Attingendo per lo più alla storiografia ormai abbondante, Dolz guarda la vita di san Josemaría, dalla fondazione dell’Opus Dei fino alla morte, attraverso un prisma particolare: il suo amore alla Chiesa e l’amore che i Pastori gli hanno sempre dimostrato, dai sacerdoti ai vescovi, ai papi. Ne viene fuori, con il racconto palpitante della vita reale, il tratto dominante dell’Opus Dei e della stessa personalità del fondatore: l’essere Chiesa, il volere come unico scopo servire la Chiesa. Interessanti a questo riguardo i due momenti, brevissimi, in cui Dio permise che venisse meno al santo questa certezza; la risposta immediata di Escrivá fu: se l’Opera non è per servire la Chiesa, distruggila subito. E la risposta di Dio fu una grande pace e una grande sicurezza nella propria missione di preparare laici e sacerdoti che svolgano un ampio apostolato secolare in tutte le diocesi del mondo.
San Josemaría fu oggetto di singolare stima e incoraggiamento da parte dei papi che lo conobbero: Pio XII, Giovanni XXIII e Paolo VI. Quest’ultimo seguì da vicino l’andamento dell’Opera dall’arrivo del fondatore a Roma nel 1946 fino alla sua morte nel 1975 ed era dichiaratamente convinto della sua santità. Altrettanto si dica per i molti vescovi, da quelli spagnoli che gli chiedevano di predicare esercizi spirituali al clero negli anni Quaranta fino a personaggi di spicco ecclesiale come il beato Cardinal Schuster. Aspetti tutti che il libro ricorda con ordine. Non mancano, naturalmente, in queste pagine i racconti delle incomprensioni manifestate da alcuni ecclesiastici, ma proprio in questo contesto si può misurare il loro trascurabile significato; anzi, sono proprio quelle contrarietà a mettere in risalto la vocazione ecclesiale di san Josemaría e della sua Opera.
Il libro termina con un capitolo dedicato al «dopo» la morte del fondatore