Meditazioni: Lunedì della prima settimana del Tempo Ordinario

Riflessioni per meditare nel lunedì della prima settimana del Tempo Ordinario. I temi proposti sono: Dio ci chiama a essere apostoli; La missione di Zebedeo e di Giuseppe come padri; Contiamo nell’aiuto di Dio.

- Dio ci chiama a essere apostoli

- La missione di Zebedeo e di Giuseppe come padri

- Contiamo nell’aiuto di Dio


Dopo aver celebrato la festa del Battesimo del Signore, siamo inviati, come Gesù, ad annunciare la gioia che abbiamo ricevuto. Così comincia, ancora una volta, il tempo ordinario. «Convertitevi e credete nel Vangelo» (Mc 1, 15), dice l’annuncio di Cristo. Per Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni, dei pescatori che erano stati chiamati mentre lavoravano nei pressi del lago o nella barca, questa conversione si è affermata in una missione: aiutare Gesù a riempire le reti di suo Padre. Sicuramente non dimenticheranno mai quel momento: «Non dobbiamo mai dimenticare il tempo e il modo in cui Dio è entrato nella nostra vita: tenere fisso nel cuore e nella mente quell’incontro con la grazia, quando Dio ha cambiato la nostra esistenza»[1].

Non abbiamo voglia di capire perché Dio ci sceglie, perché decide di avvalersi di noi, perché è tanto attratto dalla nostra compagnia. Tuttavia gli sentiamo dire chiaramente che ha bisogno di noi nella sua barca, impegnati nelle sue attività di pesca, solcando i mari, condividendo la gioia per il fatto che il peccato è stato vinto. «L’apostolato – dice san Josemaría –, l’anelito che consuma interiormente il cristiano della strada, non è qualcosa di diverso dal compito di ogni giorno: si confonde col lavoro quotidiano, quando esso è trasformato in occasione di incontro personale con Cristo. In questo lavoro, impegnandoci gomito a gomito negli stessi problemi dei nostri compagni, dei nostri amici, dei nostri parenti, potremo aiutarli a raggiungere Cristo, che ci attende presso la riva del lago. Come Pietro prima di essere apostolo, pescatore; dopo essere stato eletto apostolo, pescatore. Prima e dopo la stessa professione»[2].

Convertirci e credere nel Vangelo, per essere apostoli in mezzo al mondo, vuol dire lasciare entrare Dio nella nostra vita ogni giorno, malgrado le nostre evidenti debolezze. «Quante volte, davanti alle grandi opere del Signore, viene spontanea la domanda: ma com’è possibile che Dio si serva di un peccatore, di una persona fragile e debole, per realizzare la sua volontà? Eppure, non c’è nulla di casuale, perché tutto è stato previsto nel disegno di Dio. Lui tesse la nostra storia, la storia di ognuno di noi: Lui tesse la nostra storia e, se corrispondiamo con fiducia al suo piano di salvezza, noi ce ne accorgiamo»[3].


Dio Padre si compiace in noi e, nel Vangelo di oggi, ci affida la stessa missione di suo Figlio: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini» (Mc 1, 17). Ci piacerebbe dirgli immediatamente di sì, come fanno Andrea, Pietro, Giacomo e Giovanni. E anche come Zebedeo, padre di questi ultimi due. Potrebbe sembrare che questo pescatore, che ha insegnato ai figli tutto quello che sa, rimanga escluso dalla flotta di Gesù; eppure nulla è più lontano dalla realtà. È probabile che egli stesso abbia incoraggiato i suoi figli, con uno sguardo, a non perdere questa occasione. È facile immaginare la sorpresa che colse questo buon padre che i figli aiutavano nelle attività. Era grande la gioia di aver visto negli ultimi anni come i figli davano continuità all’attività di famiglia. Tuttavia Zebedeo è pronto ad accogliere i progetti di Dio, benché si rivelino in un modo imprevisto. Intuisce che, con la pesca annunciata da Gesù, tutti alla fine ci avrebbero guadagnato.

Questo padre, semplice e orgoglioso dei suoi figli, compie la sua missione. Gli accade qualcosa di simile a quello che avrà provato Giuseppe quando a Gerusalemme perdette Gesù che s’intratteneva con i dottori della legge. Quando i genitori, angosciati, lo trovarono, Gesù rispose che doveva occuparsi delle cose di Dio. Per Giuseppe fu un segno chiaro. Questo non lo toglieva dalla scena; al contrario, dava un gran valore a quello che aveva raggiunto, era la conferma che stava compiendo la sua missione mirabilmente. «La paternità che rinuncia alla tentazione di vivere la vita dei figli spalanca sempre spazi all’inedito. Ogni figlio porta sempre con sé un mistero, un inedito, che può essere rivelato solo con l’aiuto di un padre che rispetta la sua libertà. Un padre che è consapevole di completare la propria azione educativa e di vivere pienamente la paternità solo quando [...] vede che il figlio diventa autonomo e cammina da solo sui sentieri della vita, quando si pone nella situazione di Giuseppe, il quale ha sempre saputo che quel Bambino non era suo, ma era stato semplicemente affidato alle sue cure»[4].


Zebedeo conosceva perfettamente i suoi figli: il loro carattere, la loro impulsività, i loro aneliti. Sicuramente capì ben presto perché li cominciarono a chiamare «figli del tuono» e magari si riconobbe in quell’appellativo. Molte sere avrà pregato per loro a casa sua, accanto a sua moglie Salomé. Sapeva che la missione alla quale Gesù aveva invitato i suoi figli era grande, e loro non erano andati mai oltre l’ambiente del piccolo lago della Galilea. Essi affermavano che potevano bere il calice di Gesù, ma Zebedeo conosceva bene le loro capacità.

Perciò era certo che l’aiuto di Dio sarebbe stato la cosa più importante. «La chiamata comporta sempre una missione a cui siamo destinati; per questo ci viene chiesto di prepararci con serietà, sapendo che è Dio stesso che ci invia, Dio stesso che ci sostiene con la sua grazia. [...] Il primato della grazia trasforma l’esistenza e la rende degna di essere posta al servizio del Vangelo. Il primato della grazia copre tutti i peccati, cambia i cuori, cambia la vita, ci fa vedere strade nuove. Non dimentichiamo questo!»[5]. Come vorremmo ringraziare Dio per i nostri genitori, ai quali dobbiamo – come piaceva dire a san Josemaría – almeno «il novanta per cento della nostra vocazione»[6].

Quando Gesù morì sulla Croce, Salomé, la madre di Giacomo e Giovanni, era lì per stare accanto a Maria. Sentì Gesù che diceva a suo figlio che Maria era la sua nuova madre. Forse si rese conto, come Zebedeo quel giorno nella sua barca, che Giovanni sarebbe andato lontano, ma neppure lei ebbe la sensazione di perderlo. Al contrario, si colmò di santo orgoglio perché suo figlio era stato scelto per prendersi cura della madre di Gesù. Benché, in realtà, era ben consapevole di chi era e di chi stava per prendersi cura.


[1] Papa Francesco, Udienza, 30-VI-2021.

[2] San Josemaría, Amici di Dio, n. 264.

[3] Papa Francesco, Udienza, 30-VI-2021.

[4] Papa Francesco, Patris corde, n. 7.

[5] Papa Francesco, Udienza, 30-VI-2021.

[6] San Josemaría, Colloqui, n. 104.