranno rimasti sorpresi dalla sproporzione tra la sfrontatezza del figlio minore e l’affetto del padre, o la reazione adirata del figlio maggiore.

In questi giorni di quarantena la maggioranza di noi ha grandi difficoltà a confessarsi, e ancora più difficile è avvicinarci a questo sacramento con la frequenza che forse ci piacerebbe. Le restrizioni della circolazione fisica delle persone per prevenire nuovi contagi possono comportare un ritardo a tempo indeterminato nel ricevere il sacramento della misericordia divina. Questa contrarietà, insieme alle altre che stiamo affrontando, è anche un modo di crescere al di dentro: «È bene ricordare che il Signore ci dà la sua grazia per santificarci anche in queste circostanze di incertezza»[1]. Non sappiamo quando potremo tornare a confessarci, ma non dobbiamo dubitare che Dio nostro Padre, se ricorriamo a Lui con un cuore «affranto e umiliato» (Sal 50, 19), ci offre sempre il suo perdono, per grande che sia stata la nostra fragilità (cfr. Lc 15, 20-24).

Un dono che non si merita

Il figlio minore sente nostalgia della sua casa: «Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame!» (Lc 15, 17). Benché non pensi all’angoscia e al dolore di suo padre, non pretende il perdono: come potrebbe? Lo implora. Spera e confida nella bontà di suo padre. E questo è già un primo cambiamento nel suo cuore.

A noi succede qualcosa di simile. Lottiamo per confessarci con la regolarità che fa bene alla nostra anima. Siamo ben consapevoli di quanto bene ci fa e la gioia che ci trasmette una confessione contrita. È vero che non la consideriamo un diritto davanti a Dio – ci mancherebbe altro: nessuno ha diritto al perdono! –. San Bernardo scriveva: «Nessuno ha una misericordia più grande di colui che dà la sua vita per i condannati a morte. Quindi il mio unico merito è la misericordia del Signore. Non sarò povero in meriti, finché Egli non lo sarà in misericordia»[2].

Siamo convinti che tutto è grazia. Sentiamo la necessità di chiedere perdono a Dio, che forse in questi giorni è anche aumentata, ma riflettiamo sull’effetto che produce in Lui il nostro pentimento?

Un Dio che corre incontro a noi

Il cuore del figlio prodigo aveva ancora molto da scoprire. «Quando era ancora lontano, il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò» (Lc 15, 20). San Josemaría si commuoveva nel contemplare questa immagine: «Davanti a Dio che muove incontro a noi, non possiamo che esclamare, con san Paolo, Abba, Pater!, Padre, Padre mio! Pur essendo il creatore dell’universo, non esige titoli altisonanti né si cura del giusto riconoscimento del suo potere»[3]. Suo padre non è soltanto buono, ma continua a considerarlo figlio, il figlio della sua anima. Non soltanto non vuole castigarci, ma vuole abbracciarci forte, riempirci di baci e sussurrarci all’orecchio: «Figlio mio, figlia mia,...».

Dio non aspetterà che arriviamo, che riusciamo effettivamente a confessarci. Forse sarà ancora lontano al momento del ritorno alla normalità; tuttavia, quando ci vede pentiti, Egli stesso corre verso di noi, emozionato, felice e orgoglioso quando torniamo a casa. Per questo non vale la pena rimuginare troppo sui nostri peccati: «Seguendo gli impulsi dello Spirito, che sprofonda nel più intimo di Dio, pensiamo alla dolcezza del Signore, che è buono in se stesso. Chiediamo anche, con il salmista, di godere della dolcezza del Signore, contemplando non il nostro cuore, ma il suo tempio, dicendo con lo stesso salmista: Quando la mia anima cade nell’angoscia, ti ricordo»[4].

Donami i tuoi peccati

A papa Francesco piace molto narrare delle storie: «Mi viene in mente un passo della vita di un grande santo, Girolamo, che aveva un caratteraccio e cercava di essere mite, ma quel caratteraccio... Perché era un dalmata, e i dalmati sono determinati... Era riuscito a dominare il suo modo di essere e così offriva al Signore tante cose, tanto lavoro, e pregava il Signore: “Che cosa vuoi da me?” - “Ancora non mi hai dato tutto” - “Ma Signore, io ti ho dato questo, questo e quest’altro...” - “Manca una cosa” - “Cosa manca?” - “Dammi i tuoi peccati”. È bello sentire questo: “Dammi i tuoi peccati, le tue debolezze, io li guarirò, tu vai avanti”»[5].

La nostra sofferenza e la nostra tristezza a Dio sono causa di dolore, perché è il principale risultato dell’inganno che comporta qualsiasi peccato. Perciò, se ritorniamo a Lui, il suo dolore cessa, e cessa anche il nostro male. Il potere del peccato è limitato, la Croce gli ha rubato il suo veleno: saremo salvati, se siamo umili e ci lasciamo salvare.

Spesso potremo dire: «Mi basta ripercorrere le poche ore che ho trascorso in piedi in questo giorno per scoprire tante mancanze d’amore, di risposta fedele. Mi addolora davvero il mio comportamento, ma non mi toglie la pace. Mi prostro davanti a Dio, e gli espongo con chiarezza la mia situazione. Subito ricevo l’assicurazione della sua assistenza, e sento in fondo al cuore che Egli mi ripete lentamente: “Meus es tu, tu mi appartieni; sapevo – e so – come sei; avanti!”»[6].

Nella confessione ascoltiamo la voce tenera e serena di Dio che ci dice: «Io ti assolvo dai tuoi peccati». In questi giorni sentiremo la mancanza di queste parole, ma, aguzzando l’udito, sentiremo la voce affettuosa e soave di Gesù che ci consola.

La miglior devozione

A san Josemaría piaceva paragonare il numero degli atti di contrizione con un metodo imparato dagli italiani. Affermano, per ciò che riguarda le tazze di caffè, che bisogna prenderne non meno di tre e non più di trentatré: «quanto più numerosi, tanto meglio!»[7].

La contrizione è il dolore che proviamo per i peccati commessi. Per tradizione la Chiesa ha fatto sempre distinzione tra una contrizione perfetta e una contrizione imperfetta. Il Catechismo insegna che la contrizione perfetta è il dolore che «proviene dall’amore di Dio amato sopra ogni cosa»[8]. In quanto è un atto d’amore si capisce che è un’opera della grazia e perciò «rimette le colpe veniali» e può ottenere «anche il perdono dei peccati mortali, qualora comporti la ferma risoluzione di ricorrere, appena possibile, alla confessione sacramentale»[9].

Esiste anche una contrizione imperfetta, che «nasce dalla considerazione della bruttura del peccato o dal timore della dannazione eterna e delle altre pene la cui minaccia incombe sul peccatore»[10]. Potrebbe sembrare un dolore immaturo, e tuttavia «è anch’essa un dono di Dio, un impulso dello Spirito Santo»[11], che ci prepara alla confessione e all’assoluzione dei peccati, benché non ottenga da sé stessa il perdono dei peccati gravi.

Papa Francesco lo ha messo in evidenza in una omelia di questi giorni: «se tu non trovi un sacerdote per confessarti, parla con Dio, è tuo Padre, e digli la verità: “Signore, ho combinato questo, questo, questo… Scusami”. E chiedigli perdono con tutto il cuore, con l’atto di dolore, e promettigli: “Dopo mi confesserò, ma perdonami adesso”. E subito tornerai alla grazia di Dio. Tu stesso puoi avvicinarti, come ci insegna il catechismo, al perdono di Dio senza avere un sacerdote a portata di mano. Pensateci: è il momento! Questo è il momento giusto, il momento opportuno. Un atto di dolore ben fatto, e così la nostra anima diventerà bianca come la neve»[12].

D’altra parte, l’attuale difficoltà può servirci per pregare Dio per le persone che vorremmo che si confessassero o per quelli che stanno attraversando gravi situazioni e hanno bisogno di riconciliarsi con Dio. Metteremo in pratica così quella particolare comunione dei santi che tanta consolazione ha dato ai cristiani nei momenti difficili.

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Può darsi che sapere tutto questo non sia sufficiente in qualche caso per restituire la pace e la gioia ai nostri cuori. È allora il momento di nostra Madre, delle sue carezze che tutto sistemano: «Sembra che tutti i peccati della tua vita si siano alzati in piedi. Non perderti d’animo. Al contrario, invoca tua Madre santa Maria, con fede e abbandono di bimbo. Ella porterà la serenità alla tua anima»[13].

Diego Zalbidea


[1]Lettera del Prelato dell’Opus Dei, 14 marzo 2020.

[2] San Bernardo, Sermo LXI, 3-5.

[3]È Gesù che passa, n. 64.

[4] San Bernardo, Sermo V, 4-5.

[5] Papa Francesco, Omelia, 7-VII-2017.

[6]Amici di Dio, n. 215.

[7]Solco, n. 480.

[8]Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1452.

[9]Ibidem.

[10]Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1453.

[11]Ibidem.

[12] Papa Francesco, Omelia, 20-III-2020

[13]Cammino, n. 498.