L'elevato numero di ragazzi universitari e liceali, membri della prelatura e loro amici, ha indotto gli organizzatori a duplicare nella stessa mattinata del 25 luglio l'incontro previsto (la capienza della sala era di 3.500 persone), con una moltiplicazione dei numeri che è stata una costante di queste giornate.
Numerosissimi, ovviamente, i brasiliani e gli argentini (ben 800), ma hanno fatto sentire la loro presenza anche rappresentanti degli altri continenti: dall'Oceania all'Europa, dall'Africa all'Asia. In un clima colorato e familiare, il secondo successore di san Josemaría Escrivá alla guida dell'Opus Dei si è intrattenuto con i giovani che nei loro Paesi frequentano i mezzi di formazione spirituale della prelatura personale per due ore, parlando a braccio e rispondendo alle domande che gli venivano rivolte dalla platea. Il filo conduttore è stato l'invito a continuare a fare, quotidianamente, quello che papa Francesco ha chiesto il giorno dell'elezione al Soglio pontificio: pregare per la sua persona e le sue intenzioni.
Si sono poi alternate domande sul valore dell'amicizia, l'importanza della confessione, il senso del pudore e, soprattutto è stato chiesto a Echevarría quando e in che modo sia possibile scoprire la propria vocazione. Sul sacramento della Riconciliazione la domanda è arrivata da una diciassettenne giunta a Rio da Wellington, capitale della Nuova Zelanda, primogenita di una famiglia con nove figli. «La confessione è come una medicina ha spiegato il prelato -: quando hai mal di testa prendi un'aspirina per fartelo passare anche se sai che ti tornerà tra tre giorni. Analogo discorso per la Confessione: vale sempre la pena di ricorrere a questo Sacramento».