Stupirsi di fronte all’autorità di Gesù
Il Vangelo ci libera
Obbedire: saper ascoltare
A GESÙ interessava predicare a Cafarnao. E non solo perché era il luogo di origine di alcuni degli apostoli, ma anche per l’apertura alla sua dottrina che vi trovava. Si trattava infatti di un villaggio di pescatori sorto sulle rive del mare di Galilea, frequentato da mercanti e guarnigioni romane, e dotato anche di un’importante sinagoga. Era quindi un luogo di incontro per ebrei e gentili, autoctoni e stranieri, con una grande varietà di mentalità.
Una volta in cui Gesù si recò a Cafarnao, san Luca sottolinea lo stupore che suscitava il suo insegnamento, «perché la sua parola aveva autorità» (Lc 4, 31). Possiamo immaginare i vari ascoltatori della predicazione del Signore, che gli prestavano attenzione mossi forse dalla speranza, dall’interesse o dalla curiosità. Osservavano la relazione tra le sue meravigliose parole e i suoi gesti, le sue reazioni di fronte alla gente, i suoi atteggiamenti verso gli avvenimenti della vita del villaggio. Diversamente da quanto accadeva spesso con alcuni farisei, il discorso di Cristo suscitava un fascino che promanava dalla sua autorità. Non parlava solo di realtà più o meno belle, ma nella sua maniera di agire vedevano la conferma di ciò che insegnava.
Anche noi, attraverso la lettura e la meditazione del vangelo, possiamo stupirci davanti alla figura di Gesù come i suoi contemporanei. «Ti consiglio, nella tua orazione, di intervenire negli episodi del Vangelo come un personaggio tra gli altri – commentava san Josemaría -. Cerca anzitutto di raffigurarti la scena o il mistero che ti deve servire per raccoglierti e meditare. Poi applica ad essa la mente, prendendo in considerazione uno o l’altro dei lineamenti della vita del Maestro: la tenerezza del suo Cuore, la sua umiltà, la sua purezza, il suo modo di compiere la Volontà del Padre. Quindi raccontagli tutto quello che in queste cose ti suole capitare, quello che senti, i fatti della tua vita. E presta attenzione, perché forse Egli vorrà indicarti qualche cosa: è il momento delle mozioni interiori, di renderti conto, di lasciarti convincere.» [1]
DURANTE il soggiorno del Signore a Cafarnao, «nella sinagoga c’era un uomo che era posseduto da un demonio impuro; cominciò a gridare forte: “Basta! Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!”». Cristo lo rimproverò allora dicendo: «”Taci! Esci da lui!". E il demonio lo gettò a terra in mezzo alla gente e uscì da lui, senza fargli alcun male. Tutti furono presi da timore e si dicevano l’un l’altro: “Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti impuri ed essi se ne vanno?”» (Lc 4, 33-36).
Il Signore ha potere sugli spiriti impuri. In questa scena il demonio lo sfida e con arroganza lo chiama Santo di Dio, mostrando al contempo la conoscenza della sua missione e la ribellione contro l’opera di salvezza. Nonostante la sua apparente forza, obbedisce all’ordine di Gesù e, davanti alle sue parole, abbandona immediatamente il corpo di quell’uomo. Qualcosa di simile si ripeterà in altri momenti del vangelo: persone che per molti anni, o addirittura dalla nascita, erano state schiave del demonio o della malattia, cosa che in a volte causava anche il disprezzo da parte dei loro contemporanei. E l’incontro con il Signore non solo avrebbe ristabilito la loro salute fisica, ma avrebbe permesso loro di avere una nuova relazione con la vita: sarebbero potuti tornare a godere della compagnia dei loro cari e il loro rapporto con Dio sarebbe stato segnato da una nuova fede.
«Il Vangelo è parola di vita: non opprime le persone, al contrario, libera coloro che sono schiavi di molti spiriti malvagi di questo mondo: lo spirito della vanità, l’attaccamento al denaro, l’orgoglio, la sensualità... Il Vangelo cambia il cuore, cambia la vita, trasforma le inclinazioni al male in propositi di bene. Il Vangelo è capace di cambiare le persone! Pertanto, è compito dei cristiani diffonderne ovunque la forza redentrice, diventando missionari e araldi della Parola di Dio»[2]
OLTRE che dal Vangelo, le indicazioni di Gesù ci giungono attraverso la Chiesa e le diverse mediazioni di cui il Signore si avvale per farci conoscere la sua volontà. Come ricorda il prelato dell’Opus Dei: «Dio può farci vedere la sua volontà anche mediante chi ci sta intorno e rivesta una qualche autorità, a seconda del ruolo e del contesto. La consapevolezza che Dio ci può parlare attraverso altre persone o eventi più o meno ordinari e la convinzione che lì davvero possiamo ascoltarlo, suscitano in noi la docilità verso i suoi piani, anche quelli nascosti nelle parole di chi ci accompagna nel cammino».[3]
L’etimologia della parola “obbedire” deriva dal latino ob-audire, che significa “saper ascoltare”. Per seguire Cristo da vicino, a volte abbiamo bisogno di verificare le nostre idee con coloro che ci conoscono bene, poiché non sempre abbiamo chiaro ciò che ci conviene. La volontà di Dio, di solito, non si presenta in modo trasparente ed evidente. Per questo, il “saper ascoltare” implica rimanere aperti a ciò che altri vedono. Questo può essere difficile da accettare, soprattutto se il comportamento su cui stiamo riflettendo ci attrae o ci costa molto. Da qui l’importanza di avere una costante disposizione a tenere in grande considerazione i consigli che riceviamo dalle persone che ci vogliono bene e hanno la grazia di Dio per aiutarci; dobbiamo giudicarli come un aiuto su cui il Signore conta per farci discernere quale sia la sua volontà.
Signore, cosa vuoi da me? Da questo punto di vista, si comprende la grandezza della virtù dell’obbedienza. Chi la esercita non rimpicciolisce; al contrario, diventa grande per la sua disponibilità a fare ciò che Dio vuole, al punto che desidera non ingannarsi nel momento di discernere come metterlo in pratica. La Vergine Maria fu grande perché seppe ascoltare ciò che Dio voleva da lei e compiere la sua volontà. In Maria «non c’è ombra del contegno delle vergini stolte, che obbediscono, ma senza criterio. La Madonna ascolta con attenzione quello che il Signore le chiede, riflette su quanto non comprende, domanda quello che non sa. Poi, si dà totalmente al compimento della volontà divina: Ecco la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto (Lc 1, 38)»[4]
[1] San Josemaría, Amici di Dio, n. 253.
[2] Francesco, Angelus 1 febbraio 2015.
[3] Mons. Fernando Ocáriz, Lettera pastorale 10 febbraio 2024, n. 6.
[4] San Josemaría, È Gesù che passa, n. 173.