Un libro di Mauro Leonardi

“Come Gesù. L’amicizia e il dono del celibato apostolico” (edizioni Ares) è in libreria in questi giorni. Lo presentiamo attraverso la prefazione del Card. Julián Herranz.

Meditando sul celibato apostolico a nessuno sfugge l’esistenza di un fondamentale problema di comprensione. Infatti, se lo si affronta dal punto di vista di una teologia o di un diritto canonico insufficienti, viene inquadrato esclusivamente nella disciplina dello stato sacerdotale o della «vita consacrata per la professione dei consigli evangelici»; se invece è giudicato da psicologi o sociologi non credenti, viene superficialmente ridotto a un fenomeno di patologica repressione dell’affettività e perfino di disordine biologico, causa di trasgressioni sessuali talvolta criminali.

Ma anche all’interno della Chiesa e tra i più provati cultori della teologia spirituale e ascetica c’è stata una legittima varietà di posizioni e sfumature dottrinali riguardo alla comprensione ed esposizione dei contenuti carismatici, delle motivazioni apostoliche e della peculiarità esistenziale della verginità e del celibato cristiani.

Alla complessità o meglio ricchezza di tale tematica, oggi di particolare attualità, va incontro il presente saggio di don Mauro Leonardi, che apporta un eccellente contributo di carattere ascetico spirituale alla migliore comprensione e alla comunicazione di questo particolare dono divino (Mt 19, 11-12).

Infatti, la perfetta e perpetua continenza raccomandata da Cristo, «propter me et propter Regnum coelorum» (Mc 10, 29) e praticata da moltissimi fedeli, chierici e laici, lungo la storia della Chiesa commuove veramente, perché fa capire bene come la totalità di questo corpo profondamente vivo che è il Popolo profetico di Cristo si sconvolge a volte e trema per lo stesso profondo dramma della limitatezza umana che ha segnato la vita dei profeti e dei santi, nel vedere con quale tremenda insufficienza della parola l’uomo deve comunicare all’uomo – spesso in circostanze sociali e culturali avverse – la forza del messaggio e la ricchezza del dono ricevuti da Dio.

Forse non è ancora nato l’artista, il poeta, il regista cinematografico capace di cogliere nella vastità del suo significato questa specie tanto poco conosciuta di incomunicabilità umana, profondamente pervasa però di umile certezza. La teologia ha vissuto e vive ancora questo problema di comunicabilità a proposito del celibato apostolico, nel desiderio di tradurre in ragioni e argomenti espliciti la profonda certezza che la Sposa di Cristo ha avuto sempre sul valore del dono ricevuto dallo Sposo.

Don Mauro Leonardi

Sono perciò convinto che verrà giustamente apprezzato da molti questo nuovo e originale contributo di comunicabilità («aprire delle strade nell’individuare il senso di un celibato che non ha nulla della consacrazione religiosa o del celibato consacrato come dir si voglia, o del celibato sacerdotale», afferma l’autore), anche perché non è frutto di una semplice speculazione di teologia ascetica, ma è arricchito da una lunga esperienza di direzione spirituale di fedeli laici delle più svariate condizioni di vita ed è ispirato in modo particolare alla dottrina di san Josemaría Escrivá, fondatore dell’Opus Dei.

Contributo di idee e di esperienza pastorale che appare ugualmente aperto anche ad altri fedeli laici che scelgano per amore di Cristo il celibato apostolico in mezzo alle realtà temporali («nel mondo» si diceva), senza sentire però il bisogno di alcuna speciale «consacrazione» (voti o altri «vincoli sacri») aggiunta a quella già ricevuta nel Battesimo e nella Cresima.

Trattandosi in alcuni punti di un’opera dalla terminologia o dalle valutazioni piuttosto personali, il lettore potrà ovviamente anche dissentire, ma mi sembra evidente che si debba riconoscere a questo lodevole studio un triplice pregio.

In primo luogo l’Autore fa notare come il sensus fidei del Popolo di Dio – l’istinto soprannaturale della comunità profetica vivificata dallo Spirito – ha intuito e proclamato con intensità crescente, sin dai primi secoli della Chiesa e spesso in contrasto con le categorie culturali dell’epoca, non solo il valore spirituale e sociale della castità e del matrimonio cristiani, ma anche l’intima tensione, i vicendevoli legami che vincolano tra loro la totale e incondizionata sequela Christi (cfr Mt 4, 19-22; 19, 16-21) e la completa continenza per il Regno o celibato apostolico.

D’altra parte, l’autore sottolinea il fatto che questa vocazione alla verginità nel celibato cristiano è uno speciale dono di Dio, un carisma, una gratia gratis data, che lungo la storia della Chiesa si dimostra non esclusivamente riservata a una determinata categoria di fedeli, ma distribuita dal Signore a fedeli di tutti i vari stati canonici e condizioni di vita (candidati al sacerdozio secolare, membri degli istituti di vita consacrata e delle società di vita apostolica, fedeli laici con o senza qualche speciale consacrazione), tutti però resi dallo Spirito Santo capaci di capire le divine ricchezze che in questo dono si contengono (cfr Mt 19, 11).

Infine, mentre non si trascurano i tre aspetti o significati teologici che il Magistero ricorda essere comuni alle differenti forme di celibato cristiano (gli aspetti cioè cristologico, ecclesiologico ed escatologico), sottolineando ottimamente la preminenza dell’aspetto cristologico o di configurazione con la Persona e la missione di Cristo, l’Autore espone con elegante vivacità le principali caratteristiche del «celibato laicale», che mi pare si potrebbero sintetizzare così: la completa donazione personale a Cristo – amicizia indiviso corde con lo Sposo della Chiesa –, la filiazione divina vissuta come Lui nella perfetta obbedienza alla volontà del Padre e il costante impegno apostolico di diffondere il messaggio cristiano «in» e «attraverso» il lavoro e le altre ordinarie circostanze della vita secolare.

Sono sicuro che questo libro potrà fare molto bene, anche nell’impegno pastorale e apostolico, certamente controcorrente, di educare le anime all’amore, al «bell’amore», umano e divino.

 

Card. Julián Herranz

Presidente emerito del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi

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