Meditazioni: Sabato della 10ª settimana del Tempo Ordinario

Riflessioni per meditare nel sabato della decima settimana del Tempo Ordinario. I temi proposti sono: Il nome di Dio è santo; La verità emerga nelle nostre relazioni; Sincerità di vita.

- Il nome di Dio è santo

- La verità emerga nelle nostre relazioni

- Sincerità di vita


Nel sermone della montagna, che viene proclamato nella liturgia di questi giorni, san Matteo presenta la suprema autorità di Gesù sulla Legge che Israele aveva ricevuto da Dio. Il Signore ne conferma il valore perenne e nello stesso tempo dichiara la necessità di osservarla con uno spirito nuovo. Ora il centro di tutti i precetti è l’amore. «C’è insieme continuità e superamento: la Legge si trasforma e si approfondisce come Legge dell’amore, l’unica che conviene al volto paterno di Dio»[1]. Da legge esteriore diventa una legge «interiore dell’uomo, nel quale agisce lo Spirito Santo: è, ancora meglio, lo Spirito Santo stesso, che così diventa Maestro e guida dell’uomo dall’intimo del cuore»[2].

Il secondo comandamento che Mosè ha ricevuto da Dio e ha trasmesso al popolo «prescrive di rispettare il nome del Signore»[3]. Ad esso Gesù si riferisce nel sermone della montagna: «Avete anche inteso che fu detto agli antichi: Non giurerai il falso […]. Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello» (cfr. Mt 5, 33-36). Nella società giudea si ricorreva spesso al giuramento, certe volte falsamente (cfr. Mt 23, 16-22); tuttavia, siccome il nome di Dio era sacro e non si poteva pronunciare, veniva eluso e sostituito da altre espressioni.

Gesù insegna che ogni giuramento coinvolge il nome santo del Signore. Proprio per questo l’uomo non può usarlo indiscriminatamente. «La presenza di Dio e della sua verità deve essere onorata in ogni parola. La discrezione del ricorso a Dio nel parlare procede di pari passo con l’attenzione rispettosa per la sua presenza»[4]. Il Signore ha affidato il suo nome a chi crede in lui, rivelando così il suo mistero personale. «Il dono del nome appartiene all’ordine della confidenza e dell’intimità […]. Lo deve custodire nella memoria in un silenzio di adorazione piena d’amore. Non lo inserirà tra le sue parole, se non per benedirlo, lodarlo e glorificarlo»[5]. Il suo nome, predicava sant’Agostino, «è grande lì dove si pronuncia con il dovuto rispetto alla sua grandezza e alla sua maestà. Il nome di Dio è santo lì dove lo si nomina con venerazione e con il timore di offenderlo»[6].


Giurare equivale a chiamare Dio a testimone di qualcosa, invocando la sua veracità a garanzia che quello che si dice è vero. Gesù respinge decisamente l’esigenza del giuramento per assicurare la verità della propria parola. La verità deve risplendere da sé sola. Non c’è dubbio che la parola umana è fragile e debole, ma è possibile stabilire relazioni umane sane e nobili solamente quando confidiamo che le nostre parole siano un riflesso della verità. «La convivenza umana non sarebbe possibile se gli uni non si fidassero degli altri come di persone che nelle loro relazioni reciproche dicono la verità»[7]. La ragione di questa fiducia è fondata nell’amore. «Siamo chiamati ad instaurare tra di noi, nelle nostre famiglie e nelle nostre comunità, un clima di limpidezza e di fiducia reciproca […]. E questo è possibile con la grazia dello Spirito Santo, che ci permette di fare tutto con amore, e così di compiere pienamente la volontà di Dio»[8].

Questa maniera di vivere nella verità, disposti a sacrificarci per essa, lascia nel nostro intimo un solco di armonia e di pace. «Solo l’umiltà può trovare la Verità e la Verità a sua volta è il fondamento dell’Amore»[9]. Al contrario, «vivere di comunicazioni non autentiche è grave perché impedisce le relazioni e, quindi, impedisce l’amore. Dove c’è bugia non c’è amore. […] Quando parliamo di comunicazione fra le persone intendiamo non solo le parole, ma anche i gesti, gli atteggiamenti, perfino i silenzi e le assenze. Una persona parla con tutto quel che è e che fa. Tutti noi siamo in comunicazione, sempre. Tutti noi viviamo comunicando e siamo continuamente in bilico tra la verità e la menzogna»[10].

La vocazione cristiana è un cammino di identificazione con Cristo. Egli è la Verità (Gv 4, 6), che è venuta al mondo per dare testimonianza alla verità (Gv 18, 37). Di conseguenza, l’amore alla verità è connaturale con il vivere cristiano, è la legge fondamentale del parlare e dell’agire dei suoi discepoli. «Sia il vostro parlare “Sì, sì”, “No, no”» (Mt 5, 37). Tutto quello che è verità viene da Dio, «il di più viene dal Maligno» (Mt 5, 37). L’amore alla verità è necessariamente presente nel cammino che conduce a Dio. Questo ci indurrà a sforzarci di conoscerla e trasmetterla nelle intenzioni, nelle parole e nelle azioni. Essere sinceri vuol dire servire la verità, operare la verità: vuol dire stare in comunione con il Signore.


Quando domandavano a san Josemaría quale virtù gli piacesse di più, rispondeva immediatamente: la sincerità. «Sia il nostro sì, sì; sia il nostro no, no» è il motto della prima scuola nata per suo diretto incoraggiamento. «Il cristiano deve mostrarsi autentico, verace, sincero in tutte le sue opere», predicava una volta. «Il suo comportamento deve lasciar trasparire uno spirito: quello di Cristo. Se al mondo c’è qualcuno che deve mostrarsi coerente, questi è il cristiano, perché ha ricevuto in deposito, per farlo fruttificare, il dono della verità che libera, che salva. Forse qualcuno mi domanderà: “Padre, ma come riuscirò a ottenere questa sincerità di vita?”. Gesù Cristo ha consegnato alla sua Chiesa tutti i mezzi necessari: ci ha insegnato a pregare, a entrare in rapporto con il Padre suo che è nei Cieli; ci ha mandato il suo Spirito […]; e ci ha lasciato quei segni visibili della grazia che sono i sacramenti. Usali. Intensifica la tua vita di pietà. Fa’ orazione tutti i giorni»[11].

Qualche volta possiamo provare paura della verità, ci preoccupano gli impegni e le esigenze che essa ha in sé. Possiamo chiedere al Signore la grazia di agire sempre in modo trasparente e con semplicità, senza simulazioni e senza complicazioni. Sappiamo che la verità, se non è completa – almeno in ciò che sta a noi -, non è verità. Se ci comportiamo in questa maniera, con onestà, saremo credibili, senza necessità di aggiungere espressioni esagerate per aver credito davanti agli altri.

Maria ascoltò in silenzio le parole dell’angelo, chiese spiegazioni su quello che non capiva e rispose con generosità, senza avanzare scuse. Con il suo «fiat» la Verità salvifica si incarnò nel suo seno. In essa è avvenuta l’alleanza definitiva tra la verità e l’amore. Possiamo ricorrere alla sua intercessione materna affinché noi, suoi figli, impariamo a vivere la verità nell’amore, aprendo così il cammino alla Verità più grande.


[1] San Giovanni Paolo II, Udienza, 7-IV-1999.

[2] Ibidem.

[3] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2142

[4] Ibidem, n. 2153.

[5] Ibidem, n. 2143.

[6] Sant’Agostino, De sermone Domini in monte, 2, 5, 19.

[7] San Tommaso d’Aquino, Somma Teologica, II-II, q. 109, a. 3, ad.1.

[8] Papa Francesco, Angelus, 12-II-2017.

[9] Benedetto XVI, Messaggio, 29-XI-2019.

[10] Papa Francesco, Udienza, 14-XI-2018.

[11] San Josemaría, Amici di Dio, n. 141.